" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

domenica 24 gennaio 2010

Volontariato e terzo settore: una nuova identità ?

La polemica che il mese scorso ha visto Roberto Calderoli (ministro per la semplificazione della Lega nord) scagliarsi contro il cardinale di Milano Dionigi Tettamanzi sulla questione dell’immigrazione, e più in generale sui nodi delle politiche di integration sociale è solo l’ultimo atto di una serie di episodi che da tempo segnano con durezza il dibattito pubblico. L’accusa ricorrente a chiunque sostenga la necessità di sviluppare solidarietà sociale o comunque posizioni di impegno etico verso i più fragili, siano essi cittadini italiani o migranti, e quella di «cattocomunismo ».

“ Catto-comunisti”: un termine tra fantasia e realtà

Come e noto, questo termine della polemica politico-culturale aveva riferimenti assai solidi alla realtà della storia italiana antecedente al 1989. Oggi l’uso di quell’aggettivo ha soltanto una finalità magica: evoca spettri per un immaginario delle paure collettive. Nella concreta situazione italiana, scomparso il Pci, ridotta in coriandoli minutissimi la sinistra radicale, il quadro politico-sociale e il contesto intellettuale odierno appare del tutto diverso da quello degli anni Ottanta del secolo passato. Sono rimasti invece depositati nel tessuto del paese problemi di antica origine, con l’aggiunta di inedite tensioni sociali ed etiche, prodotte dalla società multiculturale.
Bastino pochi dati per questioni analizzate lungamente: crescita di povertà vecchie e nuove (percentuali intorno al 10%); crisi delle forme di lavoro garantito e aumento abnorme di un precariato senza regole (almeno 5 milione di persone); crollo dell’etica pubblica e diffusione di comportamenti distruttivi in gruppi sociali diffusi.
A questo rischio di un collasso della coesione nazionale si e aggiunto un elemento di origine internazionale che e stato inaspettato solo per chi non voleva vedere. La crisi economica mondiale degli ultimi due anni ha frantumato I dogmi basilari del liberismo economico: la competizione e il profitto come motore unico della vita economica e della psicologia degli individui; l’abbandono di ogni progetto di politica social verso I soggetti più fragili della società; l’esaltazione sfrenata di comportamenti consumistici in tutti gli ambiti di vita.
Questo cortocircuito disgregante sta toccando non solo i tradizionali settori «deboli» (disabili, anziani, immigrati, poveri), ma anche segmenti forti del ceto medio, un tempo più garantiti. Gli allarmi vengono da varie parti. Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia. Ha dichiarato: «Grava su ampie parti del nostro Sud il peso della criminalità organizzata. Essa infiltra le pubbliche amministrazioni, inquina la fiducia fra i cittadini, ostacola il funzionamento del libero mercato concorrenziale, accresce i costi della vita economica e civile».
Sul tema dell’immigrazione, la virulenta polemica tra esponenti leghisti e il mondo della solidarietà e delle associazioni laiche e cattoliche fa da cornice alla recente introduzione del reato di clandestinità, che sta producendo i primi morti, mentre si susseguono episodi di violenza contro i migranti in molte città italiane.


Iniziative e riflessioni sulle politiche sociali


Secondo un rapporto dell’agenzia Onu sul lavoro, l’Italia viene ormai giudicata un paese xenofobo e razzista nei confronti degli immigrati, soprattutto i rom. Non sono mancate le reazioni di componenti del mondo ecclesiale e di quelle realtà del cattolicesimo social, che continuano a lavorare e a testimoniare una vicinanza agli ultimi, tra sempre maggiori difficoltà e fuori dalle traversie del sistema politico. Il volontariato e il terzo settore avevano conosciuto dopo il 1980 una crescita notevolissima proprio in quei nodi dell’integrazione sociale, messi a dura prova dal nuovo contesto della società globale: sanità, assistenza, famiglia ecc. Tre iniziative di riflessione critica hanno segnalato di recente l’urgenza dei temi e il crescente disagio di fasce non secondarie dell’intellettualità e dell’associazionismo.
Il primo Salone dell’editoria sociale promosso, tra gli altri, dalla Comunità di Capodarco, dall’associazione Lunaria, dalla casa editrice Edizioni dell’Asino, dalla rivista Lo straniero e dall’agenzia Redattore sociale. Per tre giorni, giovani, operatori sociali, scrittori, studiosi e giornalisti hanno potuto discutere i temi sociali più importanti del momento, tentando di aprire un dialogo nuovo con una fetta più larga di società. Poche settimane dopo un altro convegno, ancora a Roma, si e interrogato sul tema Terzo settore, gli errori e il futuro: ne potete trovare gli atti sul sito Internet: http://www.presenzesociali.org/. Gli interventi introduttivi hanno segnalato questo bisogno di apertura e approfondimento: tra gli altri, quelli di Giuseppe De Rita, Goffredo Fofi e Wolfgang Sachs, lo scienziato tedesco, che lavora da anni sui temi dell’ambiente e della giustizia sociale. Significativo sopratutto ill sottotitolo del convegno, dedicato alle «prospettive dell’impegno sociale».
Sempre nella capitale si e svolta il 4 e il 5 dicembre un’altra importante assemblea del volontariato italiano, con l’intervento di sociologi, operatori ed esponenti di molte associazioni. Uno dei relatori al convegno, Marco Revelli, ha messo l’accento in un’intervista sul nodo cruciale della scarsità delle risorse per le politiche di solidarietà e sulla «... tenaglia tragica, rispetto alla quale l’economia e vulnerabile. Il gioco economico è spesso a somma zero. Il volontariato ha dalla sua, se ne è consapevole, la logica dei giochi a somma positiva, in cui entrambe le parti guadagnano. Di fronte a una contrazione delle risorse e a un aumento della domanda, entrano in campo l’invenzione, l’immaginazione. Le risorse del dono sono più elastiche di quelle del circuito monetario».

Questione social e progetti del “razzismo civico”

Il tema del prossimo futuro quindi è un altro: il groviglio di nuovi dilemmi etici, sociali e anche teologici, che non hanno nulla a che fare con l’antica stagione del cosiddetto cattocomunismo. Da quella stagione ereditiamo piuttosto lacerazioni irrisolte della società italiana e interrogativi di un mondo cattolico, la cui complessità non può essere semplificata con atteggiamenti sprezzanti. Citiamo alcuni fenomeni recenti che hanno interrogato non solo le forze politiche, ma la cultura e le chiese.
Sui centri di assistenza e di ascolto a livello locale, I gruppi di volontariato, le parrocchie e le comunità cristiane (cattoliche ed evangeliche), su tutti i punti di mediazione social insomma, si scaricano sempre di più situazioni umane esplosive, segnate da povertà ed emarginazione. Questo disagio, come la cronaca rimanda con un’enorme amplificazione mediatica, è tipico delle nuove metropoli globalizzate e non permette facili scorciatoie. Di fronte ai cambiamenti in atto, il progetto leghista ha focalizzato nell’ultimo periodo alcune caratteristiche originarie: un «razzismo civico», che vuole garantire la sicurezza delle comunità locali.
Si tratta di un vero e proprio progetto culturale, che utilizza un immaginario religioso. Ilvo Diamanti ha chiamato questa tendenza quella della «religione senza dio»: «Ai partiti populisti diviene possibile riattivare – e sfruttare – le componenti religiose dell’identità nazionale e territoriale. Non solo: la religione viene usata come strumento di consenso partigiano ed elettorale. Lo ha fatto la Lega fin dagli anni Novanta, in polemica aperta e dura contro la Chiesa nazionale, nemica della secessione. Lo scontro e proseguito in seguito, sui temi della solidarietà social, soprattutto verso gli immigrati. Sulla questione dell’integrazione, la Lega, in altri termini, si e proposta essa stessa alla guida di una religione senza Chiesa. E senza Dio» (la Repubblica, 7 dicembre , 2009).


E' possibile una nuova stagione di impegno sociale?

Si comprendono meglio le difficoltà di chi si dedica all’impegno solidale e quelle del laicato cattolico, degli operatori, sottoposti ad una forte pressione in basead una versione «etnica» della fede religiosa. Questa torsione neo-razzista può far correre all’identità plurale delle Chiese cristiane nella società moderna un rischio mortale di paganesimo, Una situazione complessa come questa sollecita almeno due o tre questioni. Dopo la stagione di forte impegno sociale degli anni Ottanta e Novanta – quella della nascita del volontariato e del suo primo affermarsi – il Terzo settore ha registrato una caduta della partecipazione e una difficoltà a fronteggiare le nuove forme dell’emarginazione.
Sul piano etico e spirituale siamo da almeno un decennio dentro una mutazione mediatica e antropologica: le idee di solidarietà, giustizia social e eguali diritti si sono pian piano trasformate in una concezione pietistica della beneficenza, come atto privatistico e consolatorio.
La domanda che emerge e evidente: esiste oggi un progetto etico, o più modelli di comportamento pubblico, che possano indicare una soluzione, o almeno una prospettiva a queste difficoltà? Il conservatorismo «compassionevole» degli anni di Bush rischia di trasformarsi in una deriva conflittuale tra gruppi etnici e culturali, che alla fine del percorso ha un solo sbocco: quella guerra di civiltà, da tutti avversata a parole. Porremmo nei prossimi mesi questi interrogativi ad un serie di voci interessate a capire e a cercare strade nuove.
I temi sono difficili, ma come ha sottolineato a Roma Goffredo Fofi,«se non sono le minoranze attive e morali a cercare le nuove strade, anche le più difficili, chi potrà mai farlo? E se non siamo noi a mettere il sale, chi altro sembra disposto oggi a farlo?». Il dibattito e aperto, come si usa dire, e forse è bene che lo rimanga.
( Pubblicato sul n. di Confronti di Gennaio 2010)

I fratelli Coen e le domande senza senso

I fratelli Joel ed Ethen Coen ci hanno abituati sin dai loro primi film a protagonisti stralunati, privi di un rapporto armonico col mondo. Da Barton Fink – è successo a hollywood(1991) a Fargo (1996) a Il grande Lebowski (1998), vivono tutti nell' nell' ansia più angosciosa, subendo avvenimenti di cui faticano a ricostruire il senso.
La verà novità del loro cinema e' lo stile narrativo che non ha nulla dei consueti schemi del cinema americano. Nessuna notazione realistica, ma una girandola di citazioni dei generi consolidati, che alterna commedia e tragedia con continui rimandi allusivi. Non a caso per il loro cinema viene sempre richiamata la tradizione di provenienza : il mondo ebraico che gli fornisce umori, storie e idiosincrasie.

Gli incubi della normalità

Anche in questo ' ultimo A serious man (2009) ritroviamo queste tonalità nella storia di Larry Gopnik, il tipico uomo medio con una vita apparentemente normale, a cui ci ha abituato tanta narrativa americana. Professore di fisica in una piccola università del Middle West, scopre con uno stupore inebetito i mille guai della sua vita : la moglie vuole il divorzio, la figlia mente in continuazione, il fratello irresponsabile si caccia in guai terribili, e infine la sua facoltà non vuole rinnovargli il contratto di lavoro.Da ebreo rispettoso, si rivolge a ben tre rabbini, alla ricerca di una soluzione al suo disagio inspiegabile. Non solo non riceve nessuna risposta credibile, ma le poche frasi smozzicate e misteriose aumentano il suo disagio: Dio gli appare avvolto in una dimensione lontana e oscura.

Uu mondo senza consolazione

Tutto il film è segnato da questo sentimento di solitudine e di minaccia imminente, che si precisa in modo aperto in un finale da non rivelare. I due registi hanno dato agli spettatori un’ indicazione abbastanza chiara sulle fonti ispiratrici della vicenda. In un breve prologno ambientanto in Polonia in uno shtetl ( il borgo ebraico), un uomo e una donna ricevono nella notte la visita di un dybbuk : nellla tradizione, è lo spirito disincarnato di un defunto che cerca di possedere gli esseri viventi, per portare a compimento dei compiti non realizzati in vita.
Anche questa introduzione, pronunciata in una lingua incomprensibile, aumenta il senso del mistero. I Coen confermano la loro visione di un mondo senza consolazione, su cui hanno ironizzato nelle opere precedenti, e in particolare nelle due più riuscite: una commedia con un morale molto seria come Fratello dove sei? ( 2000 ) e un film tragico come L' uomo che non c'era ( 2001 ), capace di sconfinare nel grottesco più aperto.
Quest' ultimo protagonista è un novello Giobbe, perseguitato dall' azione malvagia di un dio oscuro. Agli spettatori sconcertati da questa gelida allegria, consiglio la lettura di uno splendido libro di un critico come Guido Fink: Non solo Woody Allen. La tradizione ebraica nel cinema americano (Marsilio). Qui troverete due temi che sono alla base del lavoro dei fratelli Coen : il dybbuk - appunto - lo spirito non più uomo e non ancora trapassato, e la tendenza a porre domande più che a fornire risposte. Se le domande sono così divertenti, ne vale comunque la pena.

( Pubblicato sul n. di Confronti di Gennaio 2010)