" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

lunedì 15 agosto 2011

A Londra non si saccheggiano le librerie

Donald Sassoon, storico del socialismo europeo e intellettuale fuori dagli schemi, ha scritto su Domenica, il supplemento culturale del Sole 24 ore, un articolo sulle rivolte giovanili che merita essere diffuso. Sassoon è stato allievo di Eric Hobsbawm, conosce benissimo la realtà inglese e non fa sconti né ai giovani, né alla classe dirigente inglese.
Ne cito l' ultima parte: "...Una spiegazione sicuramente da scartare sarà quella data nell'immediato: i saccheggiatori come specie di extra-terrestri, con un sistema di valori completamente diverso dal nostro. In realtà i loro valori sono in sintonia con quelli della società dei consumi ora giunta a un'ulteriore fase di individualismo possessivo. Prendo quello che voglio perché posso. Anche i banchieri e i trader della City si sono autopagati somme enormi perché 'potevano'. E continuano a farlo. Anche i parlamentari (alcuni, non tutti) hanno gonfiato le proprie spese perché potevano. Anche i giornalisti di Murdoch invadevano la privacy e intercettavano le telefonate altrui perché potevano. Anche gli evasori fiscali non pagano le tasse perché pensano di farla franca. Fare i furbi, cosa che gli italiani ritenevano essere un difetto nazionale, ora è un vizio globale.
Nel Medio Evo le sommosse accadevano per il pane. Oggi, con il progresso, abbiamo sommosse per le scarpe Nike e gli iPod. Inoltre - e questo sono stati in pochi ad avere il coraggio di dirlo - per un adolescente, saccheggiare un minimarket è un grande divertimento. Si entra, si prende quello che si vuole, proprio come fanno i ricchi, e si esce: il sogno segreto del cittadino della società dei consumi. Con il grande rammarico dei miei amici intellettuali, in una strada di Londra, l'unico negozio non saccheggiato è stato quello del libraio."
Mi piacerebbe molto che qualcuno da noi levasse scandalo per quest' ultima affermazione: intellettualismo piccolo- borghese, distacco dalle masse, ah, le scomuniche dell' altro secolo!! A me l' analisi pare invece segnata da un' amara e giusta verità. L' intero articolo può essere letto a questo link: http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-08-13/linstant-sociology-david-cameron-152717.shtml?uuid=Aarox4vD

venerdì 12 agosto 2011

Un poeta a scuola


Giorgio Caproni nel secondo dopoguerra è stato per alcuni anni maestro elementare nelle borgate romane. Lo furono anche scrittori come Sciascia e Mastronardi e di questa esperienza si è scritto molto. Per chi vuol saperne di più, si può vedere la bella recensione di Fulvio Panzeri al libro: "Giorgio Caproni maestro" di Marcella Bacigalupi e Piero Fossati (ed. Il Melangolo, pagg. 300, euro 16), reperibile sul sito: http://www.chiesacattolica.it/comunicazione/ucs___ufficio_nazionale_per_le_comunicazioni_sociali/rubriche/00012821_Sui_banchi_con_Caproni.html.
Gli insegnanti elementari hanno svolto un ruolo molto importante nella formazione della coscienza civile del nostro paese, almeno sino agli anni settanta. Per questo vale la pena ricordare un episodio divertente della vita scolastica di Caproni, così come lui lo racconta, annotandolo sul suo registro di classe: " ..Quando vinsi il premio Viareggio nel 1959,la Rai ha trasmesso alcuni miei versi.Sorpresa degli scolari, già colpiti dall' intervista di un quarto d'ora alla Tv, dove sono state lette alcune poesie mie, tratte da Il seme del piangere. Potenza della radio e della Tv, esclamo ironicamente. Ma ho subito smontato i miei piccoli.. ammiratori Sono il vostro maestro e voletemi bene come tale. Il resto ..è letteratura ". Quanto tempo è trascorso rispetto al narcisismo di massa che ci opprime oggi!

martedì 2 agosto 2011

Paradossi delle rivoluzioni fallite

" ..Una contessa, sorpresa nel proprio palazzo di Pietroburgo dalla Rivoluzione d'ottobre, allarmata dalle scariche di fucileria che s' odono nelle strade, chiede al maggiordomo chi stia facendo tanto frastuono:
- I rivoluzionari, contessa:
- E che cosa vogliono?
- Che non ci siano più i ricchi, contessa.
- Strani rivoluzionari, questi. I miei antenati decabristi volevano fare la rivoluzione perchè non ci fossero più i poveri".
La barzelletta, diffusa in Urss, è citata nel bel volume di Marco Revelli e Galliano Rovelli, La fiera dell' Est, Un imprenditore italiano nella Russia che cambia, Feltrinelli, 1993, p.137. Si tratta di uno dei primi libri sul crollo del comunismo in Urss: una diagnosi lucida, definitiva, e quindi tragica. Il volume nasce come cronaca di una viaggio nella Russia di Eltsin e prevede molti degli esiti autoritari degli anni successivi. Una sola citazione: ".. L' opera sistematica di un apparato statale che ha programmaticamente rivendicato per sé il monopolio della socialità, ponendosi come garante del carattere " sociale" di quel modello di vita, ha finito per prosciugare la società alle fonti. Per privarla di tutti quei requisiti originari che costituiscono la condizione perché una collettività possa autogovernarsi: possa cioè essere costruita collettivamente in modo consapevole. E in modo consapevole mutata" ( p. 162).
Revelli ricorda che, dopo il naufragio del piano, in Russia non " .. esiste né un ceto imprenditoriale, nè capitale accumulato disponibile all' investimento, ma non esiste neppure (se non in misura disperatamente minoritaria) cultura operaia dell' autogestione, capacità di costruzione di strutture autonome solidaristiche" ( p. 163).