" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

venerdì 23 settembre 2011

Arriva il Salone dell' Editoria sociale

A giorni verrà diffuso il programma dettagliato della III edizione del Salone dell' Editoria sociale, che si svolgerà a Roma dal 28 Ottobre al 1 novembre 2011. Sarà Porta Futuro, il nuovo spazio, nel cuore di Testaccio, voluto dalla Provincia di Roma e dedicato alla formazione e all’orientamento, ad ospitare la manifestazione di questo anno.
L' iniziativa, che avrà  come tema centrale "Etica e responsabilità pubblica", sarà ovviamente caratterizzata dal nodo della crisi economica e dalla necessità  per i cittadini, le associazioni culturali, i movimenti  di prendere posizione e impegnarsi, indicando soluzioni dal basso, proposte collettive e non solo una generica indignazione.
Goffredo Fofi, direttore de " Lo Straniero" e uno degli organizzatori, illustra nel video   contenuti e impostazione del Salone.

mercoledì 21 settembre 2011

La manovra economica: che succede ai più deboli?

Dopo un tormentone durato vari mesi , a causa delle diverse modifiche in corso d' opera e delle proteste delle categorie toccate dai provvedimenti ( commercianti, professionisti, imprenditori, ecc.), la seconda manovra economica approvata dal governo Berlusconi è finalmente entrata in vigore. In queste settimane sono stati moltissimi i commenti critici verso un provvedimento, giudicato negativamente – per ragioni a volte coincidenti – dalla Confindustria, dai sindacati e dalle organizzazioni del terziario.
Tra le critiche, vale la pena mettere in evidenza le proteste dure e unanimi del mondo del volontariato e del terzo settore, che si occupa dei soggetti più fragili della società. Ma qual è la ragione di questa unanimità di opinioni in un mondo così complesso, che accomuna soggetti e associazioni di differente orientamento politico. Il primo elemento è ovvio. A giudizio non solo di tutte le parti sociali, ma di economisti di grande valore ( Luciano Gallino, Guido Rossi, Tito Boeri, per citarne solo alcuni), le due manovre votate hanno un preoccupante segno recessivo: l' accento costantemente messo sul riequilibro ferreo dei conti, sul contenimento della spesa pubblica, e in particolare dei salari e della spesa sociale, rende problematica la possibilità di una ripresa dell' economia, in un contesto europeo, che sembra correre verso una nuova recessione.
Se il nemico da battere è la spesa sociale ( improduttiva per un’ aprioristica definizione ), ha un qualche senso osservare questa manovra ( e le prossime) " dal basso", dal punto di vista dei soggetti meno garantiti. Partiamo innanzi tutto dalle cifre. Qual’ è oggi la situazione del disagio sociale, inteso in accezione complessa ? Secondo la più recente fonte Istat, i poveri in Italia sono 7.810.000, un cifra che alcune organizzazioni come la Caritas mettono in discussione aggiungendovi altre 500 mila unità.
Come è noto, nella definizione delle aree di povertà, vanno calcolati non solo i poveri tradizionalmente intesi, ma anche coloro che vivono in famiglie numerose e con un solo reddito. Quando siano privi di un lavoro e di un reddito accettabile, vanno considerati come poveri i single, le donne sole con figli, i separati o i divorziati, non solo quelli residenti nel Sud d’ Italia, ma anche quelli abitanti nel Nord, dove pesa fortemente il differenziale tra reddito e costo della vita.
Consideriamo il problema della povertà da un altro punto di vista, quello della disabilità. Secondo le stime del Censis, che adotta criteri larghi sono 4,1 milioni le persone disabili che vivono in Italia, pari al 6,7% della popolazione. Possiamo aggiungere a questa area del disagio un settore sociale che negli ultimi anni continua ad aumentare, e che va collocato al crocevia tra sociale e sanitario: gli anziani non più autosufficienti.
Secondo i documenti ufficiali del Ministero del Lavoro, " ..già oggi in Italia le persone con 65 anni e più rappresentano oltre il 20% della popolazione con una tendenza in costante e continua crescita nei prossimi anni ” . Come si comprende, si tratta di una crescita determinata dall’ “ ..invecchiamento generalizzato della popolazione, progressivo ed inesorabile nel tempo".
Da questo contesto emerge uno scenario drammatico in cui il 20- 25 % della nostra società vive una condizione di crescente emarginazione economica e sociale . Ne ha preso atto immediatamente, il Consiglio Direttivo della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) , che ha proclamato lo stato di mobilitazione delle associazioni di persone con disabilità ed ha espresso una forte preoccupazione per le drammatiche prospettive di vita che si aprono per le persone con disabilità e per le loro famiglie.
«Non poteva essere altrimenti - si legge in una nota della Federazione - dopo l'approvazione della seconda Manovra Finanziaria e soprattutto in attesa della discussione parlamentare della Delega al Governo per la riforma fiscale e assistenziale. Da subito, infatti, ci sono i tagli agli Enti Locali, mentre dal 2012 a fare il resto sarà appunto la riforma del fisco e dell'assistenza, visto che le due Manovre approvate in questi mesi impongono un taglio di 40 miliardi in tre anni. Saranno dunque colpite le pensioni di invalidità, le indennità di accompagnamento e le pensioni di reversibilità, senza che al contempo esista più il Fondo per la Non Autosufficienza, mentre quello per le Politiche sociali è stato ridotto a 69 milioni di euro per il 2012 e a 44 per il 2013, salvo ulteriori tagli».
Già si sono svolte le prime iniziative di mobilitazione delle famiglie dei disabili , che si sono inserite in un clima sociale di protesta e insofferenza sociale diffusa.
Non è facile prevedere come si evolverà un situazione che è influenzata da variabili europee e non solo: la crisi italiana è legata al destino dell’ euro e alla crisi altrettanto drammatica di altri paesi come la Grecia. Ma questo sommario sguardo su un Italia, osservata dal “basso”, permette di fare una prima previsione, abbastanza fosca. Al disagio crescente di quel 15 - 20% di soggetti deboli ( disabili, anziani, poveri vecchi e nuovi) si sta aggiungendo la precarizzazione di una parte del ceto medio che vede minacciati i propri margini di sopravvivenza: basti pensare non solo ai settori industrial in crisi ( auto, cantieristica, terziario ecc), in cui vi è il rischio di licenziamento per almeno 500 mila di persone in cassa integrazione.
Queste sono le radici sociali del pericolo di rottura della coesione sociale, di cui tutti discutono da mesi, senza che si riesca a vedere sino ad oggi la fuoriuscita da un ingorgo politico e istituzionale assai pericoloso. Occorrerebbe uno sforzo eccezionale, con movimenti sociali unitari e soluzioni politiche credibili, per costruire una fuoriuscita. Per ora non se ne vedono i presupposti.


( In uscita su Confronti)

lunedì 19 settembre 2011

Gildo di Giorgio Gaber

Discutendo di politica, in un reparto di oncologia

Che cosa può fare uno che ha pasticciato tutta la vita con la politica e le riviste di cultura, se gli capita per tre-quattro mesi di passare la maggior parte della sua giornata nel reparto oncologico di due ospedali romani? Per non cedere alla disperazione o   cadere nell' autobiografismo sentimentale, non può che continuare a riflettere sul senso  pubblico di un' esperienza, che ha toccato non solo lui, ma la compagna della sua vita.
Non entravo con una certa frequenza in un' ospedale da almeno dieci anni e più. La prima sensazione che salta agli occhi è il rumore e la confusione. Tra uffici amministrativi, corridoi e reparti  si affanna   un flusso continuo, innarestabile di anziani, ragazzi, immigrati, gente di ogni età, irritata per la propria fragilità e la difficoltà di avere un servizio in tempi rapidi. E' evidente che l' aumento della popolazione e la carenza di investimenti hanno scaricato sull' ospedale generale tutte le tensioni e i conflitti della società.
Questo appare chiarissimo a chi è costretto a sostare al pronto soccorso: con differenze che possono variare di intensità, tra un ' ospedale e l' altro, il pronto soccorso è una metafora significativa di questa funzione di discarica sociale, svolta da troppe strutture ospedaliere nelle grandi metropoli. Decine di malati in attesa tra sedie, barelle, ecc. in una confusione spesso isterica che mette in conflitto malati con  problemi drammatici, sofferenti psichiatrici arrivati in ospedale chissa da dove, anziani in cerca di un conforto più che di una diagnosi. Una situazione abbastanza allucinata che Scorsese ha raccontato magistralmente in Al di là della vita.
Questa confusione alla fine viene governata abbastanza bene da un personale medico e paramedico, vittima ormai da anni di crescenti pressioni sociali ed economiche (blocco del turn-over, privatizzazione diffusa di molti settori, ecc). Capita di osservare medici al limite del collasso, dopo otto, nove ore di lavoro, che devono formulare in un attimo una diagnosi a mezzanotte o all' una del mattino: e malgrado tutto riescono a risolvere molte situazioni.
Questa  tensione nelle relazioni tra medici, personale paramedico e pazienti, spesso si trasferisce nei reparti in cui la lunghezza di turni e la scarsezza di personale pesa sulla qualità del servizio. Camminando per i corridoi, si  nota, ad esempio, come l' afflusso di anziani sopra i settanta e gli ottanta ' anni richieda un tipo di assistenza personalizzato che oggi l' ospedale generale non è in grado di fornire. Spesso quest' incapacità genera anche qui pesanti conflitti psicologici.
C'è un solo luogo in cui quest' angoscia latente sembra in gran parte placarsi; ed è nei reparti oncologici. Qui la tensione si scioglie, per ragioni evidenti: malgrado i progressi della medicina, il tumore resta nell' immaginario delle persone una minaccia opprimente. Questa sensazione, che è sottesa ai comportamenti di medici e operatori, crea una sospensione dei conflitti, una sorta di dolcezza controllata che allevia la permanenza e lascia il posto ad un clima  di temporanea solidarietà.
Ho portato via da questa esperienza una convinzione profonda, che è morale e umana, prima ancora che politica. E' una convinzione banale, ma che tendiamo tutti a dimenticare. La salute non è argomento che possa essere ridotto ai parametri delle compatibilità economiche tradizionali. Intorno alla percezione di se, del proprio corpo e della propria sopravvivenza, si intrecciano mille tensioni, la maggior parte delle quali inconsce: il corpo diviene un campo di battaglia tra istinto di morte e tendenza alla vita e all' apertura verso l' altro. E' un orizzonte culturale che oggi il pensiero democratico non sembra in grado di  cogliere, preoccupato come è di problemi di basso profilo. Una delle ragioni della diffusione della paura e della chiusura verso l' altro sta forse  in questa incapacità  da parte dei  "progressisti" di cogliere la dimensione antropologica di problemi come la salute dentro la crisi di questa  modernità  angosciosa.

Il cinema dei migranti, tra polemiche e ricerche

Uno dei temi dominanti della 68° mostra del cinema di Venezia, chiusa ai primi di settembre, è stato quello dei migranti e la scelta ha suscitato una vasta attenzione della stampa. Con un ‘ insistenza inedita rispetto ad un passato recente, molti film di finzione e documentari di autori italiani hanno messo al centro le nuove ondate di donne e uomini che dai paesi del sud del mondo arrivano nelle nostre città, chiedendo lavoro e una vita dignitosa.

L’emigrazione e la paura dell’ altro



Il motivo è un po’ banale, ma va sottolineato. L’ immigrazione è divenuta in Italia un fenomeno consistente dopo gli anni settanta e per un decennio almeno il problema non aveva trovato da parte degli artisti un’ attenzione diffusa ( se non forse nella narrativa ). Il tessuto economico e sociale del paese reggeva bene e la presenza di una società civile organizzata ( partiti sindacati, terzo settore) sembrava rendere il fenomeno controllabile entro i parametri allora dominanti.
In realtà, tra la fine del secolo e i primi anni del 2000, prima in Europa e poi in Italia, ci si è accorti in ritardo che i diversi modelli di integrazione ( da quello inglese a quello francese) non funzionavano, sia per le nuove, pesanti crepe nello sviluppo economico che per l’ abilità delle destre nel suscitare la paura dell’invasione. Politiche di integrazione comportavano investimenti massicci in servizi, scuola, cultura: e questo provocava una crescente ansia ed aggressività sociale.
La letteratura e il cinema non potevano rimanere indifferenti a questo problema, che tocca ormai la nostra vita quotidiana, dal quartiere alla scuola e al lavoro. La politica folle dei “ respingimenti” sulle coste non ha risolto nulla e si è resa responsabile di una vera e propria strage: secondo stime accreditate, nel canale di Sicilia sarebbero morte in questi ultimi anni 5900 persone.
Il migrante ci pone domande non solo nelle strade, ma dentro le nostre coscienze, aumentando il timore di perdere alcune “preziose” sicurezze. Alla mostra di Venezia questo grumo di conflitti è esploso in una serie di opere che hanno fatto parlare di una vera e propria tendenza di carattere politico. Molti degli autori italiani hanno voluto sottolineare quest’ aspetto, sottoscrivendo un vero e proprio manifesto programmatico.

Cinema dei migranti: ricerca o furbizia?



Le opere sono state in effetti un numero imponente: si va da due film di grande impatto drammatico come Il villaggio di cartone di Ermanno Olmi e Terraferma di Emanuele Crialese sino ad una commedia acida e surreale di Francesco Patierno (Cose dell’altro mondo). Andrea Segre, dopo una lunga carriera di documentarista, ha tentato il salto verso l’ opera a soggetto con Io sono li: una storia italiana dedicata al rapporto tra una piccola comunità di pescatori di Chioggia e un’ immigrata cinese. Un’ altro giovane regista come Guido Lombardi in Là-bas racconta la strage di sei persone di colore da parte della camorra, avvenuta a Castelvolturno il 18 settembre 2008. Si è molto discusso tra i critici sul valore da attribuire a questa attenzione inedita verso l’ immigrazione. Ilvio Diamanti ha evidenziato – a ragione – il valore emblematico da un punto di vista sociologico di questa idea del migrante come “pericolo”.
In un paese, esposto ai venti della crisi economica, incerto sulle prospettive del futuro, questa presenza pone interrogativi di non poco peso: “.. in questa fase – scrive Diamanti- mi pare che "gli altri" non si risolvano negli immigrati che giungono in Italia, spinti dalla necessità o dall'emergenza. In condizioni difficili, talora drammatiche. Oggi, in Italia, si sta diffondendo una sindrome dell'accerchiamento più estesa e indefinita. Ci sentiamo minacciati dall'esterno, da ogni fronte e da ogni direzione ”. ( Repubblica, 12 settembre 2011)
Fofi ha sottolineato sull’  Unità ( 17 settembre 2011) - con la sua consueta, giustificata veemenza- il rischio dell’ ambiguità: c’è il pericolo di affrontare il tema dell’ immigrazione con un eccesso di buonismo, per inseguire la commozione a buon mercato che ci fa sentire tutti " migliori". Avendo visto a Roma solo due opere ( Crialese e Patierno), ma conoscendo abbastanza bene gli autori presenti a Venezia, mi sembra di poter dire che le due affermazioni descrivono aspetti veritieri e complementari del nostro cinema.
Si veda la modalità di rappresentazione del film di Crialese. I migranti sono rappresentati efficacemente come corpi che invocano aiuto, mani e braccia che si protendono - con evidenza angosciante - a domandare soccorso e ascolto. Ma un dato è evidente: il regista è interessato in gran parte a leggere le nostre paure, le piccole ipocrisie di chi pensa al pericolo per il turismo e lascia morire le persone. Gli immigrati nel suo film non hanno voce, tranne quella flebile e disperata di una donna.
Nel film Cose dell' altro mondo i migranti addirittura scompaiono. Con un espedinte narrativo, di cui si era parlato già da qualche anno, Patierno immagina una cittadina del Nord Italia in cui all' improvviso non ci siano più migranti: le famiglie impazziscono e si sfasciano, gli anziani vengono abbandonati a se stessi, tutta la società si disgrega.

Un mutamento di senso



Con un umorismo efficace, anche se di grana grossa, il regista fustiga le ipocrisie di piccoli borghesi consumisti e incapaci di un qualsiasi istinto di solidarietà. Mentre Crialese – politicamente molto corretto e abile - corre il rischio del formalismo e del messaggio " umanitario", Patierno riesce ad essere più feroce, a scavare di più nel nostro immaginario. La sua rappresentazione dell' italiano medio è senza speranza. Si veda come il protagonista ( uno straordinario Valerio Mastrandea) debba ricorrere stancamente alla minaccia della pistola per ricevere un gesto minimo di solidarietà ( una badante a pagamento per la madre!).
Questi registi insomma riescono a raccontare non tanto i migranti come soggetti autonomi, con una identità e una cultura da conoscere e capire. I nuovi arrivi sono un' incubo disturbante che non riusciamo per ora a razionalizzare. Forse ha ragione Olmi che nel suo film ha compiuto a giudizio di tutti i critici una scelta di campo, con un apologo " cristiano" che invita al cambiamento interiore. Il regista ha dichiarato ai giornali: “ ..O cambiamo il senso impresso alla storia o sarà la storia a cambiare noi .. Se non apriamo le nostre case, compresa la casa più intima, che è il nostro animo, siamo solo uomini di cartone ”. Di questa radicalità avremo sempre più bisogno in futuro.


(In uscita sul mensile Confronti)

mercoledì 14 settembre 2011

L' India e il Kerala: un viaggio nella " terra di Dio"

La rivista Confronti, da anni impegnata in progetti di viaggio con obiettivi di riflessione culturale e religioso, propone il seminario itinerante

India, Kerala: la “terra di Dio”
27 dicembre 2011 – 7 gennaio 2012



La nuova destinazione del seminario itinerante di Confronti è lo Stato del Kerala, nell’India sud occidentale; chiamato anche “la terra di Dio” sia per l’abbondanza delle risorse naturali che lo caratterizzano che per la presenza di molteplici tradizioni religiose, centro dell’antica sapienza ayurvedica e culla della presenza dei cristiani in India: dalla comunità di S. Tommaso ai siri, dai caldei ai malabaresi, dai latini ai malankaresi.
Visiteremo Kochi, porto per viaggiatori e mercanti per più di sei secoli, la città più cosmopolita dell’India del Sud con l’antica sinagoga e il quartiere ebraico, la chiesa di S. Francesco con la tomba di Vasco de Gama, il palazzo Olandese a Mattancherry. Ci sposteremo poi a Trissur, capitale culturale del Kerala, e a Kottayam, la capitale religiosa dei cristiani del Kerala. Proseguiremo verso Munnar, nei Ghati occidentali, immersi nel verde delle piantagioni di tè e di spezie. Da lì andremo ad Alappuzha per un’escursione nelle backwaters, poi si scenderà verso le spiagge di Varkala e Kovalam per giungere infine nella capitale Thiruvananthapuram (Trivandrum).
Come sempre incontreremo esponenti delle diverse comunità di fede, la nostra guida sarà il giornalista Luigi Sandri.
Le iscrizioni sono aperte fino al 26 settembre. Ricordiamo che per poter partecipare al viaggio è indispensabile essere in possesso del passaporto individuale con una validità minima di sei mesi.


Per informazioni e iscrizioni:


Confronti
Ufficio programmi
Email: programmi@confronti.net
Tel 06.48.20.503 fax 06.48.27.901

martedì 6 settembre 2011

Ritorna a Roma il Salone dell' Editoria sociale

Al via la III edizione del Salone dell’Editoria Sociale incentrata sul tema
ETICA E RESPONSABILITÀ PUBBLICA
Roma 28 ottobre – 1 novembre 2011



Le vicende della crisi economica in corso, i provvedimenti iniqui della manovra governativa sono una conferma drammatica delle domande urgenti, poste in questi anni dal mondo dell'editoria sociale. Come si risponde alla diffusione delle nuove povertà? Quali politiche vanno messe in atto per fare fronte alla questione dell' immigrazione, che si conferma il nodo decisivo dell' era della globalizzazione?
Le varie manifestazioni non trascurano un ' altro tema centrale in un paese che tende a ignorare troppo spesso le proprie responsabilità civili : quale testimonianza il cinema e la letteratura possono e devono dare di fronte a ingiustizie sociali e violenze crescenti? Molta attenzione viene dedicata anche a forme espressive importanti come la fotografia e la graphic novel.
Il Salone dell’editoria sociale approda alla terza edizione con tante novità e un tema che sarà il filo conduttore: etica e responsabilità pubblica. Non si esce infatti da questa crisi senza la presa d' atto che ci occorre un profondo rinnovamento etico: e si tratta di un rinnovamento che dovrebbe coinvolgere tutti, cittadini e istituzioni.
Tanti gli incontri e le presentazioni di libri che si rivolgono a un pubblico vasto, non specialistico, e che ha a cuore il ruolo e l’impatto sociale dell’editoria. L’obiettivo è quello di mettere in contatto il mondo dell’editoria, quello del lavoro sociale, le istituzioni pubbliche. In particolare si prevede l’organizzazione di tavole rotonde e incontri, presentazioni di libri e novità, interviste ad autori o a note personalità, iniziative di carattere artistico-culturale (mostre, spettacoli, concerti).
Sul sito del Salone, ove a giorni verrà pubblicato il programma, potete trovare tutte le indicazioni per la partecipazione: http://www.editoriasociale.info/