" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

venerdì 28 ottobre 2011

Le mille fragilità della metropoli

                      Salone Editoria Sociale 2011 - Porta Futuro Roma
                       Sabato 29  Ottobre 2011 ore 16.15-18.00 Sala B              
                            via Galvani 106, nel cuore di Testaccio

                                                  
 "Poesie della città"
di Marco Brancia - fotografie di Rocco Luigi Mangiavillano
Edizioni Com Nuovi Tempi - CONFRONTI


I versi ci introducono alle mille facce della fragilità: “ Avere trent’ anni è un lusso,/ avere trent’anni è una comodità,/ trent’anni sono un secolo/ e pare di no.” Un filo sotterraneo collega tutti i componimenti poetici: l’amore, evocato e descritto con semplicità e lirismo: “ C’è un modo per parlare./ C’è un modo per dire ti amo./ C’è un modo per sorridere./ I modi sono tanti, / basta trovarli”.
Il volume, che  è stato curato dalla rivista Confronti, mette in relazione  le poesie di  Marco e una serie di immagini che raccontano momenti del disagio nelle periferie di Roma, realizzate da Rocco Luigi Mangiavillano. Questo racconto ci guida lungo le vie consolari sino ad un quartiere difficile come Tor Bella Monaca. Le poesie entrano così in dialogo con i molteplici aspetti di una metropoli: strade ed edifici segnati dalle difficoltà, migranti in fuga, volti di disabili che chiedono diritti e aspirano ad una personale felicità. Sono proprio le mille fragilità che per fretta, egoismo o crudeltà, non riusciamo  a vedere.
Completano il volume vari contributi  di riflessione critica. Augusto Battaglia fornisce un quadro analitico delle vecchie e nuove forme del disagio sociale a Roma.  Simonetta Salacone riflette sul ruolo della scuola per favorire l' integrazione dei giovani più fragili. Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco, ci invita ad uno sguardo più umano su persone e cose. Anna Maria Torroncelli evoca con sensibilità  gli stimoli che la lettura dei libri apre nell' animo dei giovani. Un gruppo di ragazzi  del gruppo Asperger esprime il proprio parere sul volume, in frasi brevi e paradossali. Infine, Riccardo Pieroni ci racconta la fotografia come sguardo "altro" sulla realtà.
Il libro verrà presentato il 29  Ottobre alle ore 16, 15 al Salone dell’ editoria sociale a Roma.

martedì 18 ottobre 2011

La carità oltre la fede? L' ultimo film di Olmi

Nella tradizione teatrale tra Medioevo e Rinascimento, l' oratorio ha una lunga ed affascinante storia. Questa forma di rappresentazione, dedicata a   temi religiosi e spirituali, non aveva una struttura di tipo realistico, ma attraverso il dialogo tra diverse  voci esemplari  rappresentava   il percorso  interiore dell' uomo  verso  Dio. Il film di Ermanno Olmi ha una struttura che richiama  la forma dell' oratorio. In una chiesa sconsacrata, presieduta solo da un vecchio sacerdote, compaiono un gruppo di immigrati clandestini, ricercati dalla polizia. In pochi  minuti,  entrano in scena  diverse figure che  esemplificano  i vari aspetti dei dilemmi posti dall' arrivo dei migranti.

Nel racconto non vi è   una vera evoluzione psicologica dei personaggi e la costruzione narrativa è abbastanza esile. Il portatore di una visione fondata sul  dialogo e l' integrazione tra le culture si scontra  con i seguaci della violenza e della lotta all' Occidente: silenziosi e discreti assistono a questo scontro gli anziani, le donne e i bambini. Dall' altro lato, il sacerdote, dilaniato dall' angoscia per una chiesa priva di funzione, trova un nuovo senso in quella piccola comunità provvisoria, che   chiede di non essere denunciata  e  rimandata verso una morte sicura.

Il religioso li difende dalla polizia e trova per loro tutto l' aiuto possibile. L' alba non porterà  una conclusione, ma nuovi interrogativi. Una frase epigrammatica conclude la breve vicenda: " Se noi non saremo capaci di cambiare, la storia cambierà noi". Questa affermazione  rende bene il senso del racconto. Olmi, che aveva deciso di non fare più film, ma solo documentari, era mosso da un urgenza profonda.

L' immigrazione pone agli uomini dell' Occidente  la necessità di un vera e propria conversione. I migranti, con il loro bisogno di riconoscimento, ci costringono ad abbandonare l' edificio sicuro delle nostre certezze. Che cosa deve fare un cristiano ( e di più, ogni essere umano) di fronte a uomini assetati o a rischio di morte ? La risposta che il vecchio sacerdote trova è radicale: " Il bene è più importante della fede" o - se si vuole - la fede  senza la carità non ha significato.

Il film non è  dedicato quindi all' immigrazione, ma a noi  stessi, alle nostre ipocrisie.
Ha detto il regista in una delle sue interviste: " Non credo più alle chiese  religiose, laiche  e culturali... Altro non sono se non il luogo in cui ci rassicuriamo, demandando ad esse di occuparsi di noi". Non  si pensi che la tensione etica e religiosa abbia fatto velo alle  doti stilistiche del regista, costringendolo alla retorica. Olmi   ha costruito il suo film secondo un rigoroso gioco di relazioni simboliche. La vicenda è racchiusa nello spazio ristretto delle stanze della chiesa e la macchina da presa lavora sull' espressività dei volti e la forza evocativa delle immagini: le tende dei migranti, che alludono a  quelle  del presepio, i rumori  e la musica che hanno in questo film una  funzione precisa. In sintesi, un film da non mancare.
( In uscita sul prossimo numero di Confronti )