" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

giovedì 26 gennaio 2012

27 gennaio 2012: giornata della memoria

La giornata della memoria ci accompagna da una decina di anni, essendo stata istituita con la legge 211 del 2000. L'indicibile non esaurisce le parole. Anche nel sociale il tema è stato più volte ripreso ricordando le persecuzioni contro gli omossessuali, i disabili, gli zingari, i malati di mente.
E' di questi giorni la triste vicenda dei maltrattamenti alle persone anziane e non autosufficienti in una struttura ligure. "Vite non degne di essere vissute" recitava il progetto T4 per la eliminzione dei disabili nella Germania nazista.
"Devi morire, devi morire" - urla ripetutamente l'inserviente alla signora anziana ricoverata.
Ricordare, vigilare, produrre cultura e non solo servizi. Il nostro piccolo contributo introduce alle letture, ai film e alle risorse web in tema di Shoah: http://informa.comune.bologna.it/iperbole/media/files/giornata_della_memoria_2012._libri_film_siti_2.pdf

Per una rassegna dei libri usciti e delle mostre realizzate in occasione della Giornata della memoria, utili materiali si trovano su Wuz
                                                              
Segnalaz. di Andrea Pancaldi

Welfare e nuovo lessico

Con i temi della crisi, delle varie riforme che coinvolgono anche e soprattutto le tematiche sociali, della necessità locale e nazionale di rivedere i sistemi di welfare si pongono ovviamente anche problemi di lessico e concettuali. Diritti, doveri, uguaglianza, esclusione, inclusione, emarginazione, povertà, nuove povertà...
Non è la prima volta che questo accade, pensiamo al nuovo vocabolario  che si è sviluppato negli anni '90 con il dipanarsi dei fenomeni del volontariato e del cosidedetto "terzo settore" o più recentemente nell'ambito ristretto della disabilità il dibattito, ancora in corso, sulle fortune del neologismo "diversamente-abile". Ragionare attorno alle parole non è un lusso, ma una necessità. Ci pare utile proporvi questa interessante riflessione attorno ad una delle parole d'ordine dei nostri giorni: equità. Si legga il contributo di Elena Granaglia tratto dal sito: nelmerito.  Il sito è dedicato ai più importanti temi economici e sociali al centro del dibattito  pubblico odierno:
                                                                                                                            
Segnalaz. di Andrea Pancaldi

sabato 21 gennaio 2012

Una riflessione sul cinema e la crisi della famiglia

Può sembrare  un’ affermazione banale  sottolineare come il tema della famiglia caratterizzi   in profondità tutta la storia del cinema. Il contrasto familiare è alla base della dinamica narrativa, una sorta di archetipo che risale ovviamente alla classicità. Da Piccole volpi di W. Wyler ( 1941) a La famiglia ( 1987)  di Scola e ai film di Robert Altman e Fassbinder, il cinema ha analizzato l’ evoluzione della famiglia dalla fase di ascesa della borghesia   sino all’ avvento del consumismo e alla crisi post- moderna che stiamo vivendo attualmente.
Questo  lungo percorso offre ai sociologi e agli  psicoterapeuti la possibilità  di utilizzare un vastissimo  materiali di situazioni e casi umani, che servono ad affrontare i casi e possibilmente a risolverli. Stefania Cavallo, laureata in Scienze Politiche con indirizzo sociologico e specializzata in Mediazione Familiare presso la scuola GeA - Genitori Ancora di Milano diretta dal Prof. Fulvio Scaparro, si occupa  da tempo  di affrontare con l’ intervento sociale la rottura dei legami familiari, con particolare attenzione ai diritti dei bambini e a questo tema ha dedicato un libro di grande interesse (I giorni perduti. La mediazione familiare attraverso una proposta di “ Filmografia su separazione e divorzio”, Edizioni La Sapienza, Roma, 2011). Scrive  Matteo Villanova nell’ attenta e partecipe introduzione: “ E’ importante come emerga in tutta la trattazione la consapevolezza del lavoro svolto sulle emozioni della famiglia, a promozione della genitorialità e a tutela dell’ età evolutiva” ( p.10). 
Nella prima parte, con una significativa intervista al regista Mirko Locatelli, il libro articola una definizione di cinema sociale come genere narrativo, capace di descrivere una situazione psicologica nelle componenti critiche. Il testo passa poi a definire alcune situazioni di conflitto familiare, tipiche della società contemporanea, attraverso la schedatura puntuale di molti film, noti per aver affrontato questo tema: tra questi, vale la pena ricordare  I giorni dell’ abbandono ( 2005)  di Roberto Faenza, Scene da un matrimonio ( 1973)  di Ingmar Bergman, Il Caimano ( 2006) di Nanni Moretti.
Emerge, attraverso questi ed altri esempi, il disagio di una società che alla rottura dei tradizionali modelli familiari  non ha saputo contrapporre la creazione di nuovi modelli, fondati sulla comprensione e il dialogo. Gli interventi degli operatori psicologici e dei mediatori familiari sono finalizzati a cercare di ricomporre  la  trama slabbrata delle relazioni.
Direi che nel libro commuove soprattutto la sensibilità con cui si guarda a queste lacerazioni dal punto di vista dei giovani. E’ diffusa in queste pagine la consapevolezza che “ i bambini ci guardano”.  L’ impostazione rigorosa e l’efficace documentazione rende il  volume uno strumento utile sia per gli appassionati di cinema che per professionisti interessati ai conflitti etici e psicologici della vita famigliare.

Stefania Cavallo, I giorni perduti. La mediazione familiare attraverso una proposta di “ Filmografia su separazione e divorzio”Edizioni La Sapienza, Roma, 2011, euro 15.00

( In uscita sul mensile Confronti )

giovedì 19 gennaio 2012

La musica di Simone Saccucci alla Libreria Il Mattone

  L' attività  di animazione culturale delle piccole librerie indipendenti (presentazioni di libri, musica, gastronomia di qualità, ecc.) è fondamentale per consentire a questi spazi culturali così fragili e importanti di sviluppare una presenza costante nei quartieri dove sono presenti. Tutte le iniziative, che sono arrivate, le abbiamo sempre pubblicate con grande piacere e continueremo a farlo. Non solo una grande città come Roma, ma tutto il nostro paese possiede una rete preziosa di vita culturale diffusa  che non va lasciata morire.
L'appuntamento con lo spettacolo di Simone Saccucci RocceSpineStreghe è per sabato 21 gennaio 2012, ore 17:30 alla  Libreria Il Mattone, Via Bresadola 12, Roma.
Il progetto e’ il frutto di 11 anni di raccolta di storie di vita sul tema: nascita e crescita di un paese. E' un viaggio fatto a cavallo di un asino, dalla prima casa all’ultimo palazzo. I personaggi, le risorse, le difficoltà, il presente ed il passato di un paese preciso. Per raccontare i personaggi, le risorse, le difficoltà, il presente ed il passato di tanti altri paesi.Un racconto fatto con canzoni nate dalle storie raccolte. Un concerto che vuole stimolare alla partecipazione, chiedendo di cantare e battere i piedi insieme.

Link
http://www.libreriailmattone.it/brick/dove.html

lunedì 16 gennaio 2012

Ma la salute dell' uomo è solo un bene economico?

I passaggi drammatici  della crisi economica  toccano  non solo i bilanci delle imprese, ma la vita quotidiana di milioni di persone, mettendo in discussione le aspettative    del futuro su temi come la salute e la solidarietà sociale verso i più fragili (anziani, poveri, ecc.). Sentiamo minacciate le conquiste raggiunte nel paese con le lotte democratiche  e l' iniziativa politica di molti decenni.  Basti citare qui qualche dato. L’ anno scorso l’ultima manovra finanziaria del governo Berlusconi ha operato  tagli drammatici sulle spese sanitarie, mentre è proseguito il blocco delle assunzioni, con il progressivo invecchiamento del personale specializzato. 
Nel mezzo di una tempesta europea, le misure in corso del nuovo governo sul terreno sociale  possono rischiare di aggravare la situazione.  
Lo testimonia l’ appello preoccupato a Mario Monti  di molte associazioni impegnate nel sociale, che invitano i cittadini a far sentire la propria voce. Dopo anni di polemiche e discussioni, si delinea concretamente  il rischio del collasso  di un sistema universalistico e solidale, durato dal 1945 al 1975 ( noto agli studiosi come il “ trentennio glorioso”).  

Il Welfare come visione del mondo 

Il nodo  chiama  a riesaminare un’ intera  fase della storia italiana ed europea. Il Welfare State ha rappresentato non solo una proposta politica, ma una visione del mondo, un valore etico  sostenuto da  culture di ispirazione socialista e cristiana. Sul tema dei diritti universali ( lavoro, salute, scuola),  alla Costituente, si sviluppò il dialogo tra figure come Giuseppe Dossetti, La Pira e Moro e gli esponenti  del fronte laico e socialista.
In tempi più recenti, l’istituzione del Servizio sanitario nazionale, con la legge 833/ 1978, ha garantito l’accesso dei servizi a tutti i cittadini, in linea con l’art.32 della Costituzione. Questo diritto è messo in pericolo da manovre restrittive, e ancora di più da una cultura diffusa,  che guarda alla sanità come a un segmento solo economico e ai cittadini come clienti. La salute è vista come un  fattore produttivo, non come un progetto etico – sociale che richiede la ricerca e l’innovazione collettiva: in gioco è la vita delle persone, e quindi le possibilità di crescita di una società più umana.


A rischio i malati di cancro?
In alcune regioni  italiane sono state messe a rischio le  forniture di medicinali per i malati di cancro, giudicate troppo  costose. Di tanto in tanto riemerge ( in frange marginali)  la tentazione di discutere se si possano  prolungare le cure  per gli anziani  oltre un’ elevata soglia di vita.
In un recente articolo giornalistico si esponeva i dati di un dibattito inglese. Trentasette medici affermavano che “… una "cultura dell’eccesso" nei reparti oncologici ha reso i costi delle terapie anti-cancro insostenibili soprattutto alla luce di un progressivo aumento dei nuovi casi della malattia. Circa 12 milioni di persone ricevono ogni anno una diagnosi di cancro nel mondo e la cifra potrebbe salire a 27 milioni nel 2030. Secondo gli autori dello studio questa prospettiva fa sì che il mondo occidentale "si sta avvicinando a una crisi": nella sola Gran Bretagna il costo delle terapie oncologiche è salito a oltre 5 miliardi di sterline da 2 miliardi nel 2002” ( Il Giornale, 17 /10/ 2011, Lancet, stop terapie a malati di cancro terminali "Sono inutili e costano troppi soldi allo Stato).
Come è noto,  la diffusione delle malattie tumorali ( come di altre malattie degenerative, tipo l’ Alzheimer) è causato da un miglioramento delle aspettative di vita. Gli anziani con più di  65 anni sono più di 7 milioni:  secondo alcuni studi, raggiungeranno nel 2030 il 35 % della popolazione, di cui 7-8 milioni avranno piu' di 80 anni e 2 milioni piu' di  90.
Le mutazioni indotte dalla demografia impattano  con i cambiamenti nella struttura sociale, indotti a sua volta dai rivolgimenti economici. Le tecnologie a bassa intensità di lavoro riducono in modo strutturale l’ occupazione, mentre la crescente finanziarizzazione dell’economia ostacola le possibilità di nuova occupazione in altri settori. L’ intreccio tra i dati dell’economia e quelli dei rapporti sociali ci indica una tendenza drammatica. Mentre i settori più garantiti della società vedono con feroce ostilità la forte pressione fiscale, appaiono a rischio  quelle prestazioni della salute e dell' assistenza sociale le fasce più fragili, oggi  a carico della fiscalità generale. 
Sino ad oggi non si sono valutate  a fondo le conseguenze di uno scenario di questo tipo per vaste masse di cittadini: la minaccia al proprio corpo, alla propria integrità personale genera già ora un clima di insicurezza oscura  e di angoscia sociale, su cui stanno esercitando da tempo alcuni  studiosi. Sono  segni evidenti di una crisi che le ricette neoliberiste hanno aumentato a dismisura ( Se ne veda un bilancio spietato nel libro più recente di Bruno Amoroso, Euro in bilico Lo spettro del fallimento e gli inganni della finanza globale, Castelvecchi, 2011).
Emergono  questioni enormi  di carattere sociale ed etico, veri e propri interrogativi di senso. Questa crisi del modello di sviluppo propone  crescenti  dilemmi  a economisti, filosofi e teologhi ( pensiamo a figure come Bauman, Krugman, Kung, ecc.). Le chiese ne sono toccate nella loro azione pastorale e nella loro riflessione teologica. Si discute su concetti come  la salute e la qualità della vita, nell' ambito della tutela di beni comuni.  Emerge  di nuovo un tema cruciale della modernità che sembrava superato da tante conquiste: l'aumento della diseguaglianza sociale, su scala globale.
Quali problemi e conflitti generano  nel nostro paese  la tutela della salute e della qualità di vita per soggetti fragili, a forte rischio di esclusione?  Siamo realmente "poveri di diritti", come ci ricorda l'ultimo rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia realizzato a cura di Caritas Italiana e Fondazione “Emanuela Zancan” (ed. Il Mulino, 2011)?

Difficoltà del terzo settore
Il taglio dei fondi al sociale sta mettendo in oggettiva difficoltà tutto il mondo del terzo settore e i referenti sociali  interessati. Secondo gli ultimi dati, questo segmento occupa in Italia almeno 400. 000 persone. Come fronteggiano questa situazione le famiglie e gli operatori sociali che - da punti di vista diversi -  minacciato il proprio futuro e la propria vita? Come potranno essere tutelati gli anziani nei prossimi anni considerando la crescente difficoltà di reperire risorse e l'aumento delle aspettative di vita?
Il rapporto Eurispes 2011 conferma che sono circa un milione e 400 mila le badanti straniere impiegate nelle famiglie.  Il tema della condizione degli anziani e degli esclusi  si lega a quello dei migranti e  rimanda a questioni di immediata attualità, che il nuovo ministro per la Cooperazione Internazionale,  Andrea Riccardi, ha cominciato a porre sul tappeto:  quali trasformazioni si porranno nel prossimo futuro in merito ai flussi migratori, che il governo di centro destra ha cercato in ogni modo di scoraggiare?
In questo contesto, il mondo della cooperazione sociale può svolgere un ruolo nuovo e più incisivo. Sono in corso molte discussioni che riguardano la natura dell' impresa sociale, la funzione di grandi organizzazioni nazionali e dei piccoli gruppi presenti nell’ambito sociale, a livello di volontariato. Quale contributo può dare la cooperazione sociale e il mondo del terzo settore al cambiamento del welfare, che deve cercare nuove risorse per essere  finanziato?
Ultimo interrogativo riguarda il ruolo dell’ Europa, che sembra aver scelto come unico metro di valutazione la  riduzione del deficit pubblico. E' l’unico credo delle Raccomandazioni – paese, presentate dalla Commissione europea che, giocoforza, porteranno nuovi tagli ai servizi pubblici, alla riduzione dei salari e a spingere ancora più in avanti l’età pensionabile.  Basandosi sui Programmi di Riforma Nazionale e quelli di Stabilità e Convergenza, la Commissione europea ha pubblicato il 7 giugno scorso le sue Raccomandazioni rivolte ai singoli stati membri. EAPN – la rete europea per la lotta alla povertà-  sperava che queste raccomandazioni si occupassero anche dell’obiettivo di far uscire dalla povertà 20 milioni di persone entro il 2020 e, anche se la Commissione europea riconosce che gli stati membri dovranno fare sforzi supplementari per arrivare a centrare questo obiettivo, essa non dà alcuna raccomandazione minimamente credibile sul come. ( Si veda sul sito www.cilap.eu l' articolo di Letizia Cesarini Sforza, Nessuna raccomandazione credibile per ridurre la povertà ,   Giugno 2011)
Su questo groviglio di interrogativi svilupperemo nei prossimi numeri un'  inchiesta    per approfondire questioni che ormai sentiamo centrali per la sopravvivenza di un modello sociale  a dimensione umana.


( In uscita sul prossimo numero di Confronti. L' inchiesta, a cura di Umberto Brancia e  Rocco Luigi Mangiavillano, verrà pubblicata sulla rivista dai prossimi numeri)



domenica 15 gennaio 2012

Editoria tradizionale e on line: qualche nozione per cominciare

Le trasformazioni in corso  dell'editoria digitale procedono di giorno in giorno ad una velocità che rende difficile comprendere sino in fondo le finalità dei cambiamenti, discriminare i lati positivi e negativi. Per ora ci si divide, per riprendere una vecchia divisione degli anni 60 negli anni dell' avvento dell' industria culturale, tra " apocalittici" e " integrati", tra chi diffida a priori e chi si butta nel mare delle novità, senza distinguere.
Più difficile, molto più complicato è osservare, capire e cercare di avere un progetto culturale per il futuro. La mia componente razionalista, per ora, mi fa  pensare un concetto banale: ai cambiamenti non c'è rimedio, il problema è piuttosto come usarli, come immettere nel nuovo universo contenuti critici e non banalità consumiste. Il nodo è di grande serietà per i consumatori: la mancanza di conoscenze specifiche, favorita anche dalla frenesia consumista delle proposte, impedisce una scelta consapevole.
Questo video didattico, tratto da You Tube, illustra un corso di Editoria Digitale e Scrittura Creativa per il Web tenuto da Giulio Gaudiano e Biagio Tornatore, è un esempio interessante di un modo semplice ed efficace di affrontare il tema e di usare la rete in modo nuovo. Agli specialisti fornirà un ' esempio di utilizzo didattico del tema, agli utenti potrà dare qualche  conoscenza nuova. Del resto ormai i contenuti multimediali dedicati al destino dell' editoria e alle nuove tecnologie si stanno moltiplicando. E anche questo è un segnale preciso.

Per saperne di più: http://www.giuliogaudiano.com


L' ultimo film di Eastwood: tra incubi privati e progetti reazionari

J. Edgar Hoover è stato uno dei protagonisti più oscuri e controversi  della storia americana. Da capo del FBI per più di quarant'anni  ha condotto con metodi   duri sino alla spietatezza la lotta contro la criminalità organizzata e le minoranze dissenzienti, che gli sembravano minacciare il suo modello di società. Ossessionato dalla minaccia comunista verso il modo di vita americano, Hoover la indentificò in chiunque svolgesse anche la critica più flebile ad una visione conservatrice della famiglia e dell' etica americana. Usò metodi di repressione che suscitarono le proteste indignate  e la diffidenza di tanti  democratici: schedature politiche, utilizzo di dossier a scopo di ricatto, interrogatori al limite della legalità. Il successo ottenuto con la caccia ai rapitori del figlio del celebre aviatore Charles Lindbergh fu l' occasione per divenire il beniamino del conservatoriamo più retrivo.
Nel suo ultimo film ( J.Edgar, 2001) Clint Eastwood affronta una  biografia di questo discusso personaggio, attraverso cui rilegge alcuni caposaldi della storia americana: gli anni trenta e quaranta, con  l’ ostilità che oppose Hoover al presidente Roosevelt; gli anni sessanta, che furono caratterizzati da quella con  i fratelli Kennedy. Un ' ostilità che arrivò sino al ricatto aperto,  utilizzando le abitudini sessuali piuttosto disinvolte di molti presidenti americani.
Ad una lettura attenta il film si caratterizza per due elementi narrativi che– con qualche squilibrio - lo compongono . Da una parte, vi  è  l' esposizione amplificata delle vicende pubbliche del capo del FBI. Il regista ne sottolinea le pulsioni autoritarie, l' ossessione dei nemici della  sua concezione dell' ordine sociale: è un ' ossessione che man mano si approfondisce sino alla paranoia. 

Nevrosi private e pubbliche virtù

Senza entrare in dettagli, che avrebbero appesantito una vicenda già abbastanza lunga, il film ci da un ritratto cupo e pessimista della democrazia americana. Avvolta da un colore livido e angoscioso, la trama delinea un ritratto della vita pubblica  statunitense, fondato sul ricatto e la persecuzione delle forme anche più elementari di opposizione.
A questi elementi politici e storici, si affianca il ritratto privato del personaggio Hoover. Afflitto dal rapporto nevrotico con una madre maniaca e possessiva, sviluppò una corazza esteriore di fermezza autoritaria, dietro cui nascose per tutta la vita un’ sentimento patologico di insicurezza e di paura verso  l' altro sesso. 
Eastwood illustra con ferocia descrittiva  il rapporto morboso che ebbe per tutta la vita con il suo segretario, e che ha fatto propendere storici e giornalistici per l' omosessualità nascosta di Hoover. Eastwood  racconta queste pulsioni in modo esplicito, delineando il ritratto tristissimo di un uomo angosciato che non riuscì per tutta la vita ad accettare le proprie tendenze  intime.
Il pessimismo senza redenzione che caratterizza la vecchiaia di questo grande regista ribelle si esplicita qui in tutta la sua durezza. Nessuno si salva in questo film. Non solo Hoover, ma i giornalisti, i politici, gli attori, tutti sono dominati dall'egosimo, dalla menzogna e dall' ipocrisia. In una scena dolorosa e bella, solo il segretario omossessuale – l' unico che accetta sino in fondo le proprie tendenze.- rivela al suo amato l' ipocrisia della sua vita. Ha sempre mentito nella vita pubblica e nei rapporti umani ed è destinato ad una morte solitaria e penosa. Pur con qualche lunghezza di troppo, il film è il ritratto potente di un uomo e di una società in preda ad una drammatica crisi di identità, ancora in corso. 

( In uscita sul prossimo numero di Confronti)

sabato 14 gennaio 2012

Un appello a Mario Monti

Al Presidente del Consiglio Mario Monti


Come cittadini italiani responsabilmente ci faremo carico dei duri sacrifici imposti dalla necessaria manovra finanziaria. Siamo fiduciosi che possano servire a salvare il Paese, a sanare i conti pubblici e, soprattutto, a costruire un futuro più sereno per i nostri figli. Per quanto, pur nei limiti imposti dalla gravissima situazione dell’economia mondiale, avremmo auspicato più determinazione in Parlamento nell’alleggerire il carico sulle pensioni, sulle prime case, sui consumi delle famiglie, per trasferire oneri su chi dispone di redditi e beni più consistenti, ma soprattutto su chi in questi anni ha evaso il fisco.
Come cittadini responsabili chiediamo, però, al Governo di valutare le conseguenze che il Decreto legge 201/2011 inevitabilmente andrà a determinare sulle fasce sociali più disagiate, sugli 8 milioni e 272 mila di poveri, sui 2 milioni e 734 mila famiglie in drammatiche difficoltà economiche contate dall’Istat. Sono queste che si aspettano più di ogni altro che prenda corpo con chiarezza quel termine equità più volte ribadito nei suoi interventi di queste settimane.
Tra i poveri ci sono ben 1,5 milioni di anziani, e proprio in quella fascia di età malattie croniche e degenerative moltiplicano gli stati di non autosufficienza. Sono più di 1 milione e 300 mila gli anziani non autosufficienti. Godono di un’indennità di accompagnamento largamente insufficiente a coprire i costi dell’assistenza, a garantire una vita dignitosa. La non autosufficienza in terza età è ormai tra le prime cause di impoverimento delle nostre famiglie, perché l’Italia non si è dotata, a differenza del resto dell’Europa, di un adeguato fondo per fronteggiare questi pesanti bisogni assistenziali.
Le famiglie italiane sono impoverite da una seconda emergenza: i figli che non lavorano. Sono 1,8 milioni i giovani poveri, perché privi di reddito o drammaticamente precari. E, per quanto apprezziamo nel decreto le misure che premiano le imprese che assumono stabilmente giovani, le chiediamo: quanto dovranno aspettare così tanti ragazzi e ragazze senza reddito per trovare un approdo al loro futuro?
Per queste ragioni chiediamo a Lei ed alle forze che sostengono il suo Governo una convocazione urgente delle Parti Sociali per concordare ed avviare da subito un processo, anche graduale, che porti all’istituzione per giovani e disoccupati di un Reddito Minimo di Cittadinanza a sostegno, come ci indica l’Europa, di percorsi di formazione, di avviamento al lavoro, di impiego in attività socialmente utili. Che istituisca, altresì, un nuovo Fondo per un sostegno più adeguato alle famiglie che assistono i loro anziani non autosufficienti o i figli gravemente disabili. Chiediamo a Lei di dare, con misure urgenti e concrete, alle famiglie italiane un segno tangibile della volontà del suo Governo di uscire dalla crisi attraverso un virtuoso percorso che porti più giustizia ed equità nel nostro vivere quotidiano.
Link

martedì 10 gennaio 2012

Oltre il rumore, il silenzio prezioso degli angeli

Le morti dei giovani, che anche in questi giorni la cronaca ci comunica in modo straziante,  investono il nostro immaginario e la loro presenza cambia  la vita emotiva di molti di noi, rimandandoci l' antico tema degli angeli. Questo contributo di Annamaria Torroncelli riflette con lucida passione   su questo tema.
 
Il corpo di una ragazzina riemerge dal fango e da foto raccapriccianti, bimbi mai nati e senza un nome avranno le lacrime dei loro cari, una creatura di pochi mesi vola in cielo con il suo papà trafitta da un unico, maledetto proiettile di morte. Angeli, angeli strappati alla luce, angeli che ci accompagnano, lievi e silenziosi, nel nostro cammino di vita. Da sempre.
A scuola, il biondo Angelo Custode, lo ricordo bene, raffigurato, sul libretto del catechismo, con la grande ala bianca protesa sulla spalla del bambino, suo protetto. Mi trasmetteva serenità, il suo era un controllo benevolo e rassicurante.
A casa, mio padre aveva insegnato a me, come la sua mamma aveva fatto con lui, di non tenere l’angelo “impegnato” a tavola. Mi diceva così e io l’ascoltavo affascinata. Mi piaceva l’idea che un angelo fosse a tavola con noi, nella nostra casa. Mi dava conforto e sicurezza quella creatura celestiale che proteggeva il desco familiare. 
Ancora oggi, il gesto del lembo della tovaglia rovesciata quando i commensali non sono a tavola, è per me segno di fede e di rispetto. Una fede vissuta con discrezione, fatta di sentimenti forti nella loro semplicità.
Poi, piano piano, inesorabilmente come tutti quei rituali giudicati superati, anche l’immagine dell’Angelo Custode si è sbiadita sotto i riflettori della cultura del roboante e di una fede ostentata e non vissuta.
Anche i funerali sono diventati show, con battimani e passerelle. Il primo applauso ad un funerale, quello di Anna Magnani, aveva trovato la sua ragione nel rapporto viscerale che legava Roma alla sua più prestigiosa figlia d’arte. Quel fragoroso battimani riecheggiato nell’austera chiesa romana di Santa Maria sopra Minerva e rotolato imperioso sul sagrato, fu spontaneo quanto irrituale. Perfettamente in linea con il temperamento sanguigno dell’attrice, che dell’irriverenza e della trasgressione aveva fatto il suo credo artistico e di vita. Da allora, però, dell’applauso se ne è fatto abuso, e la sacralità del rito, fatta di silenzi e meditazione, ne ha senza dubbio sofferto.
Eppure, paradossalmente, quanto più si è diffusa la spettacolarizzazione del dolore, la morbosa attrazione del macabro, tanto più sembra aumentato il desiderio di compostezza e rispetto, nella ricerca di una rinnovata considerazione per la vita attraverso il rispetto per la morte.
Prova ne è la riflessione dello scrittore Maurizio de Giovanni, apparsa alcuni giorni fa, sulle colonne del Mattino, sulla pubblicazione delle foto del ritrovamento del corpo di Sarah Scazzi.  Il suo è un canto dolente, di parole non gridate, lontane da ogni volgare clamore. Parole di dolore vero e non ostentato.
Finalmente una carezza straziante, ma dolcissima per la piccola Sarah. La piccola Sarah che ritorna da quel pozzo nero e melmoso per trascinare il suo profanatore nel gorgo dell’inferno. Lei, prima angelo straziato da una morte orrenda, ora angelo rivelatore dell’infame oltraggio.  
E ancora. È di questi giorni la notizia che a Roma, al cimitero Laurentino, è stata riservata un’area alla sepoltura dei bimbi mai nati, quei feti che, per cause naturali o per aborti terapeutici, non hanno potuto vedere la luce.
Il Cimitero degli angeli, ecco come hanno chiamato questo prato che guarda una campagna radiosa e profumata che neanche la morte riesce ad offuscare nella sua dolce solarità. Due angeli in marmo bianco delimitano un prato ancora vergine e fronteggiano un dolce declivio di piante e fiori contrappuntato da girandole, giochi, peluche dai mille colori. Il cimitero dei bambini.
Se andate da quelle parti, entrate a vedere questo “meraviglioso” camposanto. Quando ci arrivate, vi sembrerà impossibile che quelle macchie di colori, fatti di giochi e di fiori, siano l’ultima dimora di passeri implumi: bimbi strappati alla vita il giorno stesso della nascita o poco tempo dopo.
Ogni volta che lo attraverso, quel prato, una straziante fitta mi trapassa l’anima. Provo una rabbia sempre uguale e violenta. Mi ritornano alla mente i racconti di dolore delle mie nonne private di quattro figli, portati via da malattie banali quanto, all’epoca, implacabili. E comprendo, da madre, quanto sia insopportabile nella sua estraneità al ciclo naturale della vita, la morte di un bambino. Ancor peggio, di un figlio.Eppure, l’idea di pensarli angeli mi conforta, mi aiuta a superare il dolore rabbioso del distacco innaturale. Mi piace pensarli intenti a giocare fra loro sotto lo sguardo vigile e materno dei due angeli di pietra bianca.
Insieme a Joy, la tenera bimba dagli occhi a mandorla, che ha avuto come unico dono dalla vita affrontare il suo ultimo viaggio “tranquilla” tra le braccia del suo papà. Lei, ennesima vittima sacrificale all’altare della violenza brutale di una società che genera mostri e non si interroga mai a sufficienza su quali siano le ragioni vere che portano ad un tale disprezzo della vita.
Ci basta scandalizzarci, ci basta inveire contro l’assenza dello Stato, ci basta pascerci dei particolari raccapriccianti delle storie di ordinaria cronaca nera.
E poi, siamo incapaci di fermarci a considerare quali siano realmente le responsabilità di ognuno di noi, nel nostro piccolo, difficilissimo quotidiano. Abbandoniamo le chiacchiere, il blabla da talk show, evitiamo che anche buone intenzioni finiscano nel tritacarne della polemica sterile.
Evitiamo, perciò, che l’intenzione di salvare dall’inceneritore dei rifiuti ospedalieri quei progetti di vita e dare ai loro cari un luogo dove piangerli e abituarsi al loro distacco, diventi spunto e materia solo per dibattiti sui fronti contrapposti dell’aborto. È ovvio che la circostanza, inevitabilmente, porti a riconsiderare il tema, ma una volta tanto cerchiamo di mettere da parte le polemiche e fermiamoci ai sentimenti.
Ai silenziosi sentimenti, quelli che non siamo più capaci di ascoltare in questo mondo urlato che nessuno spazio lascia alle dolcezze di una comunicazione non detta.



Annamaria Torroncelli

lunedì 9 gennaio 2012

Un fiore a Via Giovannoli, a Torpignattara

Ieri sono andato con Lorenza a depositare un fiore a Via Giovannoli a Torpignattara. C' era nella via,  illuminata dalla luce dei lumini, un clima sospeso che impressionava. Gruppetti di due o tre persone sostavano con il volto intristito  agli angoli della strada, qualche militante politico correva avanti e indietro: fervevano i preparativi per la fiaccolata che ci sarà martedì pomeriggio  per le vie della città. Una donna pregava in silenzio davanti ai mazzi di fiori, depositati per terra. In lontananza, si vedevano i blindati della polizia che sorvegliavano il quartiere. I negozi e i bar continuavano le loro attività, tra gente distratta e silenziosa.
Era scesa la sera  e il cuore  mi si è stretto in una morsa di desolazione. In un lampo mi sono venuti in mente le tante analisi, le mille discussioni degli ultimi trent'anni: la morte dei quartieri storici della Roma degli anni '60, la devastazione urbanistica, gli insediamenti di tante culture dei migranti, la nuova criminalità. 
Quelle passioni e quei progetti cominceranno presto a riprendere spazio e visibilita - speriamo con maggiore efficacia e concretezza del passato. Su quel marciapiede, di fronte a quei poveri fiori, l' unico atto dovuto ieri sera  ci è sembrato quello della preghiera.

giovedì 5 gennaio 2012

Leggere l' Italia con uno sguardo al femminile

Il primo blog che prendo in esame e che vale sicuramente la pena visitare è: Avanzi di cucina . E' curato da Mara Gasbarrone, una studiosa che ha lavorato al Censis, all'Eni e in Confindustria, occupandosi di mercato del lavoro, relazioni industriali e Mezzogiorno: ed  ha un forte interesse per la demografia. 
Il blog, elegante e ben costruito, come molti di quelli che lavorano sulla piattaforma di Kataweb, è dedicato in prevalenza ad argomenti di carattere economico e sociale, legati alla formazione e all' esperienza professionale dell' autrice: economia  italiana (ma non solo); fenomeni demografici e  di costume, letti con una metodologia rigorosa e una forte attenzione alle cifre, ai dati statistici (un carattere inusuale nel nostro paese in cui discutiamo spesso sulle nuvole). 
L' autrice osserva questi fenomeni  con una particolarle ottica, quella di genere, e dedica quindi molta attenzione al ruolo delle donne nell' economia italiana. In quest'ottica troverete molti post caratterizzati da una documentazione seria e un giusto sarcasmo verso un paese che non valorizza quasi mai la funzione e le competenze delle donne. Si veda, come esempio tra i tanti, il post : Ma quanto è sessista il nostro part time ! che svolge una puntuale analisi critica del fenomeno. Sui temi dell' occupazione femminile,  del capitale sociale, ecc. non mancano molti post dedicati alla crisi italiana, in rapporto al sud. Per esempio, in Parliamo di Sud, non per far piacere ai meridionali, ma per occuparci dell’Italia, si analizza lo sviluppo del sud d' Italia negli ultimi anni, rilevando come non sia vera la tesi diffusa di una scarsezza di capitale sociale nel Mezzogiorno : ".. Il capitale sociale che già esiste nel Mezzogiorno sono anzitutto i legami familiari: famiglie più legate, più durature, più solidali. Certo anche meno libere, perché una parte di questa “solidità” è dovuta proprio all’impossibilità di compiere altre scelte. Infatti nel Mezzogiorno si va diffondendo quella che chiamerei una “modernizzazione per astinenza” delle strutture familiari: per esempio, anziché divorziare di più, non ci si sposa, non si fanno figli (oggi la regione italiana con la fertilità più bassa non è la Liguria, ma la Sardegna). Alla lunga, questo compromette una ricchezza che il Mezzogiorno finora ha avuto in grande abbondanza, e generosamente ha messo a disposizione dell’Italia: la propria gioventù ".
Non si creda però che il blog di Mara Gasbarrone sia soltanto un'antologia di saggi accademici e un po' noiosi. L' autrice usa come tratto stilistico il gusto della notazione soggettiva, personale e un sottofondo ironico che rende godibile la lettura. Molti post prendono infatti spunto da episodi di vita quotidiana.
Insomma, nell' insieme, lo spazio informativo di un ' intellettuale che mette a disposizione conoscenze, saperi specialistici, con un tono colloquiale e divertente. Non è poco: leggetelo e non ve ne pentirete!


blog: http://avanzi-avanzi-avanzi.blog.kataweb.it/

I blog, tra trionfo del privato e palestra di idee

Man mano che passa il tempo e che un qualche lettore in più si aggiunge faticosamente, cerco di approfondire per categorie gli argomenti di cui ho voglia di parlare. Oggi apro un nuovo spazio che si muove dentro la griglia del blog - editoria sociale, cinema e disabilità - e che spero interessi a qualcuno: una selezione personale di alcuni blog dedicati a questi argomenti (e altri affini). Segnalerò quelli che conosco e leggo in maniera sistematica: sarò felice se qualcuno me ne indicherà altri. C' è un motivo personale in questa scelta.  
Nella discussione in corso tra gli  studiosi italiani  della comunicazione (Granieri, Formenti e altri) vi sono due posizioni divergenti sul futuro dei blog come fenomeno specifico del mondo della rete. Alcuni ne prevedono una rapida obsolescenza (o la morte già avvenuta). 
Altri ne sottolineano le potenzialità rinnovate, specie con il loro inserimento dentro il circuito più vasto dei network sociali. Io propendo per la seconda ipotesi, in base ad un banale ragionamento sociologico. Tento una categorizzazione empirica di un arcipelago vastissimo e a volte fangoso. Vanno ricordati per primi  i blog  di singoli, che entrano on line con un proprio diario privato: penso non solo ai giovani con le loro esperienze sentimentali, ma a tutta l' area del disagio sociale e della malattia. Tra questi, cito in particolare i malati di tumore, su cui mi sto soffermando da pochi giorni, dopo la malattia: vi si trovano vere e proprie gemme autobiografiche, preziose per la loro dolorosa autenticità. Si tratta di fenomeni, su cui  i giornali si soffermano solo per motivi scandalistici, e che hanno invece un grande rilievo per la vita pubblica.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro intellettuale, vi sono almeno tre specie di blog.  Quelli di enti e istituzioni che cercano di stimolare un contatto più diretto con i cittadini e di pubblicizzare gli " eventi" o i progetti in corso, affidati ad un operatore del settore : tra questi le biblioteche pubbliche, i centri di lettura e di documentazione, le case editrici, ecc.  
Vi sono poi i blog di scrittori, giornalisti e intellettuali molto noti, che gestiscono la loro figura pubblica, aiutati  dalle case editrici che vedono nei blog un potente canale di analisi del mercato. Qui è forte la componente dell' interesse alla vendita, ma a a volte si possono avere sorprese, perchè molti scrittori anticipano commenti e fanno discussioni vere.
Vi infine un terzo gruppo: è la fascia molto vasta del lavoro intellettuale diffuso (giornalisti, insegnanti, studiosi di singole materie, ecc). Si  adopera il blog per essere presente con modalità proprie nel dibattito pubblico e far pesare la propria opinione. In queste due ultime tipologie di blog, lo sguardo soggettivo e personale si intreccia con un largo utilizzo di conoscenze critiche ed esperienze di lavoro: vengono recensite libri, segnalando ricerche specialistiche, creando connessioni e suscitando stimoli dentro una comunità intellettuale non riconosciuta, ma che funziona  quasi automaticamente.
In questo senso il blog è destinato forse a mutare di forma, secondo gli sviluppi delle tecncologie, ma a permanere come spazio di lavoro intellettuale " in pubblico", una sorta di  impresa collettiva  informale, che corrispone molto bene ad una caratteristica tipica della società di massa nell' epoca globale. Vi si mescolano le potenzialità democratiche e civili con le ambizioni commerciali e di mercato.
Per concludere,  su questo tema traggo  un parere da un blog di Giovanni Boccia Artieri, docente universitario e studioso di questi problemi, che ovviamente vi consiglio di visitare:  http://mediamondo.wordpress.com/2011/12/30/born-again-conversazioni-attorno-alla-rinascita-dei-blog/ "... i blog su WordPress, la piattaforma più usata, sono in aumento e stanno per toccare i 70 milioni. Quelli su Tumblr sfiorano i 40 milioni. Certo non è dato conoscere il tasso di abbandono, ma la crescita delle nuove aperture è significativa. Quello che vedo è una mutazione del modo di usare i blog. Prima venivano usati per condividere lunghe elucubrazioni, brevi pensieri o contenuti scovati in rete. Ora si tende a mettere sul blog ciò che si vuole far rimanere nel tempo e ritrovare. Ai social network il compito di amplificare i pensieri del blog e accogliere frammenti di esistenza fuggevoli, utili a segnalare la nostra posizione in rete e a curare le relazioni amicali".
Mentre si verticalizzano sembre più le decisioni e le sedi del potere, la rete diviene in qualche modo lo spazio - ambiguo e fertilissimo - di quella variegata intelligenza collettiva, sul cui ruolo si sono affannati i sociologhi e gli studiosi dei movimenti in questi anni.

Per saperne di più


http://www.bookcafe.net/

Per dare sostegno a chi non ha voce

La grave crisi economica che attraversa l' Italia e l' Europa pone in drammatiche difficolte una fascia vastissima di famiglie dei lavoratori italiani, che hanno in casa un giovane senza lavoro, un figlio disabile, un' anziano lungodegente, ecc. Il disagio profondo, che interessa ormai un venti per cento e più della popolazione, impone attenzione ed equilibrio nei provvedimenti del governo, in particolare sulle politiche sociali. Questo appello, nato nel mondo dell' associazionismo sociale, chiede al governo una serie di iniziative concrete su questi temi. Firmamiolo per dare sostegno a chi non ha voce:

Al   Presidente del Consiglio Mario Monti

Come cittadini italiani responsabilmente ci faremo carico dei duri sacrifici imposti dalla necessaria manovra finanziaria. Siamo fiduciosi che possano servire a salvare il Paese, a sanare i conti pubblici e, soprattutto, a costruire un futuro più sereno per i nostri figli. Per quanto, pur nei limiti imposti dalla gravissima situazione dell’economia mondiale, avremmo auspicato più determinazione in Parlamento nell’alleggerire il carico sulle pensioni, sulle prime case, sui consumi delle famiglie, per trasferire oneri su chi dispone di redditi e beni più consistenti, ma soprattutto su chi in questi anni ha evaso il fisco.
Come cittadini responsabili chiediamo, però, al Governo di valutare le conseguenze che il Decreto legge 201/2011 inevitabilmente andrà a determinare sulle fasce sociali più disagiate, sugli 8 milioni e 272 mila di poveri, sui 2 milioni e 734 mila famiglie in drammatiche difficoltà economiche contate dall’Istat. Sono queste che si aspettano più di ogni altro che prenda corpo con chiarezza quel termine equità più volte ribadito nei suoi interventi di queste settimane.
Tra i poveri ci sono ben 1,5 milioni di anziani, e proprio in quella fascia di età malattie croniche e degenerative moltiplicano gli stati di non autosufficienza. Sono più di 1 milione e 300 mila gli anziani non autosufficienti. Godono di un’indennità di accompagnamento largamente insufficiente a coprire i costi dell’assistenza, a garantire una vita dignitosa. La non autosufficienza in terza età è ormai tra le prime cause di impoverimento delle nostre famiglie, perché l’Italia non si è dotata, a differenza del resto dell’Europa, di un adeguato fondo per fronteggiare questi pesanti bisogni assistenziali.
Le famiglie italiane sono impoverite da una seconda emergenza: i figli che non lavorano. Sono 1,8 milioni i giovani poveri, perché privi di reddito o drammaticamente precari. E, per quanto apprezziamo nel decreto le misure che premiano le imprese che assumono stabilmente giovani, le chiediamo: quanto dovranno aspettare così tanti ragazzi e ragazze senza reddito per trovare un approdo al loro futuro?
Per queste ragioni chiediamo a Lei ed alle forze che sostengono il suo Governo una convocazione urgente delle Parti Sociali per concordare ed avviare da subito un processo, anche graduale, che porti all’istituzione per giovani e disoccupati di un Reddito Minimo di Cittadinanza a sostegno, come ci indica l’Europa, di percorsi di formazione, di avviamento al lavoro, di impiego in attività socialmente utili. Che istituisca, altresì, un nuovo Fondo per un sostegno più adeguato alle famiglie che assistono i loro anziani non autosufficienti o i figli gravemente disabili. Chiediamo a Lei di dare, con misure urgenti e concrete, alle famiglie italiane un segno tangibile della volontà del suo Governo di uscire dalla crisi attraverso un virtuoso percorso che porti più giustizia ed equità nel nostro vivere quotidiano.
  
Per firmare: http://www.appelloamonti.it/

Un occhio sull’inferno di Maurizio De Giovanni

E' uscito oggi sul Mattino un commento di Maurizio De Giovanni sul processo per il delitto di Sarah Scazzi.  Con delicatezza psicologica ed etica, lo scrittore esplora il retroterra oscuro di queste violenze che sembrano segnare in modo indelebile la vita pubblica. De Giovanni è divenuto  molto noto per  una serie di  quattro noir,  usciti per la Fandango: i romanzi hanno per protagonista il Commissario Ricciardi ed intrecciano felicemente introspezione psicologica e interrogativi etici. Una nuova vicenda di questo personaggio - la quinta (Per mano mia. Il Natale del commissario Ricciardi, 2011) -  è stata pubblicata da poco per Einaudi.


Sapete, in ogni presepe napoletano c’è un pozzo. Ha un significato, è un simbolo: rappresenta il passaggio costantemente aperto fra il mondo dei vivi e l’inferno.
Chissà perché gli uomini immaginano l’inferno come un mondo sotterraneo; forse pensare alla pena eterna sotto i piedi, da qualche parte laggiù, può servire a ricordare che caderci dentro è semplice. E un pozzo, che affonda nel buio come una porta fin troppo facile da varcare, è un occhio spalancato su un ignoto che non ha nessuna possibilità di redenzione. Un viaggio senza ritorno.
Sapevamo tutti del triste destino del corpicino di Sarah; abbiamo discusso di quella maledetta trasmissione in cui la madre apprese in diretta che non poteva aggrapparsi nemmeno a quel filo di speranza che fino ad allora l’aveva sostenuta. Abbiamo letto e ascoltato le mille versioni di zii e cugine, la descrizione del viaggio che il cadavere fece quella terribile notte. Abbiamo immaginato. Ma immaginare e vedere sono cose diverse. Terribilmente, orribilmente diverse.
Gli scatti del ritrovamento del corpo di Sarah rendono tridimensionale l’orrore. Fanno venire la sofferenza, la pena e la compassione fuori dalle anime e le rendono reali. Non so voi, ma guardando quelle immagini io ho sentito l’odore acre della morte, l’osceno rumore dell’acqua stagnante, la ripugnante consistenza del fango. E ho provato sulla pelle, freddo e tagliente, il tocco dell’atroce sorte di una bambina che è la figlia di tutti noi.
Non so cosa passasse per la testa di Michele Misseri, mentre arrancava verso quell’apertura sull’inferno con il corpo ancora caldo di sua nipote morta in spalla. Non so chi l’abbia uccisa, e perché; forse nemmeno mi interessa. Scorrendo gli scatti dall’inferno mi interessa solo il delitto di gettare quei resti nel pozzo, perché quella è una colpa a parte, distinta dall’omicidio, e non solo per il codice penale: lo è per l’estremo insulto verso quel sorriso che poche ore prima brillava, verso quei capelli che si muovevano nel vento, verso quella vita che pulsava.
Ma l’inferno conserva solo chi a esso è destinato; quello che rimaneva di Sarah, della sua allegria, della sua gioia di vivere non poteva restare là sotto a marcire per la salvezza di chi ce l’aveva gettata. E Sarah è tornata.
Vedere quel pozzo oggi significa vederlo con gli occhi di Misseri, quella notte: un’apertura nella terra, una bocca sdentata e profonda pronta a ingoiare. Significa immaginare un viso stravolto, una mente angusta e ottusa che rigira tra sé il pensiero di come farla franca, mentre le braccia spingono quel piccolo corpo nel buio.
Non ci sono colori, in questi scatti. E non avrebbero potuto essercene: l’abisso è nero, l’inferno è nero. Guardiamo il magistrato che indica il luogo esatto. Guardiamo le macchine, gli uomini scavare. Guardiamo la luce del sole ritrarsi, disgustata. Guardiamo le mascherine sulle facce. Guardiamo mani guantate che misurano l’apertura sull’abisso. Guardiamo cavi che si immergono nel buio. Scene di ordinario lavoro del crimine, il balletto del dopo morte. Tutto agli atti.
Ma l’orrore emerge dal buio e ci ingoia tutti: perché è cadendo in quel pozzo, più ancora che smettendo di respirare, che Sarah Scazzi è diventata, dalla ragazza piena di vita e di futuro che era, un cadavere. Perché ci torniamo anche noi, sull’orlo di quell’abisso dal quale Michele Misseri ascoltò l’orrido tonfo sul fondo del buio. E non riusciremo a dimenticare.
Chissà se il contadino di Avetrana, piangendo senza ritegno davanti alle telecamere, sentiva risuonare dentro quel rumore; francamente speriamo di sì. E speriamo che senta quel rumore ogni notte, ogni giorno, ogni momento che gli resta da vivere. E che lo possa immaginare chi ha voluto spegnere quella vita piena di futuro, abisso contro abisso, buio contro buio.
Perché sia vero ancora una volta che il pozzo è il passaggio per l’inferno. E che in quel pozzo Michele Misseri ha trovato il suo inferno.