" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

martedì 15 dicembre 2009

Una rivista dentro l' apocalisse

Qualche settimana fa, in un pomeriggio di questo inverno grigio e aggrondato, mi è capitato di sfogliare uno degli ultimi numeri di Loop, la rivista di riflessione critica sui nuovi movimenti, nati dentro la crisi globale, che trovate in libreria e in edicola da quasi anno.
Ero a Firenze per una riunione del Coordinamento delle riviste italiane di cultura (Cric) , che si svolgeva in un posto per me singolare e importante: la sala del Consiglio della Regione Toscana.

Le riviste dentro l' apocalisse

Seduto tra i banchi dove si riuniscono i gruppi politici consiliari mi veniva fatto di pensare che le riviste di cultura in Italia hanno avuto uno strano destino. Si sono mosse dal secondo dopoguerra ( ma anche prima probabilmente) tra due poli contigui: quello della radicalità dei gruppi intellettuali, che si aggregavano per leggere il mondo con un proprio punto di vista autonomo, e quello istituzionale, politico, di chi produceva o razionalizzava le ideologie dominanti. Tra queste due polarità vi erano mille sfumature, compromissioni e scissioni che sono state il filo sotterraneo della tormentata storia nazionale.
Loop rispecchia abbastanza bene questo schema. Attraverso il reticolo di una grafica sorprendente e ricca di sfumature, dalla lettura dei primi numeri ricavo l’ idea di due sorgenti intellettuali che mi sembrano aver nutrito la ricerca della rivista. Il primo è sicuramente quel grumo di questioni irrisolte che riassumiamo in genere con un termine ovvio: il 1977. In quell’ anno vennero alla luce molte mutazioni che -come accade sempre in Italia . ci misero un decennio a diffondersi nel corpo sociale: quella del Pci, come forma partito uscita dal secondo dopoguerra, quella del lavoro operaio della grande fabbrica centrale, su cui l’ operaismo italiano nelle sue diverse diramazioni aveva lavorato, fuori e dentro il Pci ( due nomi per tutti, e ci si perdoni la banalità: Mario Tronti e Antonio Negri).
Il 1977 rappresento però in positivo l’ emersione di un altro tema, che il marcire della crisi italiana ( terrorismo, ecc.) avrebbe soffocato per molto tempo: la creatività delle nuove forme di lavoro autonomo. Naturalmente il pensiero va alle radio libere e all’ arte, ma oltre questi esempi scontati c’è il nodo bruciante delle nuove tendenze produttive, la fabbrica diffusa e il precariato, che stavano inglobando e frantumando i lavori tradizionali. Non è un caso che questi riferimenti circolano nelle pagine della rivista attraverso i nomi di Franco Berardi (Bifo), Mario Tronti, Andrea Colombo, Erri de Luca. Riflessione politica, letteratura e percorsi esistenziali si alternano qui in una fertile mescolanza.

Leggere il mondo globale

Ma il collettivo della rivista è interessato a orientarsi dentro una fase delle culture politiche della sinistra, che possiamo definire con un termine usurato post- ideologica. L’ occhio viene portato anche ad altri aspetti di una globalizzazione che include tutte le zone del pianeta. Troviamo quindi interventi sulle esperienze del nuovo socialismo dell’ America Latina , osservate da altri con troppa spocchia, e sulla politica del presidente Usa Obama a un anno dall’ insediamento.
Non a caso quindi l ‘ultimo numero è dedicato ad una questione cruciale per chi oggi si muove tra le membra lacerate e i frammenti dispersi della sinistra italiana,cercando nuove rotte: cosa si immagina vent’anni dopo la fine del comunismo? Ritroviamo, tra l' altro, riflessioni critiche di Franco Berardi (Bifo) su Communisme et barbarie accanto a resoconti sociali dal Giappone e dalla Bolivia. Da segnalare un brano narrativo di Eduardo Galeano, il grande autore di Memoria del fuoco e Le vene aperte dell’ America: una lettura struggente impatto emotivo.
Non tutto mi convince dell’ elaborazione in progress della rivista. Capisco l’ irruenza con cui molti articoli della rivista rivendicano l’autonomia e la radicalità dei movimenti sociali dentro una apocalisse evidente delle idee. Mi condanna al dubbio un’ ormai lontana gioventù passata a decifrare due opere di Mario Tronti: non solo la summa di Operai e capitale , ma anche quel suo libretto Sull’ autonomia del politico, che tanto discussione laceranti suscitò negli anni ottanta.

Insorgenze sociali e pratica della politica

Basti dire che dentro questa oscura stagione mi sembra ancora necessario tenere insieme il doppio movimento dell’ insorgenza sociale e di una pratica democratica delle istituzioni. Ce lo richiede, se non altro, la gravità della crisi ambientale su cui molti articoli insistono giustamente. Ma i dubbi per una bella rivista come Loop sono fecondi e quindi invitano a una nuova lettura dei prossimi numeri non solo nelle sale addobbate di uno storico Consiglio regionale, ma nella più prosaica e dolente realtà delle nostre metropoli. Buona lettura: non rimarrete delusi.

http://www.looponline.info/index.php/home

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