" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

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lunedì 4 giugno 2012

Un' originale gioco per bambini con Sindrome di Asperger

Kikkerville è un gioco da tavolo pensato principalmente per bambini con la sindrome di Asperger, ma ideato in modo che possa divertire tutti i bambini, progettato da Ginevra Tomei con la consulenza di Flavia Caretto e Giorgio Munafò.
Differentemente da altri bambini, i bambini con sindrome di Asperger hanno difficoltà a capire il mondo sociale e, conseguentemente, hanno difficoltà a giocare con gli altri e vengono quindi  spesso “tagliati fuori” dai giochi dei compagni. 
Quando nel 2005 è nato Kikkerville (come tesi di laurea in disegno industriale), l’idea non era quella di creare un gioco specifico per un gruppo di bambini, ma un gioco (ovverosia un momento di divertimento) per tutti che avesse però degli accorgimenti tali da renderlo fruibile anche a bambini con difficoltà nelle relazioni in maniera da favorire l’inclusione e la comprensione dell’altro. Proprio per raggiungere questo scopo, i giocatori giocano “insieme” e non gli uni “contro” gli altri: Kikkerville è infatti un gioco “cooperativo”, in cui i bambini sono spinti a interagire e collaborare fra loro per superare delle piccole sfide calibrate sui punti di forza e sui punti di debolezza dei bambini neurodiversi. Non solo: nel gioco si vince o si perde tutti insieme.
Dopo essere stato testato a lungo e progressivamente affinato, il gioco è finalmente uscito lo scorso gennaio per le edizioni Uovonero: sul sito della casa editrice si possono trovare indicazioni più   dettagliate sulle caratteristiche del gioco e alcune recensioni.

Per saperne di più
Le edizioni Uovonero
 

giovedì 3 maggio 2012

Donne nel mondo globale: una mostra fotografica a Roma

Venerdi 4 maggio 2012, alle ore 17, 30 si inaugura alla Biblioteca Borghesiana  (Largo Monreale - Via di  Vermicino, Roma) la Mostra fotografica di Rocco Luigi Mangiavillano, che rimarrà aperta fino al 16 maggio 2012.  
Il percorso espositivo dell' autore, da sempre impegnato nella ricerca sulla fotografia sociale, si intitola RITRATTE ed è frutto di una ricerca di immagini che ripercorrono la condizione quotidiana delle donne, incontrate in Italia, in Europa, in India e in America Latina. 
Dietro corpi e  volti  di ogni età e condizione, vengono raccontate  le storie vive, le emozioni di persone concrete, che aspirano alla solidarietà e all' incontro personale :  le loro vicende sono parte delle contraddizioni  sociali e umane del nostro tempo. Le fotografie si aprono ad una prospettiva  di relazioni solidali  tra culture diverse. Nell' epoca della globalizzazione, queste foto  ci dicono  con chiarezza che il nostro mondo comprende tutti, nessuno escluso.
La mostra fotografica è proposta in contemporanea agli incontri della seconda edizione del Caffè Letterario, ospitati nella biblioteca.L' ingresso libero e gratuito per le/gli iscritte/i alla biblioteca: è possibile iscriversi il giorno stesso.
Note biografiche:
Rocco Luigi Mangiavillano è nato in Sicilia e dal 1980 vive e lavora a Roma. Come educatore, con la Comunità Capodarco, si occupa di progetti di inclusione sociale di persone con disagio. Ha condotto diversi laboratori di fotografia e comunicazione sociale nelle scuole medie e negli istituti superiori, realizzando diversi reportage sia in Italia che all’estero. Collabora come redattore con il mensile Confronti e il trimestrale, sulla disabilità, Vivere Insieme.

giovedì 19 aprile 2012

Produrre cultura e non solo servizi. Biblioteche e welfare

Recentemente si è svolto a Genova un interessante convegno sul destino delle biblioteche pubbliche nel nostro paese. Tra gli interventi anche quello di Antonella Agnoli dell’ Istituzione biblioteche del Comune di Bologna sul tema: La biblioteca come welfare: socialità, integrazione; ne riportiamo un passo significativo rimandando alla lettura integrale con il link che trovate qui sotto.
“.. Ciò che dobbiamo capire oggi è che l’ impoverimento economico porta con sé anche impoverimento sociale ( ci si vergogna di non poter più fare molte delle cose che si facevano prima, se si perde il lavoro si perdono anche gli amici) e impoverimento culturale  ( non si va alcinema, non si comprano libri, non si leggono giornali). Tutto questo provoca un chiudersi in se stessi, un rifiuto progressivo dei diritti/doveri della cittadinanza: la vulnerabilità porta con sé risentimento e rabbia verso ciò che esiste di più visibile nel mondo esterno, le istituzioni. Poiché non sapremmo come prendercela con i “mercati” coltiviamo il rancore verso il governo, i politici, gli amministratori locali, i sindacalisti. Tutti i diversi da noi diventano dei “ privilegiati”. Chi ha a cuore non solo le sorti delle biblioteche, ma della democrazia deve capire che occorre contrastare questa deriva pericolosa e c’è un unico modo per farlo: far partecipare i cittadini, Dobbiamo rassicurare senza illudere, coinvolgere per costruire insieme. La frontiera del nuovo welfare sta qui. Il problema è come fare e quale ruolo possono giocare le biblioteche”.
Leggi qui il testo integrale dell’ intervento.

martedì 10 gennaio 2012

Oltre il rumore, il silenzio prezioso degli angeli

Le morti dei giovani, che anche in questi giorni la cronaca ci comunica in modo straziante,  investono il nostro immaginario e la loro presenza cambia  la vita emotiva di molti di noi, rimandandoci l' antico tema degli angeli. Questo contributo di Annamaria Torroncelli riflette con lucida passione   su questo tema.
 
Il corpo di una ragazzina riemerge dal fango e da foto raccapriccianti, bimbi mai nati e senza un nome avranno le lacrime dei loro cari, una creatura di pochi mesi vola in cielo con il suo papà trafitta da un unico, maledetto proiettile di morte. Angeli, angeli strappati alla luce, angeli che ci accompagnano, lievi e silenziosi, nel nostro cammino di vita. Da sempre.
A scuola, il biondo Angelo Custode, lo ricordo bene, raffigurato, sul libretto del catechismo, con la grande ala bianca protesa sulla spalla del bambino, suo protetto. Mi trasmetteva serenità, il suo era un controllo benevolo e rassicurante.
A casa, mio padre aveva insegnato a me, come la sua mamma aveva fatto con lui, di non tenere l’angelo “impegnato” a tavola. Mi diceva così e io l’ascoltavo affascinata. Mi piaceva l’idea che un angelo fosse a tavola con noi, nella nostra casa. Mi dava conforto e sicurezza quella creatura celestiale che proteggeva il desco familiare. 
Ancora oggi, il gesto del lembo della tovaglia rovesciata quando i commensali non sono a tavola, è per me segno di fede e di rispetto. Una fede vissuta con discrezione, fatta di sentimenti forti nella loro semplicità.
Poi, piano piano, inesorabilmente come tutti quei rituali giudicati superati, anche l’immagine dell’Angelo Custode si è sbiadita sotto i riflettori della cultura del roboante e di una fede ostentata e non vissuta.
Anche i funerali sono diventati show, con battimani e passerelle. Il primo applauso ad un funerale, quello di Anna Magnani, aveva trovato la sua ragione nel rapporto viscerale che legava Roma alla sua più prestigiosa figlia d’arte. Quel fragoroso battimani riecheggiato nell’austera chiesa romana di Santa Maria sopra Minerva e rotolato imperioso sul sagrato, fu spontaneo quanto irrituale. Perfettamente in linea con il temperamento sanguigno dell’attrice, che dell’irriverenza e della trasgressione aveva fatto il suo credo artistico e di vita. Da allora, però, dell’applauso se ne è fatto abuso, e la sacralità del rito, fatta di silenzi e meditazione, ne ha senza dubbio sofferto.
Eppure, paradossalmente, quanto più si è diffusa la spettacolarizzazione del dolore, la morbosa attrazione del macabro, tanto più sembra aumentato il desiderio di compostezza e rispetto, nella ricerca di una rinnovata considerazione per la vita attraverso il rispetto per la morte.
Prova ne è la riflessione dello scrittore Maurizio de Giovanni, apparsa alcuni giorni fa, sulle colonne del Mattino, sulla pubblicazione delle foto del ritrovamento del corpo di Sarah Scazzi.  Il suo è un canto dolente, di parole non gridate, lontane da ogni volgare clamore. Parole di dolore vero e non ostentato.
Finalmente una carezza straziante, ma dolcissima per la piccola Sarah. La piccola Sarah che ritorna da quel pozzo nero e melmoso per trascinare il suo profanatore nel gorgo dell’inferno. Lei, prima angelo straziato da una morte orrenda, ora angelo rivelatore dell’infame oltraggio.  
E ancora. È di questi giorni la notizia che a Roma, al cimitero Laurentino, è stata riservata un’area alla sepoltura dei bimbi mai nati, quei feti che, per cause naturali o per aborti terapeutici, non hanno potuto vedere la luce.
Il Cimitero degli angeli, ecco come hanno chiamato questo prato che guarda una campagna radiosa e profumata che neanche la morte riesce ad offuscare nella sua dolce solarità. Due angeli in marmo bianco delimitano un prato ancora vergine e fronteggiano un dolce declivio di piante e fiori contrappuntato da girandole, giochi, peluche dai mille colori. Il cimitero dei bambini.
Se andate da quelle parti, entrate a vedere questo “meraviglioso” camposanto. Quando ci arrivate, vi sembrerà impossibile che quelle macchie di colori, fatti di giochi e di fiori, siano l’ultima dimora di passeri implumi: bimbi strappati alla vita il giorno stesso della nascita o poco tempo dopo.
Ogni volta che lo attraverso, quel prato, una straziante fitta mi trapassa l’anima. Provo una rabbia sempre uguale e violenta. Mi ritornano alla mente i racconti di dolore delle mie nonne private di quattro figli, portati via da malattie banali quanto, all’epoca, implacabili. E comprendo, da madre, quanto sia insopportabile nella sua estraneità al ciclo naturale della vita, la morte di un bambino. Ancor peggio, di un figlio.Eppure, l’idea di pensarli angeli mi conforta, mi aiuta a superare il dolore rabbioso del distacco innaturale. Mi piace pensarli intenti a giocare fra loro sotto lo sguardo vigile e materno dei due angeli di pietra bianca.
Insieme a Joy, la tenera bimba dagli occhi a mandorla, che ha avuto come unico dono dalla vita affrontare il suo ultimo viaggio “tranquilla” tra le braccia del suo papà. Lei, ennesima vittima sacrificale all’altare della violenza brutale di una società che genera mostri e non si interroga mai a sufficienza su quali siano le ragioni vere che portano ad un tale disprezzo della vita.
Ci basta scandalizzarci, ci basta inveire contro l’assenza dello Stato, ci basta pascerci dei particolari raccapriccianti delle storie di ordinaria cronaca nera.
E poi, siamo incapaci di fermarci a considerare quali siano realmente le responsabilità di ognuno di noi, nel nostro piccolo, difficilissimo quotidiano. Abbandoniamo le chiacchiere, il blabla da talk show, evitiamo che anche buone intenzioni finiscano nel tritacarne della polemica sterile.
Evitiamo, perciò, che l’intenzione di salvare dall’inceneritore dei rifiuti ospedalieri quei progetti di vita e dare ai loro cari un luogo dove piangerli e abituarsi al loro distacco, diventi spunto e materia solo per dibattiti sui fronti contrapposti dell’aborto. È ovvio che la circostanza, inevitabilmente, porti a riconsiderare il tema, ma una volta tanto cerchiamo di mettere da parte le polemiche e fermiamoci ai sentimenti.
Ai silenziosi sentimenti, quelli che non siamo più capaci di ascoltare in questo mondo urlato che nessuno spazio lascia alle dolcezze di una comunicazione non detta.



Annamaria Torroncelli

giovedì 5 gennaio 2012

Leggere l' Italia con uno sguardo al femminile

Il primo blog che prendo in esame e che vale sicuramente la pena visitare è: Avanzi di cucina . E' curato da Mara Gasbarrone, una studiosa che ha lavorato al Censis, all'Eni e in Confindustria, occupandosi di mercato del lavoro, relazioni industriali e Mezzogiorno: ed  ha un forte interesse per la demografia. 
Il blog, elegante e ben costruito, come molti di quelli che lavorano sulla piattaforma di Kataweb, è dedicato in prevalenza ad argomenti di carattere economico e sociale, legati alla formazione e all' esperienza professionale dell' autrice: economia  italiana (ma non solo); fenomeni demografici e  di costume, letti con una metodologia rigorosa e una forte attenzione alle cifre, ai dati statistici (un carattere inusuale nel nostro paese in cui discutiamo spesso sulle nuvole). 
L' autrice osserva questi fenomeni  con una particolarle ottica, quella di genere, e dedica quindi molta attenzione al ruolo delle donne nell' economia italiana. In quest'ottica troverete molti post caratterizzati da una documentazione seria e un giusto sarcasmo verso un paese che non valorizza quasi mai la funzione e le competenze delle donne. Si veda, come esempio tra i tanti, il post : Ma quanto è sessista il nostro part time ! che svolge una puntuale analisi critica del fenomeno. Sui temi dell' occupazione femminile,  del capitale sociale, ecc. non mancano molti post dedicati alla crisi italiana, in rapporto al sud. Per esempio, in Parliamo di Sud, non per far piacere ai meridionali, ma per occuparci dell’Italia, si analizza lo sviluppo del sud d' Italia negli ultimi anni, rilevando come non sia vera la tesi diffusa di una scarsezza di capitale sociale nel Mezzogiorno : ".. Il capitale sociale che già esiste nel Mezzogiorno sono anzitutto i legami familiari: famiglie più legate, più durature, più solidali. Certo anche meno libere, perché una parte di questa “solidità” è dovuta proprio all’impossibilità di compiere altre scelte. Infatti nel Mezzogiorno si va diffondendo quella che chiamerei una “modernizzazione per astinenza” delle strutture familiari: per esempio, anziché divorziare di più, non ci si sposa, non si fanno figli (oggi la regione italiana con la fertilità più bassa non è la Liguria, ma la Sardegna). Alla lunga, questo compromette una ricchezza che il Mezzogiorno finora ha avuto in grande abbondanza, e generosamente ha messo a disposizione dell’Italia: la propria gioventù ".
Non si creda però che il blog di Mara Gasbarrone sia soltanto un'antologia di saggi accademici e un po' noiosi. L' autrice usa come tratto stilistico il gusto della notazione soggettiva, personale e un sottofondo ironico che rende godibile la lettura. Molti post prendono infatti spunto da episodi di vita quotidiana.
Insomma, nell' insieme, lo spazio informativo di un ' intellettuale che mette a disposizione conoscenze, saperi specialistici, con un tono colloquiale e divertente. Non è poco: leggetelo e non ve ne pentirete!


blog: http://avanzi-avanzi-avanzi.blog.kataweb.it/

I blog, tra trionfo del privato e palestra di idee

Man mano che passa il tempo e che un qualche lettore in più si aggiunge faticosamente, cerco di approfondire per categorie gli argomenti di cui ho voglia di parlare. Oggi apro un nuovo spazio che si muove dentro la griglia del blog - editoria sociale, cinema e disabilità - e che spero interessi a qualcuno: una selezione personale di alcuni blog dedicati a questi argomenti (e altri affini). Segnalerò quelli che conosco e leggo in maniera sistematica: sarò felice se qualcuno me ne indicherà altri. C' è un motivo personale in questa scelta.  
Nella discussione in corso tra gli  studiosi italiani  della comunicazione (Granieri, Formenti e altri) vi sono due posizioni divergenti sul futuro dei blog come fenomeno specifico del mondo della rete. Alcuni ne prevedono una rapida obsolescenza (o la morte già avvenuta). 
Altri ne sottolineano le potenzialità rinnovate, specie con il loro inserimento dentro il circuito più vasto dei network sociali. Io propendo per la seconda ipotesi, in base ad un banale ragionamento sociologico. Tento una categorizzazione empirica di un arcipelago vastissimo e a volte fangoso. Vanno ricordati per primi  i blog  di singoli, che entrano on line con un proprio diario privato: penso non solo ai giovani con le loro esperienze sentimentali, ma a tutta l' area del disagio sociale e della malattia. Tra questi, cito in particolare i malati di tumore, su cui mi sto soffermando da pochi giorni, dopo la malattia: vi si trovano vere e proprie gemme autobiografiche, preziose per la loro dolorosa autenticità. Si tratta di fenomeni, su cui  i giornali si soffermano solo per motivi scandalistici, e che hanno invece un grande rilievo per la vita pubblica.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro intellettuale, vi sono almeno tre specie di blog.  Quelli di enti e istituzioni che cercano di stimolare un contatto più diretto con i cittadini e di pubblicizzare gli " eventi" o i progetti in corso, affidati ad un operatore del settore : tra questi le biblioteche pubbliche, i centri di lettura e di documentazione, le case editrici, ecc.  
Vi sono poi i blog di scrittori, giornalisti e intellettuali molto noti, che gestiscono la loro figura pubblica, aiutati  dalle case editrici che vedono nei blog un potente canale di analisi del mercato. Qui è forte la componente dell' interesse alla vendita, ma a a volte si possono avere sorprese, perchè molti scrittori anticipano commenti e fanno discussioni vere.
Vi infine un terzo gruppo: è la fascia molto vasta del lavoro intellettuale diffuso (giornalisti, insegnanti, studiosi di singole materie, ecc). Si  adopera il blog per essere presente con modalità proprie nel dibattito pubblico e far pesare la propria opinione. In queste due ultime tipologie di blog, lo sguardo soggettivo e personale si intreccia con un largo utilizzo di conoscenze critiche ed esperienze di lavoro: vengono recensite libri, segnalando ricerche specialistiche, creando connessioni e suscitando stimoli dentro una comunità intellettuale non riconosciuta, ma che funziona  quasi automaticamente.
In questo senso il blog è destinato forse a mutare di forma, secondo gli sviluppi delle tecncologie, ma a permanere come spazio di lavoro intellettuale " in pubblico", una sorta di  impresa collettiva  informale, che corrispone molto bene ad una caratteristica tipica della società di massa nell' epoca globale. Vi si mescolano le potenzialità democratiche e civili con le ambizioni commerciali e di mercato.
Per concludere,  su questo tema traggo  un parere da un blog di Giovanni Boccia Artieri, docente universitario e studioso di questi problemi, che ovviamente vi consiglio di visitare:  http://mediamondo.wordpress.com/2011/12/30/born-again-conversazioni-attorno-alla-rinascita-dei-blog/ "... i blog su WordPress, la piattaforma più usata, sono in aumento e stanno per toccare i 70 milioni. Quelli su Tumblr sfiorano i 40 milioni. Certo non è dato conoscere il tasso di abbandono, ma la crescita delle nuove aperture è significativa. Quello che vedo è una mutazione del modo di usare i blog. Prima venivano usati per condividere lunghe elucubrazioni, brevi pensieri o contenuti scovati in rete. Ora si tende a mettere sul blog ciò che si vuole far rimanere nel tempo e ritrovare. Ai social network il compito di amplificare i pensieri del blog e accogliere frammenti di esistenza fuggevoli, utili a segnalare la nostra posizione in rete e a curare le relazioni amicali".
Mentre si verticalizzano sembre più le decisioni e le sedi del potere, la rete diviene in qualche modo lo spazio - ambiguo e fertilissimo - di quella variegata intelligenza collettiva, sul cui ruolo si sono affannati i sociologhi e gli studiosi dei movimenti in questi anni.

Per saperne di più


http://www.bookcafe.net/

Un occhio sull’inferno di Maurizio De Giovanni

E' uscito oggi sul Mattino un commento di Maurizio De Giovanni sul processo per il delitto di Sarah Scazzi.  Con delicatezza psicologica ed etica, lo scrittore esplora il retroterra oscuro di queste violenze che sembrano segnare in modo indelebile la vita pubblica. De Giovanni è divenuto  molto noto per  una serie di  quattro noir,  usciti per la Fandango: i romanzi hanno per protagonista il Commissario Ricciardi ed intrecciano felicemente introspezione psicologica e interrogativi etici. Una nuova vicenda di questo personaggio - la quinta (Per mano mia. Il Natale del commissario Ricciardi, 2011) -  è stata pubblicata da poco per Einaudi.


Sapete, in ogni presepe napoletano c’è un pozzo. Ha un significato, è un simbolo: rappresenta il passaggio costantemente aperto fra il mondo dei vivi e l’inferno.
Chissà perché gli uomini immaginano l’inferno come un mondo sotterraneo; forse pensare alla pena eterna sotto i piedi, da qualche parte laggiù, può servire a ricordare che caderci dentro è semplice. E un pozzo, che affonda nel buio come una porta fin troppo facile da varcare, è un occhio spalancato su un ignoto che non ha nessuna possibilità di redenzione. Un viaggio senza ritorno.
Sapevamo tutti del triste destino del corpicino di Sarah; abbiamo discusso di quella maledetta trasmissione in cui la madre apprese in diretta che non poteva aggrapparsi nemmeno a quel filo di speranza che fino ad allora l’aveva sostenuta. Abbiamo letto e ascoltato le mille versioni di zii e cugine, la descrizione del viaggio che il cadavere fece quella terribile notte. Abbiamo immaginato. Ma immaginare e vedere sono cose diverse. Terribilmente, orribilmente diverse.
Gli scatti del ritrovamento del corpo di Sarah rendono tridimensionale l’orrore. Fanno venire la sofferenza, la pena e la compassione fuori dalle anime e le rendono reali. Non so voi, ma guardando quelle immagini io ho sentito l’odore acre della morte, l’osceno rumore dell’acqua stagnante, la ripugnante consistenza del fango. E ho provato sulla pelle, freddo e tagliente, il tocco dell’atroce sorte di una bambina che è la figlia di tutti noi.
Non so cosa passasse per la testa di Michele Misseri, mentre arrancava verso quell’apertura sull’inferno con il corpo ancora caldo di sua nipote morta in spalla. Non so chi l’abbia uccisa, e perché; forse nemmeno mi interessa. Scorrendo gli scatti dall’inferno mi interessa solo il delitto di gettare quei resti nel pozzo, perché quella è una colpa a parte, distinta dall’omicidio, e non solo per il codice penale: lo è per l’estremo insulto verso quel sorriso che poche ore prima brillava, verso quei capelli che si muovevano nel vento, verso quella vita che pulsava.
Ma l’inferno conserva solo chi a esso è destinato; quello che rimaneva di Sarah, della sua allegria, della sua gioia di vivere non poteva restare là sotto a marcire per la salvezza di chi ce l’aveva gettata. E Sarah è tornata.
Vedere quel pozzo oggi significa vederlo con gli occhi di Misseri, quella notte: un’apertura nella terra, una bocca sdentata e profonda pronta a ingoiare. Significa immaginare un viso stravolto, una mente angusta e ottusa che rigira tra sé il pensiero di come farla franca, mentre le braccia spingono quel piccolo corpo nel buio.
Non ci sono colori, in questi scatti. E non avrebbero potuto essercene: l’abisso è nero, l’inferno è nero. Guardiamo il magistrato che indica il luogo esatto. Guardiamo le macchine, gli uomini scavare. Guardiamo la luce del sole ritrarsi, disgustata. Guardiamo le mascherine sulle facce. Guardiamo mani guantate che misurano l’apertura sull’abisso. Guardiamo cavi che si immergono nel buio. Scene di ordinario lavoro del crimine, il balletto del dopo morte. Tutto agli atti.
Ma l’orrore emerge dal buio e ci ingoia tutti: perché è cadendo in quel pozzo, più ancora che smettendo di respirare, che Sarah Scazzi è diventata, dalla ragazza piena di vita e di futuro che era, un cadavere. Perché ci torniamo anche noi, sull’orlo di quell’abisso dal quale Michele Misseri ascoltò l’orrido tonfo sul fondo del buio. E non riusciremo a dimenticare.
Chissà se il contadino di Avetrana, piangendo senza ritegno davanti alle telecamere, sentiva risuonare dentro quel rumore; francamente speriamo di sì. E speriamo che senta quel rumore ogni notte, ogni giorno, ogni momento che gli resta da vivere. E che lo possa immaginare chi ha voluto spegnere quella vita piena di futuro, abisso contro abisso, buio contro buio.
Perché sia vero ancora una volta che il pozzo è il passaggio per l’inferno. E che in quel pozzo Michele Misseri ha trovato il suo inferno.

sabato 31 dicembre 2011

Un augurio di buona lettura per il 2012


Questo che si chiude è stato un' anno molto difficile  per chi ama la lettura, e in particolare i libri legati alle tematiche del sociale, del disagio e della solidarietà. Hanno inciso in maniera pesante il taglio dei finanziamenti alla cultura a livello nazionale e locale, ma anche la crisi progettuale dell' associazionismo e delle forze politiche che almeno a parole sembrano interessate ad un dialogo con questi mondi. E' difficile quindi formulare auguri ottimistici, ma non bisogna mai rinunciare alla speranza. Il blog non rinuncerà all' ispirazione che scaturisce dal titolo, cercando nella realtà e nei libri  stimoli inediti per una lettura critica del sociale, dal punto di vista degli ultimi. Spero quindi di riservarvi sorprese e novità anche nel 2012. 
Il video che vi doniamo come augurio per il nuovo anno è la prima parte di uno splendido documentario di Massimo Coppola  sullo scrittore Luciano Bianciardi, l' autore della " Vita agra" e uno degli intelllettuali più indipendenti  della storia del Novecento. Su You Tube potete trovare le altre puntate. Vale la pena segnalare che sono uscite in questi ultimi mesi due ottimi studi dedicati alla figura di Luciano Bianciardi:
-  Pino Corrias, Vita agra di un anarchico, Luciano Bianciardi a Milano, Feltrinelli,  2011, euro 9,00. E' la ristampa, rivista e aggiornata di un libro di vari anni fa, in cui il giornalista ricostruisce con esemplare  vivacità stilistica   le vicende pubbliche e private dello scrittore, alle prese con  il suo rifiuto meditato  di integrarsi nel clima  opprimente  della nascente industria culturale.
- Giuseppe Muraca, Luciano Bianciardi, Quaderni dell' Italia Antimoderata, Centro di Documentazione di Pistoia, 2011,  euro 10,00. Il volume è inserito all' interno di una collana che tratteggia grandi figure di militanti e scrittori che si caratterizzano per un profilo e una storia critica e anticonformista. 
Scrive Attilio Mangano a questo proposito : ".. La figura di Bianciardi campeggia ormai come un classico e continua a consegnarci il ricordo dell' Italia del miracolo economico e del neocapitalismo degli anni sessanta, quella "grande trasformazione" che lo scrittore riesce a cogliere con ironia graffiante, da "cane sciolto" e battitore libero in un mondo che aveva bisogno di irregolari come lui, anche se allora ai riconoscimenti e ai successi si aggiungevano le polemiche e i litigi. Bianciardi non perdeva un colpo e rispondeva a sua volta". 

venerdì 23 dicembre 2011

L' editoria sociale: progettare nella crisi

You Tube si è  caratterizzato sempre più come un' enorme, fluviale contenitore, in cui i temi fondamentali del rapporto tra sociale ed editoria emergono con difficoltà in  mezzo ad un' enorme quantità di materiali spesso contigenti e quotidiani. Tenteremo di dare sul blog una breve e ragionata selezione dei più importanti.
Questo video, girato da giovani professionisti in occasione del III Salone dell' editoria sociale a Roma (28 Ottobre -1 Novembre 2011), coglie molto bene alcune caratteristiche dell' editoria sociale in una fase  che vede intrecciarsi un dibattito culturale asfittico e una durissima crisi delle relazioni sociali. E' significativo che questi rappresentanti della piccola editoria cercano una definizione comune di editoria sociale, partendo da progetti culturali diversi e dalle stesse difficoltà economiche. Il pluralismo culturale della società civile si scontra con una dimensione economica sempre più verticale e centralizzata.


mercoledì 14 dicembre 2011

Pasolini e il dolore del tempo. Sul libro di Fulvio Abbate

Mi è capitato per due volte di  arrivare  vicino ad un ' incontro con Pier Paolo Pasolini, ed entrambe  le ho mancate. Nel 1967, come racconto ogni tanto  in qualche post, entrai per la prima volta in una sezione del Pci romano, attirato dai ripetuti cartelli dedicati ad iniziative culturali. Da  piccolo provinciale di periferia al primo anno di università,  cercavo un ' ancora per la consueta  ricerca di un'identità adulta, uno spazio per colmare una solitudine troppo dolorosa.
Il primo dibattito, di cui scoprii l' annuncio su un manifesto, lo mancai per una banale influenza: prevedeva proprio l' intervento di Pasolini. Lo scrittore era appena tornato da un viaggio negli Usa e aveva scatenato una delle sue consuete polemiche, inneggiando ai  movimenti dei neri con un articolo su Paese sera: era il giornale popolare della sinistra romana,  molto letto tra gli studenti  per una splendida pagina libri che ci insegnava a fare le prime riflessioni.
Negli anni successivi, trascorsi in quell' orrenda cantina nel quartiere Esquilino, sentii a lungo citare frasi e concetti dell' articolo pasoliniano. e di quel dibattito mancato. All' Università cominciavo a leggere le sue opere più famose e con Accattone e Il Vangelo secondo Matteo costruivo la mia identità di spettatore.
Quasi dieci anni dopo, mentre ero al telefono con la ragazza che poi sarebbe diventata mia moglie,  sentii dalla televisione la notizia dell' assassinio del poeta. Decisi di andare ai funerali, ma non riuscimmo nemmeno ad entrare in Campo de Fiori, tanta era la massa di persone, commosse e silenziose. Rimanemmo ai bordi di Via dei Giubbonari, lo sguardo smarrito e gli occhi inumiditi dal pianto,
Per questo ho comprato subito il libro di Fulvio Abbate, di cui avevo letto per molti anni gli articoli sull' Unità e apprezzato almeno un paio di libri. Per qualche giorno ho esitato ad affrontare il volume. Dopo trenta anni, la mia memoria aveva una sorta di blocco. 
Vivo da trent'anni tra Villa Gordiani e il Pigneto e  sono circondato da frammenti di ricordi ed immagini su  Pasolini intellettuale e regista, le periferie, ecc. (e spesso sono memorie filtrate da un' inevitabile consumismo). Come nota anche Abbate,   l' immagine intellettuale e umana di  Pasolini sembra ridotta nel dibattito pubblico ad una sorta di giallo, un noir sulla ricerca dei suoi assassini - o al massimo una puntata di Chi l' ha visto
Poi ho deciso e ho letto due volte con  interesse e commozione crescenti.


Il coraggio dello scandalo


Innanzi tutto, una notazione. Non lascatevi ingannare dal titolo. Questo non è un libro didattico sull' autore delle Ceneri di Gramsci. Per le conoscenze specifiche che presuppone su di lui e il contesto di quegli anni,  è diretto piuttosto agli adulti che hanno attraversato (e in gran parte dimenticato) i conflitti di questo trentennio. Il libro - bello ed originale -  è sostanzialmente questo: un lungo, appassionato, dolente periplo intorno al pianeta Pasolini, compiuto da uno scrittore che lo ha amato e che ne scandaglia gli anfratti più reconditi, attraverso innumerevoli testimonianze (persone celebri e individui  comuni).
Abbate usa  con grande perizia vari registri stilistici. Quello nostalgico  gli serve per ricordare una capitale scomparsa, la Roma pasoliniana, quella del Tuscolano, di Monteverde, di Gordiani, ecc, una Roma che ben ricorda chi ha più di sessant' anni come me. 
Certi attacchi delle sue descrizioni urbane  rimangono nell' animo per le qualità coloristiche: " ..Costeggiando  una siepe d' alloro, raggiungo e supero viale Palmiro Togliatti. A sinistra, gli archi dell' Acquedotto Felice, a destra le costruzioni dormitorio segnate dalle bandiere da samurai delle concessionarie automobilistiche, vessilli propri delle cinture cittadine ". ( p. 51)
Alla rievocazione commossa di luoghi e quartieri si alternano le testimonianze personali inseguite con caparbia e insieme surreale completezza: Laura Betti, Furio Colombo, Bertolucci, ecc. Qui emerge - duro e inflessibile -  un giudizio politico e morale. Abbate contrappone con giusta durezza il coraggio e la solitudine di Pasolini al conformismo e alla pochezza consumista dell' ultimo ventennio moderato, cui l' esperienza della sinistra non è mai riuscita a contrapporre nessuna reale alternativa, culturale prima che politica.
Un' altro lato di questo libro complesso  è quello del rapporto tra lo scrittore stesso e Pasolini: qui si esercità il rimpianto e il furore polemico di Abbate contro un ceto intellettuale, incapace di essere all' altezza della domande poste da Pasolini e rimaste senza risposta.
La polemica di Abbate con quest' Italia sfatta e conformista echeggia i suoi interventi giornalistici e i suoi monologhi in rete su Teledurruti, che molti conoscono. E' una accusa feroce ad un " paese mancato", che nasconde un sentimento ancora più profondo, di  forte autenticità (almeno per me): una malinconia profonda, struggente  per il tempo trascorso e la difficoltà estrema di vivere in  quello che siamo  destinati ad affrontare oggi.
Il libro è una testimonianza appassionata  di questo dolore, l' addio definitivo ad un ' epoca che non c' è più. Leggetelo, vi farà pensare  sul serio e non ne rimarrete delusi.

venerdì 25 novembre 2011

Le biblioteche, la lettura e il territorio: le analisi di Giovanni Solimine

Giovanni Solimine è uno tra i maggiori esperto di problemi delle biblioteche e della lettura. Ne ha scritto a lungo: basti citare qui il suo ultimo volume L' Italia che legge, Laterza, 2010, che riassume bene lo stato drammatico della diffusione della lettura e suggerisce  precise proposte. Le percentuali di lettura nella popolazione sono basse da molti anni e arrivano a male pena al 40%: le statistiche dell' Istat  lo dimostrano benissimo.
Scarseggiano poi le politiche di intervento pubblico e l' iniziativa privata è concentrata troppo sulla promozione dei best- seller. Tra le conseguenze vi è un dato che il dibattito pubblico discute poco: la crisi delle biblioteche pubbliche come strumenti di trasmissione della memoria e dell' identità culturale del paese. 
Solimine conosce bene l' argomento sia dal punto di vista degli operatori professionali che da quello delle istituzioni. In questo mese mi è capitato di tornare a riflettere nel blog su questi aspetti che riguardano la crescita culturale del paese. Spesso, quando uso le biblioteche in periferia, devo riflettere dal vivo, per dire cosi', sul ruolo decisivo che la politica di promozione della lettura può svolgere per educare alla cittadinanza una società civile in disgregazione. Si ritrovano in biblioteca giovani studenti che non trovano più in un  territorio in convulsione nè presenze politiche significative nè  un associazionismo in grado  di proporre proposte di qualità e spessore nazionale.
Il Sistema delle Biblioteche di Roma era stato potenziato e ristrutturato negli anni delle giunte di centro - sinistra  ed era stata organizzata negli anni passati una quantità esemplare di iniziative. Oggi il disinteresse della giunta Alemanno si sposa alla crisi sociale in atto, e per una metropoli come Roma le conseguenze si vedono.
Per questo dedico a questi temi, al destino delle librerie e delle biblioteche tutta l' attenzione possibile, pubblicando anche le news di iniziative piccole, ma che esprimono un bisogno latente.
Le idee di Solimine aiutano a riflettere su queste questioni. 

giovedì 24 novembre 2011

Se chiude una libreria, siamo più poveri

La chiusura della libreria Croce a Roma è un evento molto doloroso per chi ha amato la nostra città, e conosce un po' la funzione animazione civile che vi hanno svolto le librerie. Uno delle questioni centrali delle trasformazioni violente in atto nel mondo editoriale è proprio quella delle librerie. La diffusione nelle grandi città delle librerie di catena, espressione di grandi monopoli editoriali che ormai operano su scala europea e mondiale, sta espellendo dal mercato le librerie piccole e medie, che non reggono la concorrenza.
E' un tema di cui si discute da una decina di anni almeno, e non è solo italiano. Sulla situazione inglese scrive a questo proposito Enrico Franceschini: " ..Dal 2005 ad oggi il numero delle librerie in Gran Bretagna si è dimezzato: sei anni fa ce n’erano poco più di 4 mila, oggi ne sono rimaste aperte solo 2178. Quasi duemila librerie hanno dovuto chiudere e cessare l’attività, messe in crisi dalla crescita delle ordinazioni via internet (su Amazon e altre librerie online che spediscono a domicilio i libri acquistati dai clienti sul web), dal boom degli e-book e dagli sconti praticati dalle grandi catene e dai supermarket. Il risultato è che oggi un totale di 580 città britanniche non hanno nemmeno una singola libreria."
Il problema dovrebbe interessare non solo i piccoli e medi editori, legati ad una produzione di qualità, ma anche gli intellettuali e l' associazionismo. Per fortuna, dopo anni di silenzio in cui si è sperato e si è dipeso troppo dall' aiuto pubblico, da  un po' si discute di questo tema e vi sono iniziative concrete. Penso all' apertura di librerie Coop, come quella Ambasciatori di Bologna, che conosco abbastanza bene e che porta l' impronta di un grande librario come Romano Montroni. O ai recenti dibattiti sul sapere come bene comune e sull' impegno civile e la la letteratura, che hanno coinvolto gli scrittori tra i trenta e i quarant' anni. 
La soluzione possibile , da cui purtroppo siamo ancora lontani, risiede ancora una volta nell' associazionismo, nella costruzione di rapporti di rete che mettano in connessione scrittori, case editrici e pubblico interessato a temi di impegno civile e solidarietà. Uso una parola molto nota a chi ama la storia italiana: mutualità.
L' editoria di progetto non è un residuo aristocratico della modernità borghese rispetto al nuovo post- moderno della globalizzazione. L'esplosione della crisi europea ( e mondiale) rimanda interrogativi etici, sociali, ecc. che non possono essere affrontati dalla produzione seriale su scala mondiale. E si tratta di domande che toccano le scienze sociali e psicologiche, ma anche la letteratura, il diritto, il giornalismo e i media,  ecc. Parliamo insomma di  risorse preziose per un paese che voglia pensare al proprio futuro, scommettendo su ricerca, sperimentazione e libera discussione. 

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martedì 15 novembre 2011

Un ricordo di Alessandro Scansani, fondatore della casa editrice Diabasis

Prima di  scambiare un paio di brevi conversazioni telefoniche con Alessandro Scansani, risalenti ormai a quattro anni fa, conoscevo  solo superficialmente  la vasta produzione della casa editrice Diabasis, da lui fondata e diretta. Mi capitava  da giovane di   cercare  nelle librerie  qualche libro su quei temi che  mi occuparono la mente per molti anni nella vita politica e sindacale: le scienze umane, la sociologia e la storia. Cercavo confusamente un riformismo che  mescolasse insieme l' interesse per il pensiero sociale cristiano e la tradizione del socialismo riformista europeo. 
Ero un cattolico percorso da mille dubbi e un militante comunista in quegli  anni settanta - ottanta in cui sembrava a molti di noi che il Pci potesse divenire forza di governo, con un' autentica spinta riformatrice: l' esperienza di regioni come l' Emilia stava lì a dimostrarlo. In alcuni dei titoli pubblicati dalla Diabasis trovai molti argomenti per una prospettiva culturale e politica, che si chiuse poi con un fallimento storico, per ragioni oggi del tutto evidenti.
La fine della militanza politica e la presenza in famiglia  di un figlio affetto da una forma lieve di autismo (la Sindrome di Asperger) mi spinsero già più di dieci anni fa a ripensare a tutta la mia esperienza e  a impegnarmi nel mondo del volontariato per assicurare a lui e ad altri disabili psichici  un ruolo nella vita e nel lavoro: possibilità che oggi assai difficile, come è noto. 
Nel 2006 ho scoperto per caso che Marco dopo i venti anni si dedicava a scrivere in totale solitudine frammenti poetici e narrazioni ripetute dei suoi lunghi anni di malattie infantili: dolori fisici, che avevano anticipato  il suo disagio psichico. Dal nostro dialogo ne scaturì un libro, scritto a due mani: Non avevo le parole. Riuscimmo a farlo accettare dalla casa editrice Città Aperta e per un paio di anni  Marco fu impegnato in una girandola di presentazioni ed incontri che gli tennero vigile la mente per molto  tempo.
Nel 2008  mi accorsi che continuava a scrivere, esprimendo  forti emozioni di solitudine e disagio, specie per la precarietà del suo lavoro. Decisi di pubblicare allora un volume autoprodotto di nuove poesie di Marco, intitolato: Per parlare con la gente. Amici generosi mi suggerirono di aggiungere ai testi una breve presentazione e mi indicarono il nome di Alessandro Scansani. Ebbi  quindi modo di conversare brevemente al telefono con lui   sul libretto che stavamo mettendo insieme e sulla nostra esperienza familiare.
Scansani ebbe parole di ammirazione per la sensibilità di Marco e mi fece avere poche pagine di commento, che ci commossero per la loro intensità. A proposito della nostra esperienza familiare, diede questo giudizio : " Tu e tua moglie siete stati all' inferno e siete tornati ". In un altra telefonata, mi fece un breve e significatico accenno al cancro che lo aveva colpito da qualche anno. Ci salutammo con la promessa di conoscerci se fosse venuto a Roma. Tempo dopo ne ho appreso la scomparsa.
Molte e differenti sensazioni mi sono rimaste di quel brevissimo rapporto.  La cortesia di un editore di grande valore nel rendersi disponibile per un piccolo libro autoprodotto; la sensibilità spirituale verso quei temi del disagio e dell' emarginazione che ormai da molti anni erano al centro dei miei progetti; il desiderio di conoscere più a fondo una produzione editoriale rigorosa, di cui oggi si sente sempre di più la necessità  in un mercato  dominato dalla riconcorsa al best- seller.
Dopo la sua morte, avvenuta quet'anno, malgrado alcuni interventi molto  qualificati, mi ha colpito come si sia parlato abbastanza poco sulla stampa  della figura  di Scansani e del suo lavoro come fondatore della casa editrice.
Questa piccola testimonianza privata ha per me un  significato riparatore, da lasciare nel mare tempestoso della rete: un piccolo messaggio nella bottiglia. Per questo ripubblico nel blog una parte della sua prefazione a Per parlare con la gente. Ma c'è un altro aspetto che oggi mi colpisce ancora di più. Ora che il tema della malattia, del tumore è entrato nella mai vita, il ricordo di  quelle brevi conversazioni si è fatto più struggente e necessario. E per questo trovate qui un terzo, breve contributo: un breve scritto di Scansani dedicato alla sua malattia, che ho trovato in rete e che testimonia ancora una volta la qualità etica dell' uomo.


Link
http://www.diabasis.it/database/diabasis/diabasis.nsf

Le ultime riflessioni di Scansani: etica, politica, fede cristiana


GIORNALE MINIMO
Marzo 2011

Riemergo dopo tre anni di sofferenza civile e di dolore fisico per un tumore, con poca voglia di moralismi in grasse mutande alla Ferrara barattate per libertà e per un presidente, delle cui balle siamo stanchi e di cui ci vergognamo, un presidente ridicolo con nessun rispetto delle regole, chiunque sia a portarle o a doverle portare, se le regole si devono portare. Non sono mai stato comunista, per cultura, sono stato duramente antifascista con rispetto attuale per Fini, coscientemente repubblicano, e socialista municipale. Sappiamo che la sinistra cela la realtà, la destra spesso la svela. La sinistra rischia di nascondere, non vedere, la destra invece di vedere. Ho apprezzato e apprezzo alcuni ministri e sottosegretari, vedo con disgusto e con vergogna quel codazzo di servi sottosegretari e ministri piduisti di avvocati portati in Parlamento, gli esperti! per salvare Berlusconi dalle istituzioni, dalle regole dagli errori mai ammessi. Se ne torni a casa, alle sue ville, il puritanesimo falso, il moralismo famigliare. E anche la Chiesa con questo presidente ha imparato a vergognarci: la grande Chiesa che fa orrore e la piccola Chiesa che fa tenerezza, come Macondo.
Se può liberi anche la Mondadori!
L’editoria ha consumato troppe parole, e la cultura vive di parole che sono vive e libere e che non possono continuare a vivere con vergogna nella menzogna di un popolo. Che qualcuno abbia anche il coraggio o l’orgoglio di dire no. Non è lo stesso personale nuovo, sul tipo di quello napoleonico, che creò una nuova classe politica, amministrativa, militare. Questa, invece, è una classe politica a cui la cultura, e la cultura politica, non interessano, che ride, che si diverte, che non ha il senso della solidarietà, che non ha cura dei nostri figli, che baratta la cura dei tumori per il milleproroghe. Mi auguro che mio figlio rimanga ancora a lungo al suo dottorato di Honkong.

Per saperne di più

http://www.diabasis.it/database/diabasis/diabasis.nsf/pagine/BBBAC06B77346ED0C125789900492B1D?OpenDocument

L' innocente tensione della poesia


Pubblico un brano della prefazione di Alessandro Scansani  al libretto autoprodotto  di poesie e pensieri di Marco,  Per parlare con la gente ( Roma, 2008)
Il libro di Marco Brancia, può essere letto, suggerimento a posteriori in due modi  differenti: una liberatoria “poesia di occasione”, in cui il bisogno di comunicare- dando al bisogno quella forza di forza e intensità di espressione che solo una delle arti consente- è l'elemento dilettantescamente prevalente, con valore per la propria biografia e per le proprie relazioni amicali, oppure “una poesia dell'incosapevolezza”, capace di rivelare qualcosa di nuovo,  come in una piccola epifania feriale, nella piccola culla delle parole.
Credo che Marco Brancia, di cui so solo e ho voluto sapere prima di leggere e di scriverne, che ha ventinove anni ed è fuggito o in fuga dai rombi del silenzio e di paura di una fortezza vuota che  lo aveva imprigionato fin da bambino, vada letto nel secondo modo. E ho letto con innocenza ermenutica e disponibile allo stupore, senza pregiudiziali critiche senza compassionevoli pacche sulle spalle, trovandomi di fronte a una scrittura e a un teso di pensieri capaci di sorprese, capaci appunto, nelle loro ingenuità, incosapevolezza poetica, come gli inconsapevoli sorrisi dell' autore: “ il sorriso spontaneo mi viene spontaneo/ il sorriso è parte di me.”
Molti di questi testi sono nati, in modo tutto loro, di tensione poetica, come l'epifania di boccioli di campo o di siepe che trapelano appena il loro colore. (…) I pensieri poeticamente pensati da Marco Brancia (la indisciplina della percezione poetica- rispetto alle regole, alle consuetudini alle norme, offre varchi particolari e preziosi, dicevo, esprimere e liberare un umanità in qualche modo segregata) riescono a riabilitarci, come lettori  delle diverse abilità di sguardo e di commozione che abbiamo, induriti come una pellaccia greve alla dolcezza e all' innocenza. E' una riabilitazione all'altro-di noi smarrito nel frastuono del mondo.
Per afferrare il mondo e relazionarsi a esso, l'autore si è dato un suo linguaggio, nella morfologia usuale della lingua e della grammatica italiana, ma concettualmente intenso e nuovo: primordiale e sofisticato, anche elegante nelle immagini, nate dall'immediatezza intonsa , non consumata , di una percezione e di un bisogno. Senza mai tono sentenzioso- la terra libera gli è probabilmente recente- i suoi versi sferzano talora il mondo con l'innocenza giosa del bimbo che rivela il reale:.
- Ma il re è nudo: Il Mondo è nudo.Versi forse poeticamente consegnati, ma liberatori. Liberatori per il lettore. E' un linguaggio che rinnova e trasmette all' esterno la vita in un rapporto sempre stretto con il corpo, materia prima e profonda da restituire alla poesia: il corpo come medium tra qualche cosa verso cui uscire, staccare il volo, e qualche cosa verso cui rientrare, capace di dare significato alla vita, e di darle quella gravità terrestre, dolorosa e gioiosa necessaria, sulla terra a portare un anima….

lunedì 14 novembre 2011

Belle novità per la Mediateca LEDHA : crescono cinema e letteratura

                               

Finalmente grazie ad un contributo della Regione Lombardia, Bando Associazionismo, un piccolo sogno nel cassetto, quello di ampliare la Mediateca LEDHA a libri e romanzi è diventato realtà.Analogamente con l'impostazione della Mediateca Film, anche in questo caso abbiamo scelto la letteratura d'autore, quindi la Narrativa e il Racconto, non la saggistica.
Un'attenzione particolare è riservata alla letteratura per l'infanzia, scegliendo libri che possano introdurre i bambini ai temi della diversità/disabilità. Da oggi è attiva una libreria accanto alla già esistente mediateca, presso gli uffici LEDHA di Milano. L'elenco dei libri disponibili accompagnato da una breve recensione sarà consultabile sia presso la biblioteca stessa, sia comodamente da casa, collegandosi al sito www.ledha.it/mediateca.
La consultazione e il prestito dei volumi sarà gratuita per tutti previa registrazione alla mediateca.
Dal sito sarà inoltre possibile consultare l'elenco dei volumi, che dovranno essere ritirati personalmente presso la sede LEDHA in via Livigno 2 a Milano.
Invitiamo inoltre voi lettori a segnalarci libri di narrativa non presenti nel nostro catalogo che trattano il tema della disabilità. L'obiettivo, ambizioso, della mediateca libri è infatti quello di raccogliere nel tempo il maggior numero di testi che raccontano la disabilità attraverso lo strumento della narrazione, cercando di diffondere anche le opere di autori che difficilmente riescono a trovare spazio negli scaffali delle grandi librerie. Anche organizzando momenti di incontro, letture pubbliche e presentazioni, nei nostri spazi di via livigno 2 o presso biblioteche e librerie sensibili alle tematiche a noi care.
LEDHA offre, inoltre, la possibilità agli aspiranti scrittori e agli accaniti lettori di scrivere una recensione ad un libro a loro particolarmente gradito che sarà poi pubblicato sulla nostra testata on-line Personecondisabilita.it.

Potete inviare le vostre segnalazioni a:
Francesco Villabruna - mediateca@ledha.it

venerdì 28 ottobre 2011

Le mille fragilità della metropoli

                      Salone Editoria Sociale 2011 - Porta Futuro Roma
                       Sabato 29  Ottobre 2011 ore 16.15-18.00 Sala B              
                            via Galvani 106, nel cuore di Testaccio

                                                  
 "Poesie della città"
di Marco Brancia - fotografie di Rocco Luigi Mangiavillano
Edizioni Com Nuovi Tempi - CONFRONTI


I versi ci introducono alle mille facce della fragilità: “ Avere trent’ anni è un lusso,/ avere trent’anni è una comodità,/ trent’anni sono un secolo/ e pare di no.” Un filo sotterraneo collega tutti i componimenti poetici: l’amore, evocato e descritto con semplicità e lirismo: “ C’è un modo per parlare./ C’è un modo per dire ti amo./ C’è un modo per sorridere./ I modi sono tanti, / basta trovarli”.
Il volume, che  è stato curato dalla rivista Confronti, mette in relazione  le poesie di  Marco e una serie di immagini che raccontano momenti del disagio nelle periferie di Roma, realizzate da Rocco Luigi Mangiavillano. Questo racconto ci guida lungo le vie consolari sino ad un quartiere difficile come Tor Bella Monaca. Le poesie entrano così in dialogo con i molteplici aspetti di una metropoli: strade ed edifici segnati dalle difficoltà, migranti in fuga, volti di disabili che chiedono diritti e aspirano ad una personale felicità. Sono proprio le mille fragilità che per fretta, egoismo o crudeltà, non riusciamo  a vedere.
Completano il volume vari contributi  di riflessione critica. Augusto Battaglia fornisce un quadro analitico delle vecchie e nuove forme del disagio sociale a Roma.  Simonetta Salacone riflette sul ruolo della scuola per favorire l' integrazione dei giovani più fragili. Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco, ci invita ad uno sguardo più umano su persone e cose. Anna Maria Torroncelli evoca con sensibilità  gli stimoli che la lettura dei libri apre nell' animo dei giovani. Un gruppo di ragazzi  del gruppo Asperger esprime il proprio parere sul volume, in frasi brevi e paradossali. Infine, Riccardo Pieroni ci racconta la fotografia come sguardo "altro" sulla realtà.
Il libro verrà presentato il 29  Ottobre alle ore 16, 15 al Salone dell’ editoria sociale a Roma.

venerdì 23 settembre 2011

Arriva il Salone dell' Editoria sociale

A giorni verrà diffuso il programma dettagliato della III edizione del Salone dell' Editoria sociale, che si svolgerà a Roma dal 28 Ottobre al 1 novembre 2011. Sarà Porta Futuro, il nuovo spazio, nel cuore di Testaccio, voluto dalla Provincia di Roma e dedicato alla formazione e all’orientamento, ad ospitare la manifestazione di questo anno.
L' iniziativa, che avrà  come tema centrale "Etica e responsabilità pubblica", sarà ovviamente caratterizzata dal nodo della crisi economica e dalla necessità  per i cittadini, le associazioni culturali, i movimenti  di prendere posizione e impegnarsi, indicando soluzioni dal basso, proposte collettive e non solo una generica indignazione.
Goffredo Fofi, direttore de " Lo Straniero" e uno degli organizzatori, illustra nel video   contenuti e impostazione del Salone.

lunedì 19 settembre 2011

Discutendo di politica, in un reparto di oncologia

Che cosa può fare uno che ha pasticciato tutta la vita con la politica e le riviste di cultura, se gli capita per tre-quattro mesi di passare la maggior parte della sua giornata nel reparto oncologico di due ospedali romani? Per non cedere alla disperazione o   cadere nell' autobiografismo sentimentale, non può che continuare a riflettere sul senso  pubblico di un' esperienza, che ha toccato non solo lui, ma la compagna della sua vita.
Non entravo con una certa frequenza in un' ospedale da almeno dieci anni e più. La prima sensazione che salta agli occhi è il rumore e la confusione. Tra uffici amministrativi, corridoi e reparti  si affanna   un flusso continuo, innarestabile di anziani, ragazzi, immigrati, gente di ogni età, irritata per la propria fragilità e la difficoltà di avere un servizio in tempi rapidi. E' evidente che l' aumento della popolazione e la carenza di investimenti hanno scaricato sull' ospedale generale tutte le tensioni e i conflitti della società.
Questo appare chiarissimo a chi è costretto a sostare al pronto soccorso: con differenze che possono variare di intensità, tra un ' ospedale e l' altro, il pronto soccorso è una metafora significativa di questa funzione di discarica sociale, svolta da troppe strutture ospedaliere nelle grandi metropoli. Decine di malati in attesa tra sedie, barelle, ecc. in una confusione spesso isterica che mette in conflitto malati con  problemi drammatici, sofferenti psichiatrici arrivati in ospedale chissa da dove, anziani in cerca di un conforto più che di una diagnosi. Una situazione abbastanza allucinata che Scorsese ha raccontato magistralmente in Al di là della vita.
Questa confusione alla fine viene governata abbastanza bene da un personale medico e paramedico, vittima ormai da anni di crescenti pressioni sociali ed economiche (blocco del turn-over, privatizzazione diffusa di molti settori, ecc). Capita di osservare medici al limite del collasso, dopo otto, nove ore di lavoro, che devono formulare in un attimo una diagnosi a mezzanotte o all' una del mattino: e malgrado tutto riescono a risolvere molte situazioni.
Questa  tensione nelle relazioni tra medici, personale paramedico e pazienti, spesso si trasferisce nei reparti in cui la lunghezza di turni e la scarsezza di personale pesa sulla qualità del servizio. Camminando per i corridoi, si  nota, ad esempio, come l' afflusso di anziani sopra i settanta e gli ottanta ' anni richieda un tipo di assistenza personalizzato che oggi l' ospedale generale non è in grado di fornire. Spesso quest' incapacità genera anche qui pesanti conflitti psicologici.
C'è un solo luogo in cui quest' angoscia latente sembra in gran parte placarsi; ed è nei reparti oncologici. Qui la tensione si scioglie, per ragioni evidenti: malgrado i progressi della medicina, il tumore resta nell' immaginario delle persone una minaccia opprimente. Questa sensazione, che è sottesa ai comportamenti di medici e operatori, crea una sospensione dei conflitti, una sorta di dolcezza controllata che allevia la permanenza e lascia il posto ad un clima  di temporanea solidarietà.
Ho portato via da questa esperienza una convinzione profonda, che è morale e umana, prima ancora che politica. E' una convinzione banale, ma che tendiamo tutti a dimenticare. La salute non è argomento che possa essere ridotto ai parametri delle compatibilità economiche tradizionali. Intorno alla percezione di se, del proprio corpo e della propria sopravvivenza, si intrecciano mille tensioni, la maggior parte delle quali inconsce: il corpo diviene un campo di battaglia tra istinto di morte e tendenza alla vita e all' apertura verso l' altro. E' un orizzonte culturale che oggi il pensiero democratico non sembra in grado di  cogliere, preoccupato come è di problemi di basso profilo. Una delle ragioni della diffusione della paura e della chiusura verso l' altro sta forse  in questa incapacità  da parte dei  "progressisti" di cogliere la dimensione antropologica di problemi come la salute dentro la crisi di questa  modernità  angosciosa.

martedì 6 settembre 2011

Ritorna a Roma il Salone dell' Editoria sociale

Al via la III edizione del Salone dell’Editoria Sociale incentrata sul tema
ETICA E RESPONSABILITÀ PUBBLICA
Roma 28 ottobre – 1 novembre 2011



Le vicende della crisi economica in corso, i provvedimenti iniqui della manovra governativa sono una conferma drammatica delle domande urgenti, poste in questi anni dal mondo dell'editoria sociale. Come si risponde alla diffusione delle nuove povertà? Quali politiche vanno messe in atto per fare fronte alla questione dell' immigrazione, che si conferma il nodo decisivo dell' era della globalizzazione?
Le varie manifestazioni non trascurano un ' altro tema centrale in un paese che tende a ignorare troppo spesso le proprie responsabilità civili : quale testimonianza il cinema e la letteratura possono e devono dare di fronte a ingiustizie sociali e violenze crescenti? Molta attenzione viene dedicata anche a forme espressive importanti come la fotografia e la graphic novel.
Il Salone dell’editoria sociale approda alla terza edizione con tante novità e un tema che sarà il filo conduttore: etica e responsabilità pubblica. Non si esce infatti da questa crisi senza la presa d' atto che ci occorre un profondo rinnovamento etico: e si tratta di un rinnovamento che dovrebbe coinvolgere tutti, cittadini e istituzioni.
Tanti gli incontri e le presentazioni di libri che si rivolgono a un pubblico vasto, non specialistico, e che ha a cuore il ruolo e l’impatto sociale dell’editoria. L’obiettivo è quello di mettere in contatto il mondo dell’editoria, quello del lavoro sociale, le istituzioni pubbliche. In particolare si prevede l’organizzazione di tavole rotonde e incontri, presentazioni di libri e novità, interviste ad autori o a note personalità, iniziative di carattere artistico-culturale (mostre, spettacoli, concerti).
Sul sito del Salone, ove a giorni verrà pubblicato il programma, potete trovare tutte le indicazioni per la partecipazione: http://www.editoriasociale.info/