" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

domenica 28 febbraio 2010

Una vita tra le nuvole

Sin dall'avvento del sonoro, nel cinema americano la commedia é stata un genere narrativo capace di interpretare i sogni e gli incubi dell' uomo medio anticipando le tendenze della società. Temi come i cambiamenti della coppia e l' ambiguità sessuale sono stati raccontati da registi come Howard Hawks e George Cukor (Susanna, 1938; La costola d' Adamo, 1949), o quello della povertà da Preston Sturges ( I dimenticati, 1941) .
Negli ultimi decenni, con l' avvento della società urbana e della metropoli, viene a volte affrontato un argomento centrale nella nostra vita concreta: il tempo, il modo come ci opprime nel lavoro o come lo perdiamo inultimente nel consumo. Basti citare, tra i tanti, molti film di Jerry Lewis o quel Ricomincio da capo (1993) di Harold Ramis, divenuto con gli anni un piccolo mito. In quella commedia, un cinico presentatore televisivo, che curava una rubrica di meteorologia, si trovava invischiato in una bolla temporale, costretto a ripetere ogni giorno le stesse situazioni della propria vita. Con una faticosa presa di coscienza imparava - alla fine- a usare le proprie giornate con un altro ritmo, cambiando la propria visione morale.

Ma si può vivere senza pesi?

Anche Ryan Bingham, il protagonista di Tra le nuvole ( 2009) di Jason Reitman, usa il proprio tempo in un modo singolare: il suo tipo di lavoro condiziona interamente il rapporto che stabilisce con gli uomini. E' un “tagliatore di teste”, uno di quei tecnici chiamati dalle aziende in crisi per licenziare i dipendenti giudicati in esubero. Si muove in tutte le aree del paese, trascorrendo la maggior parte del proprio tempo in aereo e sulle poltrone delle sale d'attesa. Orgoglioso della propria abilità, si è costruito una corazza psicologica, che lo rende impermeabile ai rapporti umani.
E' affetto dalla stessa anoressia emotiva del protagonista di Ricomincio da capo: negli esseri umani che gli capitano di fronte, non sa vedere altro che dei numeri. La sua unica preoccupazione è quella di conquistare i premi e i privilegi economici previsti per i successi raggiunti: ovvero quando riesce a cacciare più persone possibili dal proprio posto di lavoro.
Tenta di convincersi che si possano vivere i rapporti umani senza pesi. Vuole muoversi nell' esistenza leggero come viaggia tutto l'anno sugli aerei, con pochissimo bagaglio. Ma muoversi nella vita concreta degli uomini è più complicato: come accade spesso nel cinema americano, saranno due donne a aprire varchi dolorosi nella sua coscienza.
Costruito con rigore – attori efficacissimi, battute taglienti, tra cinismo e melanconia - il film di Reitman ha i modi e la tecnica di un prodotto di genere e cerca apertamente il consenso del grande pubblico.
Ma tra le pieghe di una narrazione elegante emerge un' angoscia autentica per la vita che ogni giorno conduciamo nel mondo del lavoro e nelle strade della città. Osservate la compassione dolorosa con cui il regista lavora sui volti degli impiegati che vengono licenziati: una sfilata di caratteri imperdibile che vi farà amare questo film.

( Pubblicata sul n. di marzo 2010 di Confronti)

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