" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

martedì 16 novembre 2010

Uomini di Dio

Nel 1996, una comunità di monaci benedettini svolge la propria missione in un piccolo monastero cirstercense in un villaggio dell' Atlante algerino. Fedeli ad una pratica cristiana rigorosa e solidale, i monaci intrattengono con la popolazione di religione islamica un rapporto di serena collaborazione, malgrado le tensioni politiche e religiose che agitano la regione. Non solo svolgono una attivistà di assistenza sanitaria, ma vivono i problemi quotidiani di quella comunità. Si veda, tra le altre scene, il dialogo ironico e umanissimo tra uno dei religiosi e una ragazza sul tema dell'' amore.
Minacce di guerra
Ma la minaccia del fondamentalismo e di una guerra dalle origini oscure, che in Algeria provocò migliaia morti, si fa mano a mano più vicna e incombente. Si apre per i religiosi una fase durissima che imporrà scelte dolorose. L'esercito viene a presidiare il monastero e l'abate della comunità, dopo una difficile discussione con gli altri fratelli, decide di rifiutare la presenza dei soldati, trovando qualche opinione contraria. Poi un gruppo di terroristi penetra nel convento chiedendo un aiuto medico per dei militanti feriti. Di qui tutti gli interrogativi – religiosi e morali – che si possono immaginare sino ad un epilogo tragico.
Il regista francese Xavier Beauvois racconta in Uomini di Dio ( 2010) la vicenda autentica di sette monaci francesi , sequestrati e poi uccisi nel maggio di quell' anno. Non era facile, come si usa dire in questi casi, sfuggire alla tentazione della prospettiva agiografica e predicatoria. Beauvois ha lavorato sopratutto sui tempi narrativi, e quindi in sede di sceneggiatura. La narrazione è scandita dal rapporto tra le vicende del convento e quelle del mondo esterno. La vita dei monaci si svolge tra i riti, le preghiere e i canti che danno al film una tono solenne, di una religiosità intensa e semplice.
I profili psicologici dei diversi membri sono del tutto privi di retorica: siamo di fronte ad uomini concreti, con le debolezze e le paure di ogni altro essere umano.
Un invito al dialogo
Al tempo interiore, fatto di silenzio e ascolto, si contrappone quello del mondo esterno: violenza e impossibilità di un dialogo tra diversi. Il film è politicamente preciso nel delineare le diverse componenti di una guerra civile con molte ambiguità politiche. Negli anni successivi emersero anche su questa strage sospetti e complicità.
Da un lato, l' esercito governativo contrapposto a un gruppo integralista, descritto con efficacia realistica, ma un po' di eccesso melodrammatico. Dall' altro vi è il pudore amichevole del villaggio che considera il convento parte della propria vita quotidiana.
Da questa vicenda poteva uscire un invito ad esaltare la superiore maturita della cultura occidentale e della religione cristiana rispetto ad un mondo islamico dipinto come violento e inferiore. Xavier Beauvois ci offre invece una riflessione etica sulla difficoltà interiore di fare le scelte giuste in un mondo dominato dalla follia e dalla morte. Il film è un invito alla responsabilità etica e al rispetto reciproco. All' uscita, rimangono nella memoria le parole di un religioso: " Non ho paura dei terroristi, ancora meno dell'esercito e nemmeno della morte, sono un uomo libero".


(in uscita sul mensile Confronti)




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