" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

martedì 26 ottobre 2010

Educatori e società

Una nota di Gioacchino De Chirico- dal Corriere della Sera, 21 Ottobre 2010
Si consumano sempre più spesso appelli a “dare il buon esempio”. Nei luoghi pubblici, nello sport, in televisione, nell’arena politica si combatte a colpi di buone pratiche civili, rivendicate ma costantemente negate in nome della logica del più forte, del più furbo o del più “cattivo”. Un termine quest’ultimo usato invece come complimento pari a un altro, altrettanto equivoco, che è quello di “cinico”. Perché essere “cinici”, per molti, vuol dire essere in gamba.
Effettivamente chi ha un ruolo pubblico dovrebbe sentire con forza il dovere di stili personali all’altezza della sua posizione, sia un politico, un personaggio dello spettacolo, uno sportivo o un intellettuale.
Ma non si tratta di buone maniere. Si tratta della consapevolezza di essere, direttamente o indirettamente, anche “educatori”. Come il sindaco Vassallo ucciso dalla camorra, don Ciotti, il fondatore di Libera o don Tonino Bello. Come molti cittadini impegnati nella vita pubblica e sociale, spesso accanto ai più deboli, nella politica, nel lavoro, nella scuola e nel volontariato. Costoro “insegnano”, senza cattedre né pulpiti. Riescono cioè a dare un senso “sociale” al loro agire.
Alla funzione dell’educatore è dedicata la seconda edizione del Salone dell’editoria Sociale che si tiene a Roma a partire dal prossimo venerdì 22. Una manifestazione piccola ma di grande importanza che, tra l’altro, offre l’occasione per ragionare sul fatto che stiamo demolendo il bene più prezioso per la vita di ciascuno di noi: la società. Un processo spiegato magistralmente da Saskia Sassen, intellettuale americana ospite proprio della prima giornata del Salone.
Mentre la società perde i suoi elementi aggreganti, molti cercano rifugio in piccole e improbabili identità di territorio, famiglia e clan chiusi che tendono a vedere nemici in chiunque sia diverso da loro. Che vivono l’ingiustizia non come problema a cui porre rimedio, ma come condizione ineluttabile in cui si cerca di chiudere gli altri per salvare se stessi. E la politica sbaglia quando inventa solo sanzioni ogni volta che un problema affiora. Non soluzioni, ma prove di forza. Decisamente un “cattivo esempio” per i cittadini di oggi e di domani

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