Rimetto in rete questo testo sulla versione online di Alternative (28 giugno 2007), che gira ancora on line. La situazione delle riviste di cultura non è mutata di molto.
Ci si può domandare legittimamente perché interessarsi ancora di riviste di cultura, in un‘ epoca in cui la riflessione critica sembra tutta risucchiata dentro le fantasmagorie dell’ universo mediatico. In realtà negli ultimi anni si è manifestato, in forme diverse, un forte ritorno di attenzione verso il mondo delle riviste. Innanzi tutto è rimasta assai costante l’attenzione degli studi specialistici intorno alle riviste “ storiche ” , come parti imprescindibili della nostra memoria collettiva. Cito per tutti due fenomeni importanti: il progetto CIRCE ( Catalogo Informatico Riviste Culturali Europee), nato nel 1998 nell’ ambito della Facoltà di Lettere e filosofia di Trento; il convegno promosso nel 2001 dalla Fondazione Luciano Bianciardi di Grosseto su Riviste di cultura e industria della comunicazione che analizzava le esperienze degli ultimi anni, alla luce anche dei nuovi cambiamenti tecnologici. L’ interesse per le riviste non sembra essere né episodico, né frutto di un’ esclusiva curiosità archeologica. Lo hanno testimoniato due raccolte di saggi uscite da Minimum Fax nel 2005 e nel 2006, che raccoglievano sotto il titolo Best Off una vasta produzione di saggi, interventi, polemiche, pubblicati sia su riviste cartacee che su periodici on line. In particolare, l’ edizione 2006, curata dallo scrittore Giulio Mozzi, ha documentato la pluralità di esperienze, polemiche culturali che attraversano la rete e si riverberano poi sulle pagine delle riviste a stampa e dei giornali nazionali ( citiamo, tra tante, il caso di una rivista letteraria on line come Nazione Indiana coordinata da Tiziano Scarpa).
Qualche domanda sulle riviste di cultura
Porsi qualche domanda sulla permanenza della rivista di cultura nel nostro panorama culturale ha quindi un senso ben preciso. La rivista nella forma tradizionale, o in quella più labile e variegata della pubblicazione on line, rappresenta - per dirla in estrema sintesi - il punto di snodo per tutti quei processi di trasformazione della produzione intellettuale che la sociologia e gli storici dell’editoria da un quindicennio e più stanno scavando. Nello stesso periodo, si sono accentuati i processi di subordinazione e massificazione del lavoro intellettuale all’ interno di un’ industria della comunicazione ormai globalizzata. Non a caso la riduzione a merce del lavoro culturale e del libro è uno dei temi fondamentali che emerge sia nelle riviste che nei blog di molti critici e scrittori. Si veda in Best Off 2006 tutta l’ analisi del successo di massa di libri seriali che sono il risultato un vero proprio progetto industriale, come i best seller di Giorgio Faletti. Tutta la riflessione sul destino della lettura nell’ occidente industrializzato ( sollecitato da tempo da libri come quelli di Andrè Schiffrin ) è segnata dal timore, da un‘ ansia crescente per la perdita di quella relativa autonomia del lavoro culturale, tipica di fasi precedenti dello sviluppo. In Italia vi è poi una peculiarità che ci appartiene. Il nostro paese è arrivata a questa ondata di modernizzazione post - industriale oppresso dal fardello di residui medievali, privilegi di casta e retaggi corporativi. In questo contesto, le riviste hanno svolto spesso un ruolo di cerniera tra le istituzioni, i lettori e una società civile troppo gracile, debolissima, in cui il pluralismo culturale e la modernità europea non si sono mai affermati pienamente ( si pensi al Risorgimento o agli anni venti).
(1/ continua)
Un blog sulla comunicazione sociale, intesa in un' accezione molta larga. Cinema, teatro, libri, notizie e tanto altro!
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