Alla fine degli anni cinquanta,
la questione dell’ Algeria lacerava la società francese, tra chi voleva abbandonare un ruolo coloniale giudicato ormai anacronistico e chi difendeva
la missione civilizzatrice della Francia ( e la vita di migliaia di coloni che per ostacolare la lotta del Fronte di liberazione nazionale scatenarono
una violenta reazione, durata anni).
In questo clima di conflitto tra culture e gruppi etnici, uno scrittore francese, Jean Cormery, torna
nella sua patria d'origine con due
obiettivi. Vuole parlare all’ università per difendere pubblicamente la sua visione di una soluzione politica della
questione algerina: la sua lotta è per un
paese in cui francesi e mussulmani
possano convivere in pace.
Ma il protagonista del film di Gianni
Amelio, Il primo uomo, ha anche un intento privato, forse più difficile di quello pubblico. Vuole
ritrovare le proprie radici. Va a trovare la madre malata, si mette alla ricerca dei luoghi della sua
infanzia e dei ricordi del padre, morto
nella prima guerra mondiale. Il principale di questi testimoni è il suo
insegnante, che aveva convinto la
famiglia poverissima a far studiare un
ragazzo intelligente e sensibile.
Il film è tratto dal romanzo postumo di Albert Camus (
pubblicato da Bompiani), mai completato
e uscito dopo molti anni. Amelio ha ben presente la figura dell’ intellettuale francese,
esponente di una filosofia esistenziale
lucida e militante, rimasto però estraneo ad ogni intruppamento ideologico (
celebri le sue polemiche con i comunisti francesi e con Sartre sull’ Algeria).
La narrazione di Amelio procede tra il
presente e il passato doloroso del bambino, afflitto dall’ impossibilità di trovare amici tra i suoi compagni di classe, provenienti da famiglie mussulmane. Il dominio coloniale e la diversità tra le
due culture segnano la sua formazione intellettuale e la sua vita
emotiva. Convinto assertore dell’ indipendenza del paese, da adulto cercherà
di convincere algerini e francesi a
rifiutare la violenza, in nome delle ragioni di una giusta convivenza.
L’ autore de Il Ladro di bambini non smentisce
il suo tradizionale attaccamento al pudore stilistico e alla riduzione
degli effetti esteriori. Visto il tema, si potevano temere predicozzi banali da film “ impegnato”. Il racconto
procede invece per scorci emotivi, con un
lavoro critico sui volti e sulle
emozioni, che trova nella figura commovente della madre l’ elemento di coesione. Servito da un complesso di attori eccellente,
Amelio innesta il film in un paesaggio
algerino, pieno di colori e suoni vibranti che
accompagnano i rapporti psicologici dei personaggi.
Nell’ insieme,
il racconto mette in tensione il rapporto tra l’ individuo e la storia e
fa emergere con forza il valore fondamentale che Amelio vuole salvare : l’ umanità delle
vittime, senza distinzioni di parte, quelle vittime che la violenza della
storia travolge senza pietà. Per Amelio
( e per Camus) è impossibile cedere ad una visione machiavellica del mondo,
che escluda dall’ analisi il giudizio
morale. Il film ci invita a valorizzare la memoria,
intesa non solo come rifugio
crepuscolare, ma come strumento critico per ricostruire
vicende private e conflitti pubblici, in uno spirito di dialogo e di apertura all’ altro.
Se è possibile usare una sintesi rozza, potremmo dire
che siamo di fronte ad un’ opera pervasa
di spirito “ umanistico”. Non è poco e non a caso il pubblico sta rispondendo
benissimo.
Umberto Brancia
Umberto Brancia
Nessun commento:
Posta un commento