Edizioni dell' Asino, 2011, 12 euro, pp. 225
Nel dibattito pubblico non si parlava da diversi anni di uno studioso come Ivan Illich, morto nel 2002. Filoso, teologo ( e molto altro), la sua opera aveva svolto un ruolo importante per chi si
affacciava alla conoscenza e all’
impegno civile negli anni settanta del Novecento.
Opere come Descolarizzare la società e Nemesi Medica avevano suscitato allora polemiche
e discussioni vere. Illich vi ha analizzato i conflitti e le ineguaglianze di un modello
sociale, fondato sempre di più sul potere alienante dei
tecnici e degli “esperti”. Sulla scia di una riflessione che occupa tutto il Novecento, i suoi libri individuarono nella forza
manipolatrice della tecnica” il nodo centrale della modernità e delle sue
contraddizioni.
“.. In tutti i suoi saggi Illich ha sviluppato la tesi
secondo la quale l’ industrializzazione ha
cancellato l’ economia orientata ai valori d’ uso, generando in questo modo la
povertà modernizzata, la cui intensità può essere misurata dalla dipendenza del
singolo dal mercato” ( p.143). Di qui il suo interesse per temi come alienazione e disumanizzazione, che lo
portarono ad un confronto critico e non subalterno con il pensiero di Marx e
con le nuove tematiche ecologiche, già emerse in quegli anni.
Come è noto, Illich avviò un lavoro di esplorazione
intorno al concetto di convivialità, come criterio di una società futura, fuori
dagli schemi del socialismo autoritario e dell’ industrialismo esasperato.
La biografia di biografia Martina Kaller-Dietrich ricostruisce con grande vivacità gli aspetti
dell’ itinerario culturale, politico e spirituale di Illich, in cui la passione
per la vita sociale e una tormentata ricerca sulla fede cristiana si fusero in
un intreccio attualissimo. Un libro appassionato e necessario per capire meglio quello
che sta accadendo nel mondo in questi giorni.
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