Ieri è stata una giornata molto triste per le notizie su tre morti, che rappresentavano in modi diversi un pezzo della mia personale memoria culturale. Lucio Magri e Saverio Tutino erano parte di una memoria politica, quella del Pci degli anni sessanta e settanta: gli entusiasmi per la tumultuosa rivoluzione cubana, che aveva abbattuto un dittatore sanguinario, e l’ ingraismo, con il suo fervore di ricerca, ma anche le tante ambiguità che lo avrebbero portato ad una dispersione disperante.
Come
sempre accade, è l’ immaginario a
muovere le nostre emozioni. A colpirmi profondamente è stata la morte di
Vittorio De Seta. Per tanti della mia età, negli anni della formazione, il
cinema ha svolto un ruolo formidabile di
crescita critica e di apertura emotiva alla realtà: dopo anni di satira
ridanciana e sciocco, forse oggi andrebbe rivisitata l’ utilità pedagogica di
un mondo che è apparso ingenuo a molti.
Vidi
Banditi a Orgosolo - la prima opera del regista siciliano, presentato a Venezia nel 1961 - in
un cineclub romano che avevo cominciato
a frequentare verso il 1965, su suggerimento di alcuni professori del liceo.
La
vicenda di un pastore sardo, divenuto delinquente
per bisogno, entusiasmò tanti per il taglio politico, che De Seta però
non
amava esplicitare troppo nel suo cinema : le opere “ impegnate” di
altri registi sarebbero venute dopo, mentre lui usava un pudore e una
antiretorica
ammirevoli. Colpiva piuttosto l’ attenzione all’ ambiente sociale e all’
umanità dei personaggi, che il regista raccontava
con una discrezione partecipe. Erano
qualità che venivano a De Seta dal suo lavoro di documentarista, ma non
solo. C' era molto di più.
La scuola e la borgata
Una nuova sorpresa venne nel 1972 con Diario di un maestro (1972), trasmesso in quattro puntate l' anno dopo. Tratto dal libro autobiografico di Albino Bernardini, Un anno a Pietralata, narrava con uno stile lineare, semplice solo in apparenza, le giornate di un maestro elementare in una borgata romana. Il film intrecciava l’ analisi della soffocante burocrazia scolastica con la denuncia dell’ emarginazione di un gruppo di ragazzi sottoproletari, ammirevoli per la vivacità e il desiderio di libertà.
De Seta dimostrava un controllo rigoroso degli attori
e dell’ambientazione, mettendoli al servizio della sua passione civile e umana.
Fu un vero e proprio successo di massa,
aiutato dalla bravura di un attore come Bruno Cirino, ma anche dal clima
culturale e sociale dell’ epoca che
vedeva nella scuola uno spazio
indispensabile di crescita civile e di riforma della società. Erano gli anni
dei decreti delegati sulla partecipazione delle famiglie alla vita scolastica.
Non andò così, purtroppo, e in pochi anni quelle speranze si spensero.
Dopo il Diario
di un maestro, De Seta si appartò: il cinema stava andando sempre di più
verso le peggiori derive commerciali e lui amava pensare a lungo i suoi
progetti. Nell’ ultimo decennio, si segnalò di nuovo per due opere molto belle
e piene di stimoli : In Calabria (
1993) e Lettere dal Sahara (2004), che mettevano insieme il suo istinto di documentarista e l’
attenzione alla nuove ansie della società
( l’ emigrazione, ecc.).
C’ è una sua frase che lo racconta meglio di ogni
discorso critico: " Lo sguardo neutrale è una menzogna, specie nel mio
lavoro, dove basta spostare la macchina da presa di pochi centimetri perché
tutto cambi ". La sua morte è stata una perdita vera per il nostro paese,
o almeno per quella parte che vuole continuare a pensare.
Su You Tube vi sono molti materiali sul regista, tra cui la versione integrale di Banditi a Orgosolo. Su questo link trovate tutte le puntate di Diario di un maestro:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-311752ae-09f4-4b9a-a3c4-2fa45587d401.html?#=
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-311752ae-09f4-4b9a-a3c4-2fa45587d401.html?#=
Nessun commento:
Posta un commento