" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

giovedì 8 marzo 2012

La storia spietata di un amore adulto

Sono rari i libri sull’handicap che non riescano a commuovere già ad una prima lettura. Il volume di Massimiliano Verga ( Zigulì. La mia vita dolceamara con un figlio disabile, Mondadori, 2012, euro. 16, 50, p.186) è uno di questi e vale la pena spiegare il perché. Il racconto di vita sulla disabilità è un genere letterario molto diffuso negli ultimi anni e ha quasi sempre lo scopo di catturare l’ emozione del lettore, di suscitarne la partecipazione al dolore altrui.
Padre di un bambino di otto anni con un grave handicap cerebrale, questo docente universitario descrive la sua drammatica esperienza senza le consuete notazioni sentimentali. Il racconto è organizzato in brevi frammenti epigrammatici di poche decine di righe che evocano in gran parte episodi della vita di Moreno, un bimbo di otto anni con un cervello grande come una Zigulì (una celebre caramella degli anni sessanta).
Con apparente freddezza e doloroso sarcasmo, Virga racconta i momenti più intimi (i pasti, il bagno) e quelli pubblici. Ne trasmette le sensazioni attraverso odori e sapori spesso sgradevoli. Man mano che si procede nella lettura si riesce a penetrare il muro di feroce ironia e la corazza di dolore, dietro cui Virga tiene ben viva la sua riserva d’ amore per il figlio con cui deve comunicare per gesti simbolici, indiretti.
In un frammento brevissimo, intitolato “ quando ridi..”, Verga scrive: …non me ne fotte letteralmente un cazzo di quello che mi succede intorno” ( p. 172). Questo amore irato e severo esprime meglio di un mediocre sentimentalismo la condizione estrema di un disabile grave e della famiglia che lo circonda. 
Questi sentimenti hanno molti nomi: ansia, rabbia, angoscia. Ma sicuramente non la pietà, almeno nel senso generico dato a questo termine. “Amo Moreno. Anche se è handicappato. Non sempre ne sono convinto. Ma fatti due conti non riesco davvero a pensare alla mia vita senza di lui. Nonostante tutto. Però ho perso, non so dove, l' amore per me stesso..Sento il bisogno di avere più spazio e più tempo. Per me. Io e il sottoscritto da soli” (p. 110).
Il racconto di Virga è un incitamento ad andare oltre la retorica dei buoni sentimenti, guardando ad una verità che non riusciamo a confessare a noi stessi: la disabilità spaventa o suscita repulsione. L’ autore, raccontando le proprie angosce di padre ci regala la testimonianza di un amore adulto e responsabile verso il proprio figlio.“ .. Non posso nascondere che lui mi ha insegnato a mettere i piedi dove cammino” (p.185).    
              Umberto  Brancia                                                        

 (in uscita sul periodico Vivere insieme)                                                                        

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