Non
si ripeterà mai abbastanza un concetto
banale, ma che aiuta ad erodere lo schema culturale di un certo pensiero
progressista piuttosto ipocrita. A proposito dei disabili, non è vero che
vogliamo per loro l'accettazione e l'integrazione, non è vero, come sosteniamo
spesso di pensare, che li consideriamo " una risorsa per la società
". In realtà, nel nostro intimo, la ferita inferta al corpo o alla psiche
di un altro essere umano ci mette in imbarazzo, ci chiama a delle responsabilità che spaventano: sentiamo minacciati
i nostri fragili equilibri. Come del resto, non è vero che i disabili siano buoni: la
malattia spesso avvelena il carattere,
rendendoci perfidi.
Una
premessa necessaria per parlare di un film, che
ha avuto un enorme successo grazie alla capacità di rompere tutte le
convenzioni del politicamente corretto rispetto ai disabili: "Quasi
amici" di Eric Toledano e Olivier Nakache affronta il problema dell'
handicap grave, adoperando uno schema classico nella storia della commedia: la
contrapposizione tra due personaggi opposti per carattere, cultura e condizione
sociale. Qui la novità è che uno dei due è un tetraplegico completamente
paralizzato dopo un incidente avvenuto
durante una pericolosa prova di parapendio.
La nascita di un' amicizia duratura
Philippe, un aristocratico parigino molto ricco, decide di assumere come infermiere e accompagnatore un giovane africano della banlieue, che lo attira immediamente per il suo comportamento sboccato e fuori dalle regole sociali. Driss ( è il suo nome) ha tutti quelli che per il suo nuovo padrone dovrebbero essere dei difetti: è incolto, sboccato, rumoso, non ama la musica classica, ma gli ultimi prodotti della musica popolare più fracassona. Philippe non può più amare le donne, mentre Driss non riesce ad avvicinarne una senza saltargli adosso.
Paradossalmente
( ma non troppo) da questi contrasti
nasce lentamente, tra equivoci, discussioni e scene esilaranti, un' amicizia profonda e commovente. Il film, oltre ad un ' enorme successo, ha suscitato
anche molte discussioni. La
demitizzazione della condizione dell' handicappato, le prese in giro rivolte dal protagonista allo
stupito tetraplegico sono apparse offensive.
La
chiave per giudicare sta in una frase
che Philippe dice, a metà del film, ad un amico che lo mette in guardia da un’individuo poco raccomandabile. Riassumo a memoria: "Driss è
offensivo, magari violento, ma non mi compatisce, è vivo."
Il
protagonista sente in realtà che il suo interlocutore gli sta regalando
qualcosa di importante: un frammento di
quelle sensazioni vitali e autentiche che pensava di aver perso per sempre.
I
due registi non risparmiano nessuna delle situazioni tipiche della commedia cinematografica: gli
inseguimenti della polizia dopo una corsa nella notte in macchina; il volo in
parapendio di un Driss terrorizzato, le prostitute, ecc. Ma
la furiosa vitalità del protagonista, interpretato da uno scatenato Omar
Sy, ha il sopravvento sulle convenzioni narrative. Alla fine, il film si rivela, per quello che realmente è
: un ' inno ragionevole e umano al
rispetto reciproco e all' amore tra gli uomini, raccontatto senza retorica e
pesantezze idelogiche.
C'
è infine un altro elemento che dà spessore al film. L' amicizia tra il raffinato intellettuale francese
e il vitale ed aggressivo africano è un'
evidente metafora dei rapporti difficili tra il Nord e il Sud del mondo. Tratto
da storia vera, uscita in Italia con il titolo Il diavolo custode (
Ponte alle Grazie, 2012 ), è un invito ad una speranza di dialogo tra culture diverse, svolto con allegra
furbizia. Buona visione.
( in uscita sul mensile Confronti)
( in uscita sul mensile Confronti)
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