La vicenda riportata da Repubblica alcuni giorni
fa di una persona disabile che a Napoli, a margine di un vertice che vedeva la
presenza del Presidente del consiglio Monti, ha cercato di darsi fuoco per un
debito di mille euro di cui la locale ASL chiedeva il pagamento, mi ha
riportato alla mente un aspetto di cui poco si tiene conto. Ovvero il tema del risarcimento che le pensioni di
invalidità incarnano e l'ambiguità che a questo aspetto è irrimediabilmente
connessa. Non so se per il signore napoletano, scampato fortunatamente al
tentativo di suicidio per la prontezza di un poliziotto, si trattasse di un
debito connesso alla invalidità o altro, ma l'episodio mi permette di far
arrivare pensieri alla mente e di mettere insieme tante impressioni raccolte
nei 37 anni in cui, tra luci ed ombre, convivo, non sulla mia personale pelle,
con il tema della disabilità.......
"C'era una volta" si potrebbe dire come in
ogni favola; la storia di cui stiamo parlando comincia ventuno anni fa sulle
pagine di Rassegna stampa handicap, una rivista che ora non esiste più. Anche
allora, se ben ricordiamo, era appena terminata una delle tante cacce ai falsi invalidi che si sono
susseguite da trent'anni a questa parte e tutte risoltesi, sostanzialmente, in
un bluff.
In realtà nella storia di allora non si parlava di pensioni tolte, ma di un banale errore nelle modalità di emissione dei mandati a cui, assicurava il Ministero, si sarebbe ovviato in pochi giorni. Eppure, come allora, tra l'invalido e la "sua" pensione (il virgolettato non è casuale, serve a sottolineare) esiste un rapporto complesso, che va al di là della sola valenza economica, e mette in campo molti degli aspetti che la cultura della nostra società incarna nei confronti della disabilità; aspetti spesso attraversati da elementi di ambiguità, sia nella percezione sociale sia in quella della persona disabile verso se stessa.
In realtà nella storia di allora non si parlava di pensioni tolte, ma di un banale errore nelle modalità di emissione dei mandati a cui, assicurava il Ministero, si sarebbe ovviato in pochi giorni. Eppure, come allora, tra l'invalido e la "sua" pensione (il virgolettato non è casuale, serve a sottolineare) esiste un rapporto complesso, che va al di là della sola valenza economica, e mette in campo molti degli aspetti che la cultura della nostra società incarna nei confronti della disabilità; aspetti spesso attraversati da elementi di ambiguità, sia nella percezione sociale sia in quella della persona disabile verso se stessa.
Alcune pensioni sono erogate, recita la legge, "a titolo della minorazione",
ovvero indipendentemente dal reddito, dall'età o da altri parametri legati alla
singola persona. Costituiscono il riconoscimento che le difficoltà dovute ad
una disabilità necessitano (e necessitavano ancor più all'epoca dei primi interventi
legislativi in materia) di una sorta di risarcimento da parte della società.
La MIA persona. La MIA disabilità. La MIA pensione. Un risarcimento, ma anche "uno sguardo su" che lo Stato assicura a fronte di pensieri che spesso, nel profondo, si chiedono se Dio sia stato giusto o se i genitori siano del tutto esenti da qualche colpa.
La MIA persona. La MIA disabilità. La MIA pensione. Un risarcimento, ma anche "uno sguardo su" che lo Stato assicura a fronte di pensieri che spesso, nel profondo, si chiedono se Dio sia stato giusto o se i genitori siano del tutto esenti da qualche colpa.
"La colpa di qualcuno dovrà pur essere"
disse un giorno Michele, ed aveva ragione a pensare così. Si, aveva ragione
dentro al suo personale, unico, irripetibile percorso per comprendere quello
che gli era capitato e conviverci, nonostante tutto, con rispetto e dignità.
Ecco perchè le ennesime cacce ai falsi invalidi del Governo appena passato, le proposte di riforma dell'invalidità, pur con aspetti di ragionevolezza nel volerla legare eventualmente al reddito, o all'ISEE, o di trasformarla in una "dote assistenziale" gestita della Regioni, ripropongono l'ambiguo tema del risarcimento. Che è un tema reale, impresso a fuoco nella carne di molti, forse più sentito per chi disabile lo è dalla nascita. Tema con il quale sarebbe sciocco pensare di non fare i conti o liquidare sommariamente nel capitolo delle cattive abitudini o dei retaggi che non debbono più esistere o che non possiamo più permetterci per via della crisi.
Ecco perchè le ennesime cacce ai falsi invalidi del Governo appena passato, le proposte di riforma dell'invalidità, pur con aspetti di ragionevolezza nel volerla legare eventualmente al reddito, o all'ISEE, o di trasformarla in una "dote assistenziale" gestita della Regioni, ripropongono l'ambiguo tema del risarcimento. Che è un tema reale, impresso a fuoco nella carne di molti, forse più sentito per chi disabile lo è dalla nascita. Tema con il quale sarebbe sciocco pensare di non fare i conti o liquidare sommariamente nel capitolo delle cattive abitudini o dei retaggi che non debbono più esistere o che non possiamo più permetterci per via della crisi.
Insomma penso che questo vecchio racconto intitolato Blu e cromature (con i bei
disegni dell'amico Massimo Semerano) abbia ancora qualcosa da suggerire anche
dopo 22 anni e, insieme, tenendo conto che 22 anni sono passati.
Andrea Pancaldi
( pubblicato su Bandiera Gialla)
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