Continuano ad arrivare
sullo schermo molte commedie sulla tema della difficoltà dell’
incontro tra individui con differenti culture, identità e
condizioni di vita. Si va dal nodo del rapporto tra religioni cristiane
e altri mondi in opere come E ora dove andiamo? di Nadine
Labaki o La sorgente dell’ amore di Radu
Mihailehanu. Qui vengono analizzati con ironia ben calibrata i
dilemmi dell’ integralismo, la pulsione alla guerra e alla distruzione del
nemico. Sul versante della diversità fisica, del modo distorto di
guardare all’ handicap, sta invece registrando un grande successo un buon film
come Quasi amici di Eric Toledano e Olivier Nakache.
Ci si potrebbe interrogare sulle
ragioni profonde della scelta del genere comico per parlare di problemi così
drammatici, legati ai conflitti sulla diversità. Direi che la ragione è
una. L’ ironia, se usata con equilibrio e distacco, permette di guardare
con maggiore profondità a questioni che hanno aspetti assai
complessi da dipanare. Non a caso si tratta in gran parte di film che vengono
dalle culture extra-europee, che cercano la strada della comicità per
esorcizzare un poco le tragedie di molti paesi.L’ argentino Sebastián
Borensztein tenta la stessa strada in Cosa piove dal cielo?
( 2011), con risultati che definire felici è poco. Roberto,
proprietario di un modesto negozio di ferramenta a Buenos Aires, vive una
vita grama e piena di rancore verso il suo ambiente, e addirittura verso il
mondo. Odia i suoi clienti, i vicini di casa e il governo: in preda ad una
nostalgia edipica della madre morta, non capisce nemmeno una splendida ragazza
che lo ama di un sentimento disinteressato.
Come tutti i nevrotici, ha alcune
manie singolari e innocue. Tra l’altro, gli piace andare all’ aeroporto ad
osservare il traffico degli aerei: un’ evidente desiderio di evasione, di cui
non riesce ad avere vera consapevolezza. Il destino viene a sconvolgere la sua
vita inquieta. Un taxi gli vomita letteralmente accanto un povero
passeggero cinese, che parla soltanto un incomprensibile dialetto. Dopo qualche
resistenza lo porta a casa, nella speranza di poterlo aiutare a
trovare in breve tempo un zio emigrato anni prima in Argentina.Tra
mille equivoci esilaranti e una serie di situazioni paradossali, ma non
troppo, la ricerca ovviamente durerà tutto il film. Il proprietario
del negozio vede sconvolta la sua quotidianità, fatta di regole stereotipate,
e il povero cinese si rivela invece un’ uomo sensibile e colto, segnato
da una tragedia atroce e incomprensibile. Il regista adopera con eleganza e
umanità una modalità che funziona spesso, se si riesce ad usarla bene:
sottrae effetti, facendo scaturire la comicità dai silenzi e dalle pause. Il
film riesce così a raccontarci non solo una bella storia di amicizia tra
due individui di mondi lontani, ma fa anche emergere con discrezione
alcuni motivi universali: il maschilismo e il familismo di Roberto
( che si scioglie alla fine del film); la guerra e la violenza, che hanno
segnato la storia dell’ Argentina. Da non dimenticare poi la
valorizzazione del ruolo della donna: l’ innamorata del protagonista
è dotata di un sano spirito anticonformista, che apre la storia ad
un filo di speranza.
Sebastián Borensztein ha una lunga esperienza
come produttore e autore di serie televisive. Con questa seconda opera ha
ottenuto molti riconoscimenti, per la sensibilità che dimostra nel raccontare
storie solo apparentemente marginali. Non è poco, mentre il cinema europeo e americano
sembrano ancora procedere alla giornata.
( in uscita sul
mensile Confronti)
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