" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

lunedì 16 aprile 2012

Le novità a volte cadono dal cielo

Continuano  ad arrivare  sullo schermo  molte commedie sulla  tema della difficoltà dell’ incontro tra  individui con  differenti  culture, identità e condizioni di vita.  Si va dal nodo del rapporto tra religioni cristiane e  altri mondi in opere come  E ora dove andiamo? di Nadine Labaki  o  La sorgente dell’ amore di  Radu Mihailehanu. Qui vengono  analizzati con ironia ben calibrata i dilemmi dell’ integralismo,  la pulsione alla guerra e alla distruzione del nemico. Sul versante della diversità fisica, del  modo distorto  di guardare all’ handicap, sta invece registrando un grande successo un buon film come   Quasi amici di Eric Toledano e Olivier Nakache.
Ci si potrebbe interrogare sulle ragioni profonde della scelta del genere comico per parlare di problemi così drammatici, legati  ai conflitti sulla diversità. Direi che la ragione è una. L’ ironia, se usata con  equilibrio e distacco, permette di guardare con maggiore profondità  a questioni  che hanno aspetti assai complessi da dipanare. Non a caso si tratta in gran parte di film che vengono dalle culture extra-europee, che cercano la strada della comicità per esorcizzare un poco le tragedie di molti paesi.L’ argentino Sebastián Borensztein  tenta la stessa strada in Cosa piove dal cielo?  ( 2011),  con  risultati che definire felici è poco. Roberto, proprietario di un modesto negozio di ferramenta a Buenos Aires,  vive una vita grama e piena di rancore verso il suo ambiente, e addirittura verso il mondo. Odia i suoi clienti, i vicini di casa e il governo: in preda ad una nostalgia edipica della madre morta, non capisce nemmeno una splendida ragazza che lo ama di un sentimento disinteressato.
Come tutti i nevrotici, ha alcune manie singolari e innocue. Tra l’altro, gli piace andare all’ aeroporto ad osservare il traffico degli aerei: un’ evidente desiderio di evasione, di cui non riesce ad avere vera consapevolezza. Il destino viene a sconvolgere la sua vita inquieta.  Un taxi gli vomita letteralmente accanto un povero passeggero cinese, che parla soltanto un incomprensibile dialetto. Dopo qualche resistenza  lo porta a casa, nella speranza di poterlo  aiutare a trovare in breve tempo un zio  emigrato  anni prima in Argentina.Tra mille equivoci esilaranti e una serie di situazioni paradossali, ma non troppo,  la ricerca ovviamente durerà tutto il  film. Il proprietario del negozio vede sconvolta la sua quotidianità, fatta di regole stereotipate,  e il povero cinese si rivela invece un’ uomo sensibile e colto, segnato da una tragedia atroce e incomprensibile. Il regista adopera con eleganza e umanità una modalità  che funziona spesso, se si riesce ad usarla bene: sottrae effetti, facendo scaturire la comicità dai silenzi e dalle pause. Il film riesce così a raccontarci  non solo una bella storia di amicizia tra due individui di mondi lontani, ma  fa anche emergere con discrezione alcuni motivi universali:  il maschilismo e il familismo  di Roberto ( che si scioglie alla fine del film);  la guerra e la violenza, che hanno segnato la storia dell’ Argentina. Da non dimenticare poi la valorizzazione del ruolo della donna: l’ innamorata del protagonista  è  dotata di un sano spirito anticonformista, che apre la storia ad un filo di speranza.
 Sebastián Borensztein ha una lunga esperienza come produttore e autore di serie televisive. Con questa seconda opera ha ottenuto molti riconoscimenti, per la sensibilità che dimostra nel raccontare storie solo apparentemente marginali. Non è poco, mentre il cinema europeo e americano sembrano ancora procedere alla giornata.

( in uscita sul mensile  Confronti)

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