L' Europa è uno dei nodi centrali degli avvenimenti politici e sociali che coinvolgono milioni di persone, toccate dalla crisi economica. Tra queste, i soggetti più fragili ( giovani e anziani) subiscono l' attacco più pesante e doloroso. I due interventi che pubbblichiamo sono usciti sul n. di Marzo del mensile Confronti. L' intervista
è stata curata da Letizia Cesarini Sforza
Con la
strategia “Europa 2020”[1], l'Unione europea si è posta cinque obiettivi
in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale e clima/energia da raggiungere entro il 2020. Abbiamo chiesto
a Fintan Farrell, direttore della Rete europea di lotta contro la povertà
(EAPN), di fare il punto su Europa 2020 e, più in particolare, quanto essa
possa effettivamente incidere nella
lotta contro la povertà e l’esclusione sociale.
Europa 2020 Sarà capace, così come promette, di far
uscire dalla povertà 20 milioni di persone da qui al 2020?
Nel 2000 i leader europei decisero di lavorare insieme per lottare contro la povertà. Però, alle parole non seguirono i fatti e questo è uno dei motivi per cui, oggi, siamo alle prese con una crisi devastante. Non hanno preso sul serio quanto invece andava preso sul serio, non hanno voluto affrontare la povertà, non hanno cercato soluzioni alle tante e sempre crescenti disuguaglianze che opprimono le nostre società e non hanno capito che nelle società con disuguaglianze così macroscopiche al loro interno non si vive in sicurezza. Questo è un problema enorme. Per esempio, come si pensa sia possibile creare società sane e giuste, con un buon livello di protezione e di inclusione sociale se la corruzione è così alta? Durante le varie revisioni che si sono seguite dal 2000 al 2010 i leader europei e la Commissione si sono dati una serie di risposte per lo più corrette, decidendo che bisognava sviluppare un modello integrato e sostenibile che tenesse insieme l’aspetto economico con quello sociale. Dissero anche che bisognava porre l’accento sulla lotta contro la povertà, anche se non hanno mai affrontato il fattore “disuguaglianze” di cui cominciano a parlare solo ora. Quindi, parlano bene ma razzolano male. E ora, in piena crisi , rispondono concentrandosi sulla stabilità finanziaria, dimenticando le tante lezioni apprese in precedenza. Sono consapevoli che per risolvere il problema devono cambiare il modello però contino a utilizzare gli stessi identici schemi che hanno generato la crisi. Stanno in un buco che si sono scavati – e continuano a scavarsi – con le proprie mani: dovrebbero smetterla di scavare e cominciare a prendere sul serio quello che hanno dichiarato di voler fare con la strategia Europa 2020. Il problema è questo: i leader europei non credono a quello che dicono.
Quale credi che oggi debba
essere il ruolo delle reti sociali
europee e, quindi, di EAPN?
Credo che oggi il nostro ruolo, quello delle altre organizzazioni europee e di tutti coloro che lavorano per un’Europa sociale sia di avere la forza di dire la verità, di avere il coraggio di dire a chiare lettere che le scelte che si stanno facendo aumentano la povertà: sono sempre più coloro a rischio di povertà mentre chi era a rischio prima della crisi oggi soffre sempre di più. Dobbiamo avere il coraggio di parlare chiaro e sperare che i nostri leader si sveglino, ci ascoltino e, finalmente, rispondano nella maniera giusta.
In Italia si sta finalmente
aprendo un dibattito sulla necessità di istituire anche da noi uno schema di
reddito minimo. Quale la posizione di EAPN?
Il reddito minimo è una delle tante risposte giuste che ci aspettiamo, uno dei pilastri della strategia per l’ “Inclusione Attiva”. Tutti devono avere un reddito minimo decente che li faccia sentire parte della società, che dia a tutti e tutte la possibilità di spendere, di avere una qualche base economica che li metta in grado di contribuire alla ripresa e non essere parte del problema. Al reddito minimo va comunque unito il lavoro di qualità. Oggi, in Europa, siamo caduti nella trappola dei lavori senza qualità e sono tanti coloro che, pur lavorando, sono comunque poveri. Dobbiamo tornare a occuparci della qualità del lavoro, rifiutandoci di pensare che c’è chi non ne troverà mai uno. In tutto questo i servizi pubblici hanno un ruolo fondamentale: sia quelli a carattere economico, come i trasporti pubblici, l’acqua, l’energia ai quali tutti devono poter accedere, sia i servizi sociali che devono essere ben organizzati e a carattere universale, sia il sostegno a chi vive in povertà o è socialmente escluso.
Si è discusso ultimamente
della possibilità che la Commissione europea proponga una direttiva quadro sul
reddito minimo. Quali le possibilità che questa discussione si traduca in
realtà e quale la posizione di EAPN?
La Commissione europea ha fatto chiaramente intendere che non ha alcuna intenzione di procedure su questa strada, almeno per il momento e propone, invece, di valutare se e come gli stati membri abbiano messo mano alla Raccomandazione sull’Inclusione Attiva. Però, il Parlamento europeo sta lavorando molto su questo fronte e la settimana scorsa (inizi di gennaio, per chi legge) un parlamentare europeo ha esplicitamente chiesto alla Commissione di rendere pubblica la sua posizione in materia. Possiamo dire che il Parlamento europeo sta lavorando ai fianchi della Commissione, anche se quest’ultima continua a resistere. EAPN ha una posizione molto chiara. L'istituzione di schemi di reddito minimo adeguato in tutti gli stati membri sarebbe una misura molto utile che, da una parte, aiuterebbe molte persone ad uscire dalla povertà e, dall’altra, ricreerebbe fiducia nell’Europa perché, finalmente, lancerebbe un segnale positivo, occupandosi dei bisogni reali dei suoi cittadini.
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