
“ Catto-comunisti”: un termine tra fantasia e realtà
Come e noto, questo termine della polemica politico-culturale aveva riferimenti assai solidi alla realtà della storia italiana antecedente al 1989. Oggi l’uso di quell’aggettivo ha soltanto una finalità magica: evoca spettri per un immaginario delle paure collettive. Nella concreta situazione italiana, scomparso il Pci, ridotta in coriandoli minutissimi la sinistra radicale, il quadro politico-sociale e il contesto intellettuale odierno appare del tutto diverso da quello degli anni Ottanta del secolo passato. Sono rimasti invece depositati nel tessuto del paese problemi di antica origine, con l’aggiunta di inedite tensioni sociali ed etiche, prodotte dalla società multiculturale.
Bastino pochi dati per questioni analizzate lungamente: crescita di povertà vecchie e nuove (percentuali intorno al 10%); crisi delle forme di lavoro garantito e aumento abnorme di un precariato senza regole (almeno 5 milione di persone); crollo dell’etica pubblica e diffusione di comportamenti distruttivi in gruppi sociali diffusi.
A questo rischio di un collasso della coesione nazionale si e aggiunto un elemento di origine internazionale che e stato inaspettato solo per chi non voleva vedere. La crisi economica mondiale degli ultimi due anni ha frantumato I dogmi basilari del liberismo economico: la competizione e il profitto come motore unico della vita economica e della psicologia degli individui; l’abbandono di ogni progetto di politica social verso I soggetti più fragili della società; l’esaltazione sfrenata di comportamenti consumistici in tutti gli ambiti di vita.
Questo cortocircuito disgregante sta toccando non solo i tradizionali settori «deboli» (disabili, anziani, immigrati, poveri), ma anche segmenti forti del ceto medio, un tempo più garantiti. Gli allarmi vengono da varie parti. Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia. Ha dichiarato: «Grava su ampie parti del nostro Sud il peso della criminalità organizzata. Essa infiltra le pubbliche amministrazioni, inquina la fiducia fra i cittadini, ostacola il funzionamento del libero mercato concorrenziale, accresce i costi della vita economica e civile».
Sul tema dell’immigrazione, la virulenta polemica tra esponenti leghisti e il mondo della solidarietà e delle associazioni laiche e cattoliche fa da cornice alla recente introduzione del reato di clandestinità, che sta producendo i primi morti, mentre si susseguono episodi di violenza contro i migranti in molte città italiane.
Iniziative e riflessioni sulle politiche sociali

Il primo Salone dell’editoria sociale promosso, tra gli altri, dalla Comunità di Capodarco, dall’associazione Lunaria, dalla casa editrice Edizioni dell’Asino, dalla rivista Lo straniero e dall’agenzia Redattore sociale. Per tre giorni, giovani, operatori sociali, scrittori, studiosi e giornalisti hanno potuto discutere i temi sociali più importanti del momento, tentando di aprire un dialogo nuovo con una fetta più larga di società. Poche settimane dopo un altro convegno, ancora a Roma, si e interrogato sul tema Terzo settore, gli errori e il futuro: ne potete trovare gli atti sul sito Internet: http://www.presenzesociali.org/. Gli interventi introduttivi hanno segnalato questo bisogno di apertura e approfondimento: tra gli altri, quelli di Giuseppe De Rita, Goffredo Fofi e Wolfgang Sachs, lo scienziato tedesco, che lavora da anni sui temi dell’ambiente e della giustizia sociale. Significativo sopratutto ill sottotitolo del convegno, dedicato alle «prospettive dell’impegno sociale».
Sempre nella capitale si e svolta il 4 e il 5 dicembre un’altra importante assemblea del volontariato italiano, con l’intervento di sociologi, operatori ed esponenti di molte associazioni. Uno dei relatori al convegno, Marco Revelli, ha messo l’accento in un’intervista sul nodo cruciale della scarsità delle risorse per le politiche di solidarietà e sulla «... tenaglia tragica, rispetto alla quale l’economia e vulnerabile. Il gioco economico è spesso a somma zero. Il volontariato ha dalla sua, se ne è consapevole, la logica dei giochi a somma positiva, in cui entrambe le parti guadagnano. Di fronte a una contrazione delle risorse e a un aumento della domanda, entrano in campo l’invenzione, l’immaginazione. Le risorse del dono sono più elastiche di quelle del circuito monetario».
Questione social e progetti del “razzismo civico”

Sui centri di assistenza e di ascolto a livello locale, I gruppi di volontariato, le parrocchie e le comunità cristiane (cattoliche ed evangeliche), su tutti i punti di mediazione social insomma, si scaricano sempre di più situazioni umane esplosive, segnate da povertà ed emarginazione. Questo disagio, come la cronaca rimanda con un’enorme amplificazione mediatica, è tipico delle nuove metropoli globalizzate e non permette facili scorciatoie. Di fronte ai cambiamenti in atto, il progetto leghista ha focalizzato nell’ultimo periodo alcune caratteristiche originarie: un «razzismo civico», che vuole garantire la sicurezza delle comunità locali.
Si tratta di un vero e proprio progetto culturale, che utilizza un immaginario religioso. Ilvo Diamanti ha chiamato questa tendenza quella della «religione senza dio»: «Ai partiti populisti diviene possibile riattivare – e sfruttare – le componenti religiose dell’identità nazionale e territoriale. Non solo: la religione viene usata come strumento di consenso partigiano ed elettorale. Lo ha fatto la Lega fin dagli anni Novanta, in polemica aperta e dura contro la Chiesa nazionale, nemica della secessione. Lo scontro e proseguito in seguito, sui temi della solidarietà social, soprattutto verso gli immigrati. Sulla questione dell’integrazione, la Lega, in altri termini, si e proposta essa stessa alla guida di una religione senza Chiesa. E senza Dio» (la Repubblica, 7 dicembre , 2009).
E' possibile una nuova stagione di impegno sociale?

Sul piano etico e spirituale siamo da almeno un decennio dentro una mutazione mediatica e antropologica: le idee di solidarietà, giustizia social e eguali diritti si sono pian piano trasformate in una concezione pietistica della beneficenza, come atto privatistico e consolatorio.
La domanda che emerge e evidente: esiste oggi un progetto etico, o più modelli di comportamento pubblico, che possano indicare una soluzione, o almeno una prospettiva a queste difficoltà? Il conservatorismo «compassionevole» degli anni di Bush rischia di trasformarsi in una deriva conflittuale tra gruppi etnici e culturali, che alla fine del percorso ha un solo sbocco: quella guerra di civiltà, da tutti avversata a parole. Porremmo nei prossimi mesi questi interrogativi ad un serie di voci interessate a capire e a cercare strade nuove.
I temi sono difficili, ma come ha sottolineato a Roma Goffredo Fofi,«se non sono le minoranze attive e morali a cercare le nuove strade, anche le più difficili, chi potrà mai farlo? E se non siamo noi a mettere il sale, chi altro sembra disposto oggi a farlo?». Il dibattito e aperto, come si usa dire, e forse è bene che lo rimanga.
( Pubblicato sul n. di Confronti di Gennaio 2010)