" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

sabato 31 dicembre 2011

Un augurio di buona lettura per il 2012


Questo che si chiude è stato un' anno molto difficile  per chi ama la lettura, e in particolare i libri legati alle tematiche del sociale, del disagio e della solidarietà. Hanno inciso in maniera pesante il taglio dei finanziamenti alla cultura a livello nazionale e locale, ma anche la crisi progettuale dell' associazionismo e delle forze politiche che almeno a parole sembrano interessate ad un dialogo con questi mondi. E' difficile quindi formulare auguri ottimistici, ma non bisogna mai rinunciare alla speranza. Il blog non rinuncerà all' ispirazione che scaturisce dal titolo, cercando nella realtà e nei libri  stimoli inediti per una lettura critica del sociale, dal punto di vista degli ultimi. Spero quindi di riservarvi sorprese e novità anche nel 2012. 
Il video che vi doniamo come augurio per il nuovo anno è la prima parte di uno splendido documentario di Massimo Coppola  sullo scrittore Luciano Bianciardi, l' autore della " Vita agra" e uno degli intelllettuali più indipendenti  della storia del Novecento. Su You Tube potete trovare le altre puntate. Vale la pena segnalare che sono uscite in questi ultimi mesi due ottimi studi dedicati alla figura di Luciano Bianciardi:
-  Pino Corrias, Vita agra di un anarchico, Luciano Bianciardi a Milano, Feltrinelli,  2011, euro 9,00. E' la ristampa, rivista e aggiornata di un libro di vari anni fa, in cui il giornalista ricostruisce con esemplare  vivacità stilistica   le vicende pubbliche e private dello scrittore, alle prese con  il suo rifiuto meditato  di integrarsi nel clima  opprimente  della nascente industria culturale.
- Giuseppe Muraca, Luciano Bianciardi, Quaderni dell' Italia Antimoderata, Centro di Documentazione di Pistoia, 2011,  euro 10,00. Il volume è inserito all' interno di una collana che tratteggia grandi figure di militanti e scrittori che si caratterizzano per un profilo e una storia critica e anticonformista. 
Scrive Attilio Mangano a questo proposito : ".. La figura di Bianciardi campeggia ormai come un classico e continua a consegnarci il ricordo dell' Italia del miracolo economico e del neocapitalismo degli anni sessanta, quella "grande trasformazione" che lo scrittore riesce a cogliere con ironia graffiante, da "cane sciolto" e battitore libero in un mondo che aveva bisogno di irregolari come lui, anche se allora ai riconoscimenti e ai successi si aggiungevano le polemiche e i litigi. Bianciardi non perdeva un colpo e rispondeva a sua volta". 

lunedì 26 dicembre 2011

Uno scenario da incubo

Ecco qualche impressione emotiva dopo alcuni incontri natalizi, in cui erano presenti giovani e anziani. I sentimenti dominanti sono paura e incertezza verso il futuro. Tutti sono arrabbiatissimi per i provvedimenti economici del governo, ma si respira al contempo un forte disorientamento e una divergenza di valutazioni, dimostrata anche dal fatto che  una percentuale soprendentemente alta di italiani  - circa il 57 per cento - concede fiducia nei sondaggi alla figura di Monti, anche se molto meno alle pesanti misure fiscali del governo.
Mi sono chiesto qual' è l' origine di queste ambiguità di giudizio e della sensazione prevalente di scoraggiata attesa. Credo che le ragioni siano due. Innanzi tutto si percepisce che vi è una componente internazionale della crisi, non solo europea, ma mondiale, su cui l' Italia ha scarso controllo e un basso potere di influenza. Si comprende che il destino dell' Italia è legato a quello dei paesi  dell' euro, e sopratutto ad una ripresa del processo di unificazione dell' Europa. 
Un crollo di questo disegno politico  avverrebbe non solo dentro una spirale di recessione economica, che tocca Usa e Cina, ma in uno scenario di guerra che vede coivolti almeno cinque paesi del mondo islamico: Egitto, Siria, Iran, Pakistan e Afghanistan. E tre di questi paesi  rientrano in qualche modo nell' area del  Mediterraneo.
Non a caso poi un arco vasto di forze politiche - dal Pdl al Pd a Vendola - malgrado critiche, riserve e mugugni, rimane in sostanziale attesa: si aspetta che passino questi  mesi più  duri e si chiarisca meglio l' orizzonte verso cui stiamo andando. Gli stessi sindacati criticano fortemente il governo, ma chiedono allo stesso tempo un tavolo di confronto, riconoscendone implicitamente la leggittimità di interlocutore e il ruolo di decisore. L' ovvia conseguenza logica è che nessuna ha una credibile proposta alternativa di politica economica in grado di aggregare consensi vasti. 
Il doppio vincolo in cui tutti si sentono prigionieri è più o meno questo: i sacrifici e le modifiche degli stili di vita dovuti ai vincoli di bilancio internazionali sembrano inevitabili, ma allo stesso tempo c'è il forte timore che siano inutili e che l' aggravarsi della crisi richieda nuove manovre   restrittive per  cinque, sei anni e forse più. 
Una prospettiva da incubo, in cui si inserirebbero con estrema facilità populismi di destra e ribellismi violenti,  contribuendo ad aggravare la disgregazione sociale. Ci muoviamo ogni giorno in questo scenario oscuro, sperando che non precipiti. Mantenere la lucidità e lo sguardo critico sarà molto difficile.

venerdì 23 dicembre 2011

L' editoria sociale: progettare nella crisi

You Tube si è  caratterizzato sempre più come un' enorme, fluviale contenitore, in cui i temi fondamentali del rapporto tra sociale ed editoria emergono con difficoltà in  mezzo ad un' enorme quantità di materiali spesso contigenti e quotidiani. Tenteremo di dare sul blog una breve e ragionata selezione dei più importanti.
Questo video, girato da giovani professionisti in occasione del III Salone dell' editoria sociale a Roma (28 Ottobre -1 Novembre 2011), coglie molto bene alcune caratteristiche dell' editoria sociale in una fase  che vede intrecciarsi un dibattito culturale asfittico e una durissima crisi delle relazioni sociali. E' significativo che questi rappresentanti della piccola editoria cercano una definizione comune di editoria sociale, partendo da progetti culturali diversi e dalle stesse difficoltà economiche. Il pluralismo culturale della società civile si scontra con una dimensione economica sempre più verticale e centralizzata.


lunedì 19 dicembre 2011

I Centri di documentazione e le politiche sociali oggi

La documentazione, come insieme di strumenti di acquisizione e utilizzo delle  informazioni, è un 'esigenza crescente delle società contemporaree, in cui lo sviluppo è   sempre più fondato sul ruolo delle reti e della trasmissione delle conoscenze.
Nel mondo del terzo settore, impegnato da decenni sul problema del disagio,  sono nati una serie di centri e spazi di documentazione, che  rappresentano un supporto prezioso al al rapporto tra i servizi e le famiglie e al lavoro degli operatori sociali. Entrambi si trovano troppo spesso a fronteggiare una serie multiforme e complessa di informazioni, assai difficile da  padroneggiare per chi è portatore di un dramma sociale o di una difficoltà.
I Centri di Documentazione hanno svolto in questi anni un lavoro importante  di coordinamento e di  diffusione dell' informazione sociale, che può divenire ancora più necessario in un' epoca di grave crisi sociale come quella che stiamo vivendo.
Nel n. 4/2011 di Welfare Oggi (già Servizi sociali), rivista edita da Maggioli, un bella intervista a Fabio Ragaini  racconta la lunga esperienza del Centro documentazione e delle altre molteplici attività del Gruppo Solidarietà di Castelplanio (Ancona). L' intervista è disponibile in rete a questo indirizzo: http://www.grusol.it/informazioni/19-12-11.PDF
Tra le iniziative del Gruppo Solidarietà vanno segnalate la rivista "Appunti sulle politiche sociali" e il sito, assai ricco di notizie e informazioni su tutto il terzo settore: http://www.grusol.it


Sui Centri di documentazione:

mercoledì 14 dicembre 2011

Pasolini e il dolore del tempo. Sul libro di Fulvio Abbate

Mi è capitato per due volte di  arrivare  vicino ad un ' incontro con Pier Paolo Pasolini, ed entrambe  le ho mancate. Nel 1967, come racconto ogni tanto  in qualche post, entrai per la prima volta in una sezione del Pci romano, attirato dai ripetuti cartelli dedicati ad iniziative culturali. Da  piccolo provinciale di periferia al primo anno di università,  cercavo un ' ancora per la consueta  ricerca di un'identità adulta, uno spazio per colmare una solitudine troppo dolorosa.
Il primo dibattito, di cui scoprii l' annuncio su un manifesto, lo mancai per una banale influenza: prevedeva proprio l' intervento di Pasolini. Lo scrittore era appena tornato da un viaggio negli Usa e aveva scatenato una delle sue consuete polemiche, inneggiando ai  movimenti dei neri con un articolo su Paese sera: era il giornale popolare della sinistra romana,  molto letto tra gli studenti  per una splendida pagina libri che ci insegnava a fare le prime riflessioni.
Negli anni successivi, trascorsi in quell' orrenda cantina nel quartiere Esquilino, sentii a lungo citare frasi e concetti dell' articolo pasoliniano. e di quel dibattito mancato. All' Università cominciavo a leggere le sue opere più famose e con Accattone e Il Vangelo secondo Matteo costruivo la mia identità di spettatore.
Quasi dieci anni dopo, mentre ero al telefono con la ragazza che poi sarebbe diventata mia moglie,  sentii dalla televisione la notizia dell' assassinio del poeta. Decisi di andare ai funerali, ma non riuscimmo nemmeno ad entrare in Campo de Fiori, tanta era la massa di persone, commosse e silenziose. Rimanemmo ai bordi di Via dei Giubbonari, lo sguardo smarrito e gli occhi inumiditi dal pianto,
Per questo ho comprato subito il libro di Fulvio Abbate, di cui avevo letto per molti anni gli articoli sull' Unità e apprezzato almeno un paio di libri. Per qualche giorno ho esitato ad affrontare il volume. Dopo trenta anni, la mia memoria aveva una sorta di blocco. 
Vivo da trent'anni tra Villa Gordiani e il Pigneto e  sono circondato da frammenti di ricordi ed immagini su  Pasolini intellettuale e regista, le periferie, ecc. (e spesso sono memorie filtrate da un' inevitabile consumismo). Come nota anche Abbate,   l' immagine intellettuale e umana di  Pasolini sembra ridotta nel dibattito pubblico ad una sorta di giallo, un noir sulla ricerca dei suoi assassini - o al massimo una puntata di Chi l' ha visto
Poi ho deciso e ho letto due volte con  interesse e commozione crescenti.


Il coraggio dello scandalo


Innanzi tutto, una notazione. Non lascatevi ingannare dal titolo. Questo non è un libro didattico sull' autore delle Ceneri di Gramsci. Per le conoscenze specifiche che presuppone su di lui e il contesto di quegli anni,  è diretto piuttosto agli adulti che hanno attraversato (e in gran parte dimenticato) i conflitti di questo trentennio. Il libro - bello ed originale -  è sostanzialmente questo: un lungo, appassionato, dolente periplo intorno al pianeta Pasolini, compiuto da uno scrittore che lo ha amato e che ne scandaglia gli anfratti più reconditi, attraverso innumerevoli testimonianze (persone celebri e individui  comuni).
Abbate usa  con grande perizia vari registri stilistici. Quello nostalgico  gli serve per ricordare una capitale scomparsa, la Roma pasoliniana, quella del Tuscolano, di Monteverde, di Gordiani, ecc, una Roma che ben ricorda chi ha più di sessant' anni come me. 
Certi attacchi delle sue descrizioni urbane  rimangono nell' animo per le qualità coloristiche: " ..Costeggiando  una siepe d' alloro, raggiungo e supero viale Palmiro Togliatti. A sinistra, gli archi dell' Acquedotto Felice, a destra le costruzioni dormitorio segnate dalle bandiere da samurai delle concessionarie automobilistiche, vessilli propri delle cinture cittadine ". ( p. 51)
Alla rievocazione commossa di luoghi e quartieri si alternano le testimonianze personali inseguite con caparbia e insieme surreale completezza: Laura Betti, Furio Colombo, Bertolucci, ecc. Qui emerge - duro e inflessibile -  un giudizio politico e morale. Abbate contrappone con giusta durezza il coraggio e la solitudine di Pasolini al conformismo e alla pochezza consumista dell' ultimo ventennio moderato, cui l' esperienza della sinistra non è mai riuscita a contrapporre nessuna reale alternativa, culturale prima che politica.
Un' altro lato di questo libro complesso  è quello del rapporto tra lo scrittore stesso e Pasolini: qui si esercità il rimpianto e il furore polemico di Abbate contro un ceto intellettuale, incapace di essere all' altezza della domande poste da Pasolini e rimaste senza risposta.
La polemica di Abbate con quest' Italia sfatta e conformista echeggia i suoi interventi giornalistici e i suoi monologhi in rete su Teledurruti, che molti conoscono. E' una accusa feroce ad un " paese mancato", che nasconde un sentimento ancora più profondo, di  forte autenticità (almeno per me): una malinconia profonda, struggente  per il tempo trascorso e la difficoltà estrema di vivere in  quello che siamo  destinati ad affrontare oggi.
Il libro è una testimonianza appassionata  di questo dolore, l' addio definitivo ad un ' epoca che non c' è più. Leggetelo, vi farà pensare  sul serio e non ne rimarrete delusi.
Strage di Firenze, 13/12/2011

martedì 13 dicembre 2011

Una libreria per libri "invisibili" al Pigneto

Da tempo seguo con attenzione sul blog la nascita di nuove librerie a Roma, che abbiano un progetto culturale di qualche respiro. Il progetto "Libri invisibili", che si inaugura al Pigneto, merita di essere segnalato con grande calore, per due motivi  piuttosto importanti.Nasce innanzi tutto dall' esperienza e dal lavoro comune di un gruppo di associazioni e case editrici, legate ai temi dell' editoria sociale ( tra cui le Edizioni dell' Asino, la rivista Lo straniero, il Cemea).
I promotori hanno scelto inoltre come sede uno spazio come il quartiere Pigneto, che conosco bene. Oltre ad essere un pezzo della mia storia personale, è uno dei luoghi in cui si sono sperimentati in questi anni alcuni temi complicati di una capitale come Roma: la convivenza nel sociale tra comunità diverse, il precariato giovanile, la ricerca artistica e musicale. Lo sa il cielo quanto c'è bisogno di iniziative come queste nei quartieri delle metropoli che oggi affrontano la crisi sociale.

Venerdì 16 dicembre dalle ore 18:30
in via Fortebraccio 1/a (zona Pigneto - Roma) si inaugura l'associazione - libreria

                              LIBRI INVISIBILI 

ILLUSTRAZIONE | FOTOGRAFIA | GRAPHIC NOVEL | POESIA | NARRATIVA | SAGGISTICA |LIBRI PER BAMBINI OGGETTI D’ARTE E ARTIGIANATO | LABORATORI | MOSTRE | INCONTRI | PRESENTAZIONI. E, NATURALMENTE, ALTRO
 
Uno spazio in città dove ritrovare immaginari e linguaggi, persone e storie. Uno spazio comune dove fare insieme: bambini e genitori, giovani e adulti, italiani e stranieri, artisti e illustratori, fotografi e scrittori. Uno spazio per discutere, riannodare e reiventare, per tessere nuove trame e rispondere al presente. Così abbiamo immaginato una libreria di “libri invisibili".
                                  PROGRAMMA
 - ore 18.30
Guardare, Raccontare, Agire
i “libri invisibili” si presentano
Cecilia Bartoli, Asinitas Onlus
Marco Carsetti, Else edizioni
Goffredo Fofi, Lo straniero
Roberto Koch, Contrasto
Giulio Marcon, Edizioni dell’Asino
Fausta Orecchio, Orecchio acerbo editore
Alessandro Triulzi, Archivio Memorie Migranti
Claudio Tosi, Cemea del Mezzogiorno
Nicola Villa, Gli Asini  

10 anni 100 titoli mostra a cura di Orecchio Acerbo 
Originali di Maja Celija, Mara Cerri, Francesca Ghermandi, Beppe Giacobbe, Gipi, Simone Massi, Lorenzo Mattotti, Fabian Negrin, Maurizio Quarello, Spider
Interventi musicali dei “Pezzi di ricambio”
- ore 20.00
Inaugurazione della libreria
vendita di libri e prodotti artigianali
Cena: è gradita la prenotazione, 12 euro a persona tel. Tadema 328 8414805 

mail: contatti@asinitas.org
 
ELSE - Edizioni Libri Serigrafici e altro
Orecchio Acerbo Editore | Contrasto | Edizioni dell'asino | Gli Asini | Lo straniero | Cemea del Mezzogiorno | Asinitas

venerdì 9 dicembre 2011

"Diamoci una mano": promuovere la cultura a Torino

Avviato presso la biblioteca Levi di Torino il progetto "Diamoci una mano", che coinvolge due delle fasce della popolazione normalmente considerate tra le più deboli, gli anziani e gli immigrati stranieri. La biblioteca, che oltre ad erogare gratuitamente libri di testo è da sempre impegnata a promuovere la cultura in questo che è uno dei quartieri con il maggior numero di cittadini extracomunitari del capoluogo piemontese, si avvale della collaborazione di 20 volontari anziani del Senior Civico che si mettono a disposizione dei cittadini stranieri per corsi di lingua italiana. 
"La collaborazione tra anziani e stranieri", spiegano gli organizzatori, " è incredibilmente efficiente, perché si tratta di due categorie con esigenze molto simili: appartengono alle fasce più deboli della società, dispongono, l oro malgrado, di molto tempo e hanno molto da imparare gli uni dagli altri, proprio perché appartengono a realtà completamente aliene tra loro. Inoltre sono entrambe molto presenti sul nostro territorio, ed è nostro compito tutelarle".
L'entusiasmo dei volontari, molti dei quali ex insegnanti o comunque ex professionisti laureati, e l'interesse da parte degli immigrati, tra cui anche studenti universitari che grazie ai seniores riescono a risolvere i loro problemi con la lingua, hanno decretato il successo di un'iniziativa che si pone tra le tante promosse dalla biblioteca Levi in un'ottica di integrazione e formazione della popolazione. Tra le altre attività si segnalano corsi di alfabetizzazione informatica per anziani, un percorso di introduzione alla lingua e alla cittadinanza italiana (che nell'ultima edizione ha coinvolto oltre 120 donne maghrebine), e un gruppo di lettura di poesia e prosa rumena.

MediaLibraryOnline: la biblioteca digitale metropolitana di Bologna

L'Istituzione Biblioteche del Comune di Bologna e la Provincia di Bologna hanno firmato un accordo per realizzare un servizio sperimentale di biblioteca digitale in ambito metropolitano che si propone di affiancare alle collezioni attualmente presenti nelle biblioteche pubbliche del capoluogo e del territorio (libri, periodici, DVD, CD, ecc.) collezioni digitali accessibili in remoto dagli utenti.
Il servizio offrirà agli utenti la possibilità di fruire di materiali digitali direttamente dalle loro postazioni personali in autonomia e in modo gratuito, 24 ore su 24 indipendentemente dagli orari d'apertura delle biblioteche: l'equivalente digitale delle tradizionali procedure di prestito dei documenti. 
Il progetto, che ha ricevuto il convinto sostegno finanziario della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, prenderà avvio entro il 31 dicembre.

mercoledì 7 dicembre 2011

Capitini e la forza della non violenza

Il volume di Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Le radici della nonviolenza, (Il Margine, 2011, pp. 240, € 16,00) costituisce un' occasione preziosa per ripercorrere ed approfondire con attenzione critica il pensiero e la vita di Aldo Capitini, non abbastanza conosciuti in specie dai giovani. Per molti anni, questo filosofo, politico, pedagogista (e molto altro) era rimasto fuori dalla discussione pubblica. Pacifista e teorico della non violenza, Capitini aveva promosso nel 1961 la prima Marcia della Pace Perugina - Assisi, influenzando un' ampia fronte di ambienti e movimenti, laici e cristiani, interessati al dialogo e alla cooperazione tra i popoli. Quella manifestazione era stata l’ ultimo risultato  di un lungo lavoro teorico e pratico iniziato durante gli ultimi anni del fascismo e proseguito poi nel dopoguerra.
Truini ripercorre analiticamente questo percorso, lavorando sia su una lettura dei documenti (libri, opuscoli, lettere) sia sulle vicende biografiche. 
La ricerca di Capitini intrecciò progressivamente componenti diverse: religiose, politiche e pedagogiche. Il volume ci ricorda come già alla fine degli anni venti Capitini sia stato profondamente influenzato  dalla figura di Gandhi. 
Alla luce di questa esperienza, i tre aspetti del suo pensiero presero vita e forma nel suo animo già  da quel periodo. La ricostruzione tocca tutti gli elementi della riflessione di questo intellettuale apparentemente solitario, ma capace  di influenzare invece i giovani di due generazioni. Sul piano politico, Capitini attraverso il Movimento Liberalsocialista, collaborò con uomini della levatura di  Ugo La Malfa, Norberto Bobbio  e Pietro Ingrao, pur rifiutando sempre di prendere una tessera di partito. 


La non violenza, tra politica, pedagogia e spiritualità

Nel dopoguerra, prima con la sua attività a livello di base, nei comuni e nelle associazioni, poi con la sua ricerca intellettuale, dialogò con figure come Don Primo Mazzolari, Don Lorenzo Milani e Danilo Dolci, che divenne uno dei suoi più vicini collaboratori.
Truini sottolinea lungo tutto il testo come asse centrale dell’ impegno di Capitini sia stata la non violenza come criterio spirituale e pratico.  Da un punto di vista religioso e teorico, l’ atteggiamento della non violenza si fondava per lui su alcuni presupposti conoscitivi. L’ io umano può essere fondato solo su una relazione con un tu, un altro da sé di cui dobbiamo riconoscere la presenza ( e in questa presenza ha un ruolo centrale la natura).
In questa sfera Capitini  formulò la tesi della compresenza dei vivi e dei morti. Solo la disponibilità verso i morti, l’ ascolto della loro presenza può connetterci con i viventi: "..il silenzio dei morti non ci dà l'impressione del nulla, ma ci induce a sentire un rapporto universale e corale con tutti, e proprio dal raccoglimento silenzioso del cimitero esce la nostra coscienza più appassionata nella vita dei valori." ( Educazione aperta, La Nuova Italia, 1967).
Questa visione antropologica, elaborata in solitudine, fuori dagli apparati culturali delle  grandi forze culturali del dopoguerra, non fu mai infruttuosa. Fermentò nelle esperienze più vive di un cinquantennio: il liberalsocialismo; la prima generazione pacifista degli anni 60 e poi l’ impegno civile dopo il 1968 di tanti pacifisti e cristiani critici. Basti ricordare il nome del primo obbiettore di coscienza italiano, Pietro Pinna. A Fabrizio Truini va il grande merito di aver rievocato questa vicenda attualissima, con  efficacia di stile e partecipazione intima. Tutte insieme rendono il libro prezioso.

Per saperne di più

Kaurismaki: l'ironia melanconica di un maestro



Se  amate  il film d’ autore e volete riflettere criticamente su quello che vi circonda, non potete mancare l’ ultima opera di Aki  Kaurismaki, Miracolo a Le Havre. Regista finlandese, di idee progressiste,  ha iniziato la sua carriera come distributore di film e documentarista.  Dopo una rilettura di Shakespeare in chiave antiborghese  ( Amleto nel mondo degli affari, 1987), ha raggiunto il  successo nel corso degli anni novanta con opere ambientate  tra ceti i sociali più poveri ed emarginati. Il regista li racconta con un taglio  pessimista ed ironico.
Basti qui ricordare alcuni titoli, premiati in molte rassegne ( L'uomo senza passato, 2002;  Le luci della sera 2006): opere  che hanno incantato tanti per l’ originalità di una visione che riesce a  fondere  benissimo malinconia e venature surrealiste. Queste  caratteristiche  insolite  ne hanno fatto  una figura unica nel cinema  europeo. Kaurismaki osserva la realtà attraverso il filtro ironico dell’ anacronismo, di cui permea  gli ambienti,  i personaggi e le loro storie. 
Malgrado le vicende dei suoi  film si svolgano spesso in epoca attuale, le scenografie, le musiche, i vestiti degli attori evocano quasi sempre gli anni venti o trenta. Il regista usa per esempio  brani di tango messi in controcanto con la musica rock, da lui particolarmente amata. Per sottolineare molte scene di particolare tensione, che si svolgono comunque ai nostri giorni,  anche  in Miracolo  a Le Havre vengono adoperate le musiche di Carlos Gardel, il famoso compositore di tango argentino.
Altri elementi stilistici  sono la messa in scena e la recitazione: i personaggi dialogano tra loro  in modo distaccato,  quasi epico potremmo dire,  secondo il modulo brechtiano,  senza avere  però le forzature ideologiche del drammaturgo tedesco. Pronunciano frasi brevi e contrapposte in modo da suscitare effetti stranianti, non realistici. Il dato più interessante è il fatto che il regista mette queste forme della narrazione  al servizio di storie con una forte carica umanistica.  Il suo mondo sono gli umiliati e offesi, quelli che la vita ha tradito e isolato e la sua macchina da presa li osserva con occhio distaccato e commosso.


Commozione e  ironia favolistica


Si veda in questo film la figura di Marcel Marx. Il cognome può ricordarvi a scelta Karl o Groucho, mentre  il  nome è ovviamente  un omaggio ai film populisti del regista Marcel Carné. Lui è stato uno scrittore famoso,  rovinato  da una vita smodata e finito a fare il lustrascarpe. 
Questa professione   gli permette però  di rimanere vicino ai suoi amici, che Kaurismaki veste e fa parlare come personaggi dei film francesi degli anni quaranta: portuali  bruschi, ma dal cuore d’ oro; commissari di polizia meno brutali che all’ apparenza, e una moglie che sopporta serenamente le sue stramberie. La donna si chiama  infatti  Arletty,  come l’ attrice protagonista del celebre film di Carné, Amanti perduti. La citazione in questo contesto   ci invita al ricordo   di un film  fastoso  e melodrammatico che il regista usa come un preciso riferimento emotivo. 
In questo ambiente quasi da favola entra in scena la realtà. Un ragazzo, arrivato clandestinamente con un gruppo di emigranti, incontra il protagonista e affida a lui il suo destino. Non diremo ovviamente il finale, ma alcuni avvertimenti allo spettatore vanno dati. Il regista vuole  mettersi  dal punto di vista dei suoi personaggi poveri e perseguitati dal potere della polizia e dai borghesi razzisti. Ma non usa nessuna proclamazione  ideologica o una scontata verità  politica. Non vi rinuncia: vuole piuttosto che la ricaviamo noi dall’ andamento della storia. 
A conferma di quanto il suo sguardo sia critico e fermo, si badi ad un altro dato paradossale. Ad un anziano Jean Pierre Léaud – l’ attore icona di Truffaut in tanti suoi film - ha affidato la parte di un laido e violento borghese,  che passa le giornate a spiare un clandestino fragile e senza difese.
Intendo dire insomma che non ci si deve far ingannare dai toni sentimentali e gradevoli del film, dai colori ben scelti e dalla bontà dei  protagonisti. Dietro la tonalità favolistica,  c’è la visione crepuscolare e pessimistica di un intellettuale che dice allo spettatore:  in questa favola c’è più dolore e realismo di quanto tu immagini. E  guarda caso, nelle favole è proprio così.

( in uscita sul mensile Confronti)