" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

mercoledì 30 novembre 2011

Vittorio De Seta: il pudore di un maestro




Ieri  è stata una  giornata molto triste  per le notizie su tre morti, che rappresentavano in  modi diversi un pezzo della mia personale memoria culturale. Lucio Magri e Saverio Tutino  erano parte di una memoria politica,  quella del Pci degli anni sessanta e settanta: gli entusiasmi per la tumultuosa  rivoluzione cubana, che aveva abbattuto un dittatore sanguinario, e l’ ingraismo, con il suo fervore di ricerca, ma anche le tante ambiguità che  lo avrebbero portato  ad una dispersione  disperante.
Come sempre  accade, è l’ immaginario a muovere le nostre emozioni. A colpirmi profondamente è stata la morte di Vittorio De Seta. Per tanti della mia età, negli anni della formazione, il cinema ha svolto un ruolo formidabile di  crescita critica e di apertura emotiva alla realtà: dopo anni di satira ridanciana e sciocco, forse oggi andrebbe rivisitata l’ utilità pedagogica di un mondo che è apparso ingenuo a molti.
Vidi  Banditi a Orgosolo -  la prima opera del regista siciliano, presentato a Venezia nel 1961 - in un cineclub romano  che avevo cominciato a frequentare verso il 1965, su suggerimento di alcuni professori del liceo.
La vicenda di un pastore sardo, divenuto delinquente per  bisogno, entusiasmò tanti per  il taglio politico, che De Seta però non amava esplicitare troppo nel suo cinema : le opere “ impegnate”  di altri registi  sarebbero venute dopo, mentre  lui usava un pudore e una antiretorica ammirevoli. Colpiva piuttosto l’ attenzione all’ ambiente sociale e all’ umanità dei  personaggi, che il regista raccontava con una discrezione  partecipe. Erano qualità che venivano a De Seta dal suo lavoro di documentarista, ma non solo. C'  era molto di più.


La scuola e la borgata


Una nuova  sorpresa venne nel 1972 con Diario di un maestro (1972), trasmesso  in quattro puntate l' anno dopo. Tratto dal libro autobiografico di Albino Bernardini, Un anno a Pietralata,  narrava con uno stile lineare, semplice solo in apparenza,   le giornate di un maestro elementare in una borgata romana. Il film intrecciava l’ analisi della  soffocante burocrazia scolastica con la denuncia dell’ emarginazione di un gruppo di ragazzi  sottoproletari, ammirevoli per la vivacità e  il desiderio  di libertà.
De Seta dimostrava un controllo rigoroso degli attori e dell’ambientazione, mettendoli al servizio della sua passione civile e umana. Fu un vero e proprio successo  di massa, aiutato dalla bravura di un attore come Bruno Cirino, ma anche dal clima culturale e sociale  dell’ epoca che vedeva nella  scuola uno spazio indispensabile di crescita civile e di riforma della società. Erano gli anni dei decreti delegati sulla partecipazione delle famiglie alla vita scolastica. Non andò così, purtroppo, e in pochi anni quelle speranze si spensero.
Dopo il Diario di un maestro, De Seta si appartò: il cinema stava andando sempre di più verso le peggiori derive commerciali e lui amava pensare a lungo i suoi progetti. Nell’ ultimo decennio, si segnalò di nuovo per due opere molto belle e piene di stimoli : In Calabria ( 1993) e Lettere dal Sahara (2004), che  mettevano insieme  il suo istinto di documentarista e l’ attenzione alla nuove  ansie della società ( l’ emigrazione, ecc.).  
C’ è una sua frase che lo racconta meglio di ogni discorso critico: " Lo sguardo neutrale è una menzogna, specie nel mio lavoro, dove basta spostare la macchina da presa di pochi centimetri perché tutto cambi ". La sua morte è stata una perdita vera per il nostro paese, o almeno per quella parte che vuole continuare a pensare.

Su You Tube vi sono molti materiali sul regista, tra cui la versione integrale di Banditi a Orgosolo. Su questo link trovate tutte le puntate di Diario di un maestro: 


http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-311752ae-09f4-4b9a-a3c4-2fa45587d401.html?#=

domenica 27 novembre 2011

Tra paura e speranza: una serata per la rivista "Confronti"



Quando ieri sera sono entrato  alle 20,30 nel salone della Chiesa metodista di via Firenze 38 (angolo via XX Settembre) per la cena di sostegno alla rivista “ Confronti”, ero molto timoroso, pieno di ansie. Confronti ( e prima il suo precedente storico, il settimanale COM - Nuovi tempi) sono stati il mio spazio elettivo di impegno pubblico, per quasi trent’ anni ( insieme a qualche altro luogo, che oggi langue o è scomparso per sempre ). Non è stato un impegno continuativo, come è tipico di un’ attività volontaria, ma ha  assorbito comunque una parte notevole della mia vita. Come accade per ogni esperienza concreta, a questo lungo periodo sono legati emozioni (e conflitti)  profondi, mai banali.
Mentre entravo, mi sono riapparse per un momento alla mente immagini della lunga vicenda di questo mondo di “cristiani critici”, in cui abbiamo discusso e ci siamo arrovellati intorno ai principali avvenimenti della vita pubblica, italiana e addirittura mondiale. In quel palazzo grigio e austero della Roma umbertina, ho visto  riunioni di redazione affollatissime e momenti di triste difficoltà, segnati sempre da una passione genuina per l’ analisi politica e sociale, per i buoni libri e le idee. Lì ho imparato a scrivere decentemente un articolo o la recensione di un libro. E ancora oggi non sono sicuro di averlo imparato bene, se non mi confronto con gli articoli degli altri: anche questa è una peculiarità delle riviste.
Aperta la porta del salone, ci hanno investito i rumori e le voci di un centinaio di persone, che cominciavano a bere e a mangiare. Ho tirato un sospiro di sollievo, come era accaduto in tanti altri casi: era andata bene, era andata bene! La redazione e i membri della cooperativa, impegnati in questa iniziativa di sostegno alla sopravvivenza  del giornale, avevano lavorato  per varie settimane  affinché la serata riuscisse.
Le riviste indipendenti di cultura vivono proprio così questa fase molto difficile del mondo editoriale: tra paura e speranza. La fattura della rivista si intreccia a fatica con le iniziative di solidarietà, le relazioni culturali e tanto lavoro volontario. Sono una ricchezza del nostro tessuto culturale profondo, che tiene aggregati mondi  diffusi, segmenti di realtà sociale ignorati  dal circuito ufficiale dei media.
Per due ore, ho stretto la mano a tanti amici recenti e a volti che non vedevo magari da vent’ anni. Non c’ era nell’ aria nessun atteggiamento da reduci, se non forse una sotterranea malinconia per il tempo trascorso e per le ulcerazioni di  un panorama politico ed economico molto simile alle rovine di un terremoto. 
Si discuteva su come salvare la rivista e si pensava a nuovi progetti. Un’ altro dato mi ha consolato, andando via: ho visto molti giovani che non conoscevo e che erano lì  per aiutare – e non solo per mangiare! Le riviste sono anche questo: una palestra, uno spazio per quei ventenni che hanno voglia di guardare il mondo con sguardo critico. Non dovremmo dimenticarlo mai.
La crisi della nostra rivista non è ancora superata, ma sabato sera è stata una tappa importante.

sabato 26 novembre 2011

Libreria Ya-Ya: c'è del nuovo a Villa De Sanctis

L' Italia è un paese curioso, che a volte desta speranze imprevedibili. Mentre ho registrato su questo blog la crisi delle piccole e medie librerie, spesso mi è capitato di notare in giro un fenomeno opposto: l' apertura di nuovi spazi dedicati al libro e alla lettura, non solo nei piccoli centri, ma anche nelle grandi città. Si tratta di iniziative di singoli che tentano la strada dell' impresa autonoma, o magari  di un gruppo di operatori che mettono in rete due o più sedi di librerie, costruendo un piccolo circuito.
Sono librerie indipendenti che integrano l' attività commerciale con l' animazione culturale e sociale, cercando di trovare un segno di originalità che le aiuti ad emergere dall' anonimato e ad attirare i lettori. Ovviamente faticano molto ad affermarsi e a sopravvivere. Mi è capitato di vederne molte nella mia vita, ma la più curiosa l' ho incontrata proprio nel mio quartiere, a Villa de Sanctis ( conosciuto da molti con il vecchio nome di Casilino 23).
E' una libreria che nasce all' interno di un mercato che occupa la nostra tranquilla piazza, dalle atmosfere  che evocano il cinema italiano  degli anni 60. Conoscevo molte librerie negli ospedali, nei grandi centri commerciali, ma non ne avevo mai viste una tra i box della verdura e del fornaio. A Villa De Sanctis  mi è capitato di scoprire la prima. 
La strada stimola la curiosità e mi sono precipitato a vedere, scoprendo una libreria autentica, ben organizzata, con sezioni aggiornate, colori vivaci e grande cortesia. Altro lato positivo, la possibilità di prenotare le ultime novità. Tra i volumi sugli scaffali sono presenti temi adatti ad un quartiere che non vuole perdere il legame con i buoni libri: romanzi, saggistica, psicologia e questioni sociali.
I proprietari sperano di poter aprire tra poco un' altro box per uno spazio dibattiti. Sono tornato a casa  più contento. D' ora in poi, oltre ad acquistare le merci della spesa quotidiana, quando ne avrò voglia,  farò una sosta per curiosare tra le novità librarie e comprare qualcosa per me o un regalo per un 'amico. Se capitate a Villa De Sanctis (p.zza Pecchiai, zona Prenestino-Centocelle), provate anche voi e  fate una sosta alla Libreria YA-YA (tel. 339.8470911). Non ve ne pentirete.

venerdì 25 novembre 2011

Le biblioteche, la lettura e il territorio: le analisi di Giovanni Solimine

Giovanni Solimine è uno tra i maggiori esperto di problemi delle biblioteche e della lettura. Ne ha scritto a lungo: basti citare qui il suo ultimo volume L' Italia che legge, Laterza, 2010, che riassume bene lo stato drammatico della diffusione della lettura e suggerisce  precise proposte. Le percentuali di lettura nella popolazione sono basse da molti anni e arrivano a male pena al 40%: le statistiche dell' Istat  lo dimostrano benissimo.
Scarseggiano poi le politiche di intervento pubblico e l' iniziativa privata è concentrata troppo sulla promozione dei best- seller. Tra le conseguenze vi è un dato che il dibattito pubblico discute poco: la crisi delle biblioteche pubbliche come strumenti di trasmissione della memoria e dell' identità culturale del paese. 
Solimine conosce bene l' argomento sia dal punto di vista degli operatori professionali che da quello delle istituzioni. In questo mese mi è capitato di tornare a riflettere nel blog su questi aspetti che riguardano la crescita culturale del paese. Spesso, quando uso le biblioteche in periferia, devo riflettere dal vivo, per dire cosi', sul ruolo decisivo che la politica di promozione della lettura può svolgere per educare alla cittadinanza una società civile in disgregazione. Si ritrovano in biblioteca giovani studenti che non trovano più in un  territorio in convulsione nè presenze politiche significative nè  un associazionismo in grado  di proporre proposte di qualità e spessore nazionale.
Il Sistema delle Biblioteche di Roma era stato potenziato e ristrutturato negli anni delle giunte di centro - sinistra  ed era stata organizzata negli anni passati una quantità esemplare di iniziative. Oggi il disinteresse della giunta Alemanno si sposa alla crisi sociale in atto, e per una metropoli come Roma le conseguenze si vedono.
Per questo dedico a questi temi, al destino delle librerie e delle biblioteche tutta l' attenzione possibile, pubblicando anche le news di iniziative piccole, ma che esprimono un bisogno latente.
Le idee di Solimine aiutano a riflettere su queste questioni. 

giovedì 24 novembre 2011

Il libro di Sandro Ferri e una serata deludente

Quando è uscito il libro di Sandro Ferri sull' attività della sua casa editrice ( I ferri del mestiere, E/O, 2011), in cui l' editore racconta le proprie esperienze, i metodi di lavoro e gli interrogativi, l' ho letto immediatamente con grande entusiasmo. Il libro è scritto benissimo ed illustra con chiarezza i dilemmi seri che affronta un editore di cultura, preso nel vortice dei cambiamenti che stanno sconvolgendo il mondo editoriale. 
Le nuove tecnologie permettono ormai di pubblicare in proprio un libro, anche se  rimane all' autore l' onere pesantissimo della promozione. Termini come self-publishing, print on demand stanno diventando familiari ad un pubblico vasto, che vuole scrivere e comincia a guardare con diffidenza alla costosa mediazione dell' editore. Ormai alcuni dubitano sull' utilità stessa della funzione dell'editore: anche perché nelle grandi case editrici quella funzione la svolgono ormai dei manager
D' altro canto, le case editrici, che si dedicano ad un progetto culturale rigoroso, sono oppresse dalla marea di manoscritti di chi aspira ad una folgorante carriera come autore, oltre che dalla concorrenza spietata delle grandi corporazioni editoriali. Ferri illustra questi problemi (e molti altri) con perizia narrativa e molto umorismo (ed è uno dei meriti del libro  che si legge d' un fiato, come si usa dire! ). Ci introduce nel laboratorio dell'editore di cultura con passo tranquillo e disincantato, fornendo al lettore ( e all' aspirante scrittore)  una guida per orientarsi. 
In sintesi, un libro che consiglio con calore. Con questo spirito sono andato ad ascoltare la presentazione del volume alla Libreria Feltrinelli, qualche giorno fa. Una serata piacevolissima, in cui il volume ha avuto un giusto  battesimo. Ma sono tornato a casa con una delusione. In mezzo a interventi divertenti e acuti di molti operatori del settore, ho visto circolare uno sconcertante snobismo verso le  trasformazioni in atto, che sembravano suscitare nei partecipanti ironia e distacco. 
Venivano denunciate le ingenuità e la soffocante diffusione dell' aspirazione alla scrittura.  Sono caratteristiche  in un gran parte vere, ma a me, che non sono nè un letterato, nè un editore di professione, ma uso solo di un po' di sociologia spicciola,  è venuto in mente una domanda. Possibile che non si rendessero conto che la diffusione di massa del bisogno di scrivere, di esprimersi, di essere presenti è un fenomeno culturale inedito, ma assai fecondo? Chi percorra questo spazio virtuale, fatto di blog, di siti letterari, di e-book, ecc. scopre un formidabile deposito di aspirazioni, sogni, incubi. Un deposito fangoso, che però dovrebbe essere utile per il lavoro di un editore che vuole promuovere i propri libri e la lettura. Non parliamo poi per la scuola,
Ma forse si trattava solo di uno snobismo difensivo di intellettuali un po' affaticati  e le mie erano le ubbie di un vecchio pensionato. In ogni caso, il libro di Sandro Ferri va letto: vi divertirà e  aiuterà ad affrontare il viaggio dei principianti nel mondo dell' editoria.


Per saperne di più:
http://www.edizionieo.it/news_visualizza.php?Id=454
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/tecnologia/grubrica.asp?ID_blog=30&ID_articolo=9768&ID_sezione=38
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/giornalisti/hrubrica.asp?ID_blog=285

Se chiude una libreria, siamo più poveri

La chiusura della libreria Croce a Roma è un evento molto doloroso per chi ha amato la nostra città, e conosce un po' la funzione animazione civile che vi hanno svolto le librerie. Uno delle questioni centrali delle trasformazioni violente in atto nel mondo editoriale è proprio quella delle librerie. La diffusione nelle grandi città delle librerie di catena, espressione di grandi monopoli editoriali che ormai operano su scala europea e mondiale, sta espellendo dal mercato le librerie piccole e medie, che non reggono la concorrenza.
E' un tema di cui si discute da una decina di anni almeno, e non è solo italiano. Sulla situazione inglese scrive a questo proposito Enrico Franceschini: " ..Dal 2005 ad oggi il numero delle librerie in Gran Bretagna si è dimezzato: sei anni fa ce n’erano poco più di 4 mila, oggi ne sono rimaste aperte solo 2178. Quasi duemila librerie hanno dovuto chiudere e cessare l’attività, messe in crisi dalla crescita delle ordinazioni via internet (su Amazon e altre librerie online che spediscono a domicilio i libri acquistati dai clienti sul web), dal boom degli e-book e dagli sconti praticati dalle grandi catene e dai supermarket. Il risultato è che oggi un totale di 580 città britanniche non hanno nemmeno una singola libreria."
Il problema dovrebbe interessare non solo i piccoli e medi editori, legati ad una produzione di qualità, ma anche gli intellettuali e l' associazionismo. Per fortuna, dopo anni di silenzio in cui si è sperato e si è dipeso troppo dall' aiuto pubblico, da  un po' si discute di questo tema e vi sono iniziative concrete. Penso all' apertura di librerie Coop, come quella Ambasciatori di Bologna, che conosco abbastanza bene e che porta l' impronta di un grande librario come Romano Montroni. O ai recenti dibattiti sul sapere come bene comune e sull' impegno civile e la la letteratura, che hanno coinvolto gli scrittori tra i trenta e i quarant' anni. 
La soluzione possibile , da cui purtroppo siamo ancora lontani, risiede ancora una volta nell' associazionismo, nella costruzione di rapporti di rete che mettano in connessione scrittori, case editrici e pubblico interessato a temi di impegno civile e solidarietà. Uso una parola molto nota a chi ama la storia italiana: mutualità.
L' editoria di progetto non è un residuo aristocratico della modernità borghese rispetto al nuovo post- moderno della globalizzazione. L'esplosione della crisi europea ( e mondiale) rimanda interrogativi etici, sociali, ecc. che non possono essere affrontati dalla produzione seriale su scala mondiale. E si tratta di domande che toccano le scienze sociali e psicologiche, ma anche la letteratura, il diritto, il giornalismo e i media,  ecc. Parliamo insomma di  risorse preziose per un paese che voglia pensare al proprio futuro, scommettendo su ricerca, sperimentazione e libera discussione. 

Per saperne di più




mercoledì 23 novembre 2011

Separarsi a Teheran




 Non succede spesso che tutta la critica sia d’ accordo nell’ elogiare con aggettivazioni significative un film. Invece è  accaduto quest’anno per Una separazione di Asghar Farhadi,  film iraniano che all’ultimo festival di Berlino ha avuto l’ Orso d’ Oro, oltre che delle  vere e proprie ovazioni. Il  regista è nato  a Ispahan nel 1972, ha studiato letteratura, cinema e teatro, facendosi notare con le sue prime opere per l’ acutezza e l’ originalità dei temi. In questo film raggiunge, come si usa dire, una piena maturità.
Al centro della vicenda c’è una giovane coppia di estrazione medio - borghese, che si presenta dal giudice  per una decisione lacerante:  Simin, una donna energica e volitiva, vuole divorziare dal marito Nader. Dopo molte difficoltà burocratiche hanno ottenuto il permesso di  trasferirsi all’estero per dare alla figlia un’ avvenire migliore, ma il marito si rifiuta di  abbandonare il padre malato di Alzheimer, e bisognoso di assistenza costante. Nader si mette alla ricerca di una badante  e trova alla fine una giovane donna di estrazione popolare. Ai conflitti dolorosi che nasceranno dal nuovo arrivo  assiste la figlia che subisce con grande turbamento la separazione dei genitori.
La narrazione si sviluppa attraverso gli appartamenti dei protagonisti e le strade della capitale, fornendoci innanzi tutto un ritratto sociologico dell’ Iran di oggi descritto con oggettività e attenzione umana. La coppia medio- borghese è divisa tra la fedeltà alle tradizioni culturali e i nuovi modelli della modernità e del consumo. L’ arrivo nella casa di una giovane di diversa estrazione sociale mette in evidenza abitudini e modi opposti di guardare alle fede religiosa e  ai comportamenti quotidiani. La vita della città è descritta dal regista come uno spazio congestionato in cui  questi contrasti sociali modificano le psicologie e gli stati d’animo, provocando dolore e tensione. Ciò che colpisce del film è lo sguardo con cui queste tensioni vengono raccontate, uno sguardo privo di compiacimento o di pesantezza.  Il regista non cede ad un sociologismo facile, né al rischio del sentimentalismo. Il film procede attraverso continui  rovesciamenti di posizione, in cui le ragioni di un personaggio sono in qualche modo contraddette da quelle dell’ altro.
Il tutto avviene  non in modo meccanico, ma per un preciso intento stilistico, e – oserei dire – morale. Tutti i contrasti  emotivi e socio-culturali sono raccontati con  una commovente e  oggettiva  partecipazione. I due protagonisti principali non riescono a rinunciare alle proprie motivazioni personali e non comprendono nulla delle ragioni dell’ altro. La famiglia della badante, che provocherà la deflagrazione della vicenda, ci appare prigioniera di altre   contraddizioni: il bisogno di danaro viene a configgere con le prescrizioni della fede religiosa, vissute in modo rigorosamente ortodosso. Di tutti ci rimane comunque la verità del loro mondo emotivo.
 Il  tema sotteso al film è quello della scelta, a cui siamo sempre chiamati nella nostra esistenza: e le scelte producono comunque sofferenza e separazioni. Con una freschezza ammirevole, la macchina da presa  ci lascia nella memoria  volti, suoni e colori. Da non mancare.
( In uscita sul mensile Confronti)

martedì 15 novembre 2011

Un ricordo di Alessandro Scansani, fondatore della casa editrice Diabasis

Prima di  scambiare un paio di brevi conversazioni telefoniche con Alessandro Scansani, risalenti ormai a quattro anni fa, conoscevo  solo superficialmente  la vasta produzione della casa editrice Diabasis, da lui fondata e diretta. Mi capitava  da giovane di   cercare  nelle librerie  qualche libro su quei temi che  mi occuparono la mente per molti anni nella vita politica e sindacale: le scienze umane, la sociologia e la storia. Cercavo confusamente un riformismo che  mescolasse insieme l' interesse per il pensiero sociale cristiano e la tradizione del socialismo riformista europeo. 
Ero un cattolico percorso da mille dubbi e un militante comunista in quegli  anni settanta - ottanta in cui sembrava a molti di noi che il Pci potesse divenire forza di governo, con un' autentica spinta riformatrice: l' esperienza di regioni come l' Emilia stava lì a dimostrarlo. In alcuni dei titoli pubblicati dalla Diabasis trovai molti argomenti per una prospettiva culturale e politica, che si chiuse poi con un fallimento storico, per ragioni oggi del tutto evidenti.
La fine della militanza politica e la presenza in famiglia  di un figlio affetto da una forma lieve di autismo (la Sindrome di Asperger) mi spinsero già più di dieci anni fa a ripensare a tutta la mia esperienza e  a impegnarmi nel mondo del volontariato per assicurare a lui e ad altri disabili psichici  un ruolo nella vita e nel lavoro: possibilità che oggi assai difficile, come è noto. 
Nel 2006 ho scoperto per caso che Marco dopo i venti anni si dedicava a scrivere in totale solitudine frammenti poetici e narrazioni ripetute dei suoi lunghi anni di malattie infantili: dolori fisici, che avevano anticipato  il suo disagio psichico. Dal nostro dialogo ne scaturì un libro, scritto a due mani: Non avevo le parole. Riuscimmo a farlo accettare dalla casa editrice Città Aperta e per un paio di anni  Marco fu impegnato in una girandola di presentazioni ed incontri che gli tennero vigile la mente per molto  tempo.
Nel 2008  mi accorsi che continuava a scrivere, esprimendo  forti emozioni di solitudine e disagio, specie per la precarietà del suo lavoro. Decisi di pubblicare allora un volume autoprodotto di nuove poesie di Marco, intitolato: Per parlare con la gente. Amici generosi mi suggerirono di aggiungere ai testi una breve presentazione e mi indicarono il nome di Alessandro Scansani. Ebbi  quindi modo di conversare brevemente al telefono con lui   sul libretto che stavamo mettendo insieme e sulla nostra esperienza familiare.
Scansani ebbe parole di ammirazione per la sensibilità di Marco e mi fece avere poche pagine di commento, che ci commossero per la loro intensità. A proposito della nostra esperienza familiare, diede questo giudizio : " Tu e tua moglie siete stati all' inferno e siete tornati ". In un altra telefonata, mi fece un breve e significatico accenno al cancro che lo aveva colpito da qualche anno. Ci salutammo con la promessa di conoscerci se fosse venuto a Roma. Tempo dopo ne ho appreso la scomparsa.
Molte e differenti sensazioni mi sono rimaste di quel brevissimo rapporto.  La cortesia di un editore di grande valore nel rendersi disponibile per un piccolo libro autoprodotto; la sensibilità spirituale verso quei temi del disagio e dell' emarginazione che ormai da molti anni erano al centro dei miei progetti; il desiderio di conoscere più a fondo una produzione editoriale rigorosa, di cui oggi si sente sempre di più la necessità  in un mercato  dominato dalla riconcorsa al best- seller.
Dopo la sua morte, avvenuta quet'anno, malgrado alcuni interventi molto  qualificati, mi ha colpito come si sia parlato abbastanza poco sulla stampa  della figura  di Scansani e del suo lavoro come fondatore della casa editrice.
Questa piccola testimonianza privata ha per me un  significato riparatore, da lasciare nel mare tempestoso della rete: un piccolo messaggio nella bottiglia. Per questo ripubblico nel blog una parte della sua prefazione a Per parlare con la gente. Ma c'è un altro aspetto che oggi mi colpisce ancora di più. Ora che il tema della malattia, del tumore è entrato nella mai vita, il ricordo di  quelle brevi conversazioni si è fatto più struggente e necessario. E per questo trovate qui un terzo, breve contributo: un breve scritto di Scansani dedicato alla sua malattia, che ho trovato in rete e che testimonia ancora una volta la qualità etica dell' uomo.


Link
http://www.diabasis.it/database/diabasis/diabasis.nsf

Le ultime riflessioni di Scansani: etica, politica, fede cristiana


GIORNALE MINIMO
Marzo 2011

Riemergo dopo tre anni di sofferenza civile e di dolore fisico per un tumore, con poca voglia di moralismi in grasse mutande alla Ferrara barattate per libertà e per un presidente, delle cui balle siamo stanchi e di cui ci vergognamo, un presidente ridicolo con nessun rispetto delle regole, chiunque sia a portarle o a doverle portare, se le regole si devono portare. Non sono mai stato comunista, per cultura, sono stato duramente antifascista con rispetto attuale per Fini, coscientemente repubblicano, e socialista municipale. Sappiamo che la sinistra cela la realtà, la destra spesso la svela. La sinistra rischia di nascondere, non vedere, la destra invece di vedere. Ho apprezzato e apprezzo alcuni ministri e sottosegretari, vedo con disgusto e con vergogna quel codazzo di servi sottosegretari e ministri piduisti di avvocati portati in Parlamento, gli esperti! per salvare Berlusconi dalle istituzioni, dalle regole dagli errori mai ammessi. Se ne torni a casa, alle sue ville, il puritanesimo falso, il moralismo famigliare. E anche la Chiesa con questo presidente ha imparato a vergognarci: la grande Chiesa che fa orrore e la piccola Chiesa che fa tenerezza, come Macondo.
Se può liberi anche la Mondadori!
L’editoria ha consumato troppe parole, e la cultura vive di parole che sono vive e libere e che non possono continuare a vivere con vergogna nella menzogna di un popolo. Che qualcuno abbia anche il coraggio o l’orgoglio di dire no. Non è lo stesso personale nuovo, sul tipo di quello napoleonico, che creò una nuova classe politica, amministrativa, militare. Questa, invece, è una classe politica a cui la cultura, e la cultura politica, non interessano, che ride, che si diverte, che non ha il senso della solidarietà, che non ha cura dei nostri figli, che baratta la cura dei tumori per il milleproroghe. Mi auguro che mio figlio rimanga ancora a lungo al suo dottorato di Honkong.

Per saperne di più

http://www.diabasis.it/database/diabasis/diabasis.nsf/pagine/BBBAC06B77346ED0C125789900492B1D?OpenDocument

L' innocente tensione della poesia


Pubblico un brano della prefazione di Alessandro Scansani  al libretto autoprodotto  di poesie e pensieri di Marco,  Per parlare con la gente ( Roma, 2008)
Il libro di Marco Brancia, può essere letto, suggerimento a posteriori in due modi  differenti: una liberatoria “poesia di occasione”, in cui il bisogno di comunicare- dando al bisogno quella forza di forza e intensità di espressione che solo una delle arti consente- è l'elemento dilettantescamente prevalente, con valore per la propria biografia e per le proprie relazioni amicali, oppure “una poesia dell'incosapevolezza”, capace di rivelare qualcosa di nuovo,  come in una piccola epifania feriale, nella piccola culla delle parole.
Credo che Marco Brancia, di cui so solo e ho voluto sapere prima di leggere e di scriverne, che ha ventinove anni ed è fuggito o in fuga dai rombi del silenzio e di paura di una fortezza vuota che  lo aveva imprigionato fin da bambino, vada letto nel secondo modo. E ho letto con innocenza ermenutica e disponibile allo stupore, senza pregiudiziali critiche senza compassionevoli pacche sulle spalle, trovandomi di fronte a una scrittura e a un teso di pensieri capaci di sorprese, capaci appunto, nelle loro ingenuità, incosapevolezza poetica, come gli inconsapevoli sorrisi dell' autore: “ il sorriso spontaneo mi viene spontaneo/ il sorriso è parte di me.”
Molti di questi testi sono nati, in modo tutto loro, di tensione poetica, come l'epifania di boccioli di campo o di siepe che trapelano appena il loro colore. (…) I pensieri poeticamente pensati da Marco Brancia (la indisciplina della percezione poetica- rispetto alle regole, alle consuetudini alle norme, offre varchi particolari e preziosi, dicevo, esprimere e liberare un umanità in qualche modo segregata) riescono a riabilitarci, come lettori  delle diverse abilità di sguardo e di commozione che abbiamo, induriti come una pellaccia greve alla dolcezza e all' innocenza. E' una riabilitazione all'altro-di noi smarrito nel frastuono del mondo.
Per afferrare il mondo e relazionarsi a esso, l'autore si è dato un suo linguaggio, nella morfologia usuale della lingua e della grammatica italiana, ma concettualmente intenso e nuovo: primordiale e sofisticato, anche elegante nelle immagini, nate dall'immediatezza intonsa , non consumata , di una percezione e di un bisogno. Senza mai tono sentenzioso- la terra libera gli è probabilmente recente- i suoi versi sferzano talora il mondo con l'innocenza giosa del bimbo che rivela il reale:.
- Ma il re è nudo: Il Mondo è nudo.Versi forse poeticamente consegnati, ma liberatori. Liberatori per il lettore. E' un linguaggio che rinnova e trasmette all' esterno la vita in un rapporto sempre stretto con il corpo, materia prima e profonda da restituire alla poesia: il corpo come medium tra qualche cosa verso cui uscire, staccare il volo, e qualche cosa verso cui rientrare, capace di dare significato alla vita, e di darle quella gravità terrestre, dolorosa e gioiosa necessaria, sulla terra a portare un anima….

Sindrome di Aspersper e formazione superiore

Enrico Valtellina (a cura di)
Sindrome di Asperger, HFA e formazione superiore. Esperienze e indicazioni per la scuola secondaria di secondo grado e l’Università
Edizioni Erickson, 2010,18 euro, pp. 132,

Con grande fatica e difficoltà, negli ultimi anni, si è affermata tra gli specialisti e nel sentire pubblico  una maggiore sensibilità  verso le problematiche poste dall’ integrazione sociale e scolastica dei giovani con Sindrome di Asperger. Vi hanno contribuito l’ impegno costante delle associazioni e delle famiglie, ma anche  l' attenzione mediatica di film e trasmissioni televisive ( spesso fuorvianti, purtroppo). Questa sindrome, definibile anche come autismo ad alto funzionamento ( HFA),  riguarda quei giovani, che  conservano intatte le  funzioni dell' intelligenza e manifestano un' alterazione dei rapporti sociali ( comportamenti stereotipati, interesse limitati e ripetitivi, ecc.)
Per questi giovani, l' integrazione nella scuola è una possibilità concreta a patto che sia sostenuta da una visione lucida del problema e da un' autentica collaborazione tra scuola e famiglia. Questo libro, che raccoglie  contributi di vari autori,  affronta il tema della formazione superiore delle persone con sindrome di Asperger:  gli interventi  danno ampio  spazio  alle  voci di importanti professionisti del settore (Andrea Canevaro, Flavia Caretto, e altri) e di genitori che hanno scelto la strada impegnativa e difficile dell’ aggregazione sociale, dell’ impegno civile giocato in prima persona ( Fabrizia Bugini, Laura Imbimbo).
Il volume non vuole essere solo una riflessione teorica
, pure necessaria ed importante. Accanto al racconto  di  esperienze vissute,  di grande impatto emotivo, come quella di Pietro (p. 111),  il volume propone  suggerimenti  pedagogici concreti  su come aiutare gli studenti con sindrome Asperger   ad affrontare  in modo positivo gli anni degli studi superiori e dell’Università. L’ intento è quello di permettere  a questi giovani  un’esperienza sociale  positiva, che ne rafforzi  la fiducia in se stessi e le  abilità relazionali,  
Andrea Canevaro ricorda giustamente nel magnifico saggio introduttivo l’ importanza della maturazione critica del contesto sociale per  garantire alle persone con disturbi dello spettro autistico  una effettiva integrazione.  Il volume, curato egregiamente da Enrico Valtellina, rappresenta uno strumento utile non solo per gli insegnanti, che si trovano  quotidianamente a contatto con questi giovani, ma anche per le famiglie, che possono ampliare le proprie conoscenze e uscire  da un isolamento assai doloroso.

Per saperne di più 
http://asperger.it/
 

Per conoscere seriamente il terzo settore


Il Terzo settore dalla A alla Z. Parole e volti del non profit
a cura dell' Agenzia per il Terzo settore
Editrice San Raffaele, 2011, pp. 448,  48,00 euro

Malgrado siano moltissime le pubblicazioni specifiche sul terzo settore ( no-profit, volontariato, ecc.), sono abbastanza rari i testi che forniscano un' informazione complessiva ed organica su questa componente importante della società italiana, che si dedica a praticare un' attività di solidarietà verso le fasce più deboli della società.
Questo libro, che è stato  curato dall'Agenzia per il Terzo settore, ha proprio questo obiettivo: rendere più comprensibile  a tutti   l' arcipelago variegato del non profit, che  comprende tante esperienze molto diverse tra di loro ( imprese sociali con un buon potenziale  economico, associazioni di volontari e di famiglie, ecc.). Basterà ricordare che si tratta di un segmento sociale  che riesce a realizzare sino a 400.000 occupati.
La parte centrale del volume  è un dizionario ragionato di 120 parole chiave, ricco di esempi concreti e di citazioni illustri. Si tratta di voci  particolarmente utili per quelli che vogliono comprendere queste realtà solidali, indispensabili per porre limiti all’anarchia del mercato. I necessari richiami alla normativa corrente  si alternano alle fonti bibliografiche e ai siti web di riferimento, fornendo un panorama pratico indispensabile.
Accanto agli  approfondimenti sull'evoluzione storica alla base del Terzo settore, sulla situazione attuale e sulle prospettive future, troviamo anche  le biografie dei personaggi che hanno  contribuito a creare  questo mondo, lasciando alla società un'eredità permanente: si tratta di economisti, operatori sociali, sacerdoti ed intellettuali.
In quest' area sociale e culturale, che guarda agli esclusi della società ( disabili, anziani, disoccupati, ecc.), si sono sperimentate le culture laiche e cattoliche del nostro paese, con l' intenzione di rispondere alle crisi dei paesi industrializzati.
Da segnalare, tra i materiali del libro, un contributo di Stefano Zamagni, il maggior esperto italiano dei problemi del terzo settore. Questo testo rimarrà nel tempo come uno strumento utile non solo per gli operatori sociali, ma per famiglie ed associazioni. E Dio sa se abbiamo bisogno di questi strumenti in una fase drammatica  come quella che stiamo attraversando.




Ivan Illich: un pensatore indispensabile



Martina Kaller-Dietrich
Vita di Ivan Illich. Il pensatore del Novecento più necessario e attuale
Edizioni dell' Asino, 2011, 12 euro, pp. 225

Nel dibattito pubblico non si parlava  da diversi anni di uno studioso come  Ivan Illich,  morto  nel 2002. Filoso, teologo ( e molto altro), la sua opera  aveva svolto un ruolo importante per chi si affacciava alla conoscenza e  all’ impegno civile negli anni  settanta del Novecento.
Opere come Descolarizzare la società e  Nemesi Medica  avevano suscitato allora polemiche e discussioni vere.  Illich vi  ha analizzato i conflitti e le ineguaglianze di un modello sociale, fondato sempre di più sul potere alienante  dei  tecnici e degli  “esperti”. Sulla scia di una riflessione che occupa  tutto il Novecento, i suoi libri individuarono nella forza manipolatrice della  tecnica” il nodo centrale della modernità e delle sue contraddizioni.
“.. In tutti i suoi saggi Illich ha sviluppato la tesi secondo la quale  l’ industrializzazione ha cancellato l’ economia orientata ai valori d’ uso, generando in questo modo la povertà modernizzata, la cui intensità può essere misurata dalla dipendenza del singolo dal mercato” ( p.143). Di qui il suo interesse per  temi  come alienazione e disumanizzazione, che lo portarono ad un confronto critico e non subalterno con il pensiero di Marx e con le nuove tematiche ecologiche, già emerse in quegli anni.
Come è noto, Illich avviò un lavoro di esplorazione intorno al concetto di convivialità, come criterio di una società futura, fuori dagli schemi del socialismo autoritario e dell’ industrialismo esasperato.
La biografia di  biografia Martina Kaller-Dietrich  ricostruisce con grande vivacità gli aspetti dell’ itinerario culturale, politico e spirituale di Illich, in cui la passione per la vita sociale e una tormentata ricerca sulla fede cristiana si fusero in un intreccio  attualissimo. Un libro appassionato e necessario per capire meglio quello che sta accadendo nel mondo in questi giorni.

lunedì 14 novembre 2011

Belle novità per la Mediateca LEDHA : crescono cinema e letteratura

                               

Finalmente grazie ad un contributo della Regione Lombardia, Bando Associazionismo, un piccolo sogno nel cassetto, quello di ampliare la Mediateca LEDHA a libri e romanzi è diventato realtà.Analogamente con l'impostazione della Mediateca Film, anche in questo caso abbiamo scelto la letteratura d'autore, quindi la Narrativa e il Racconto, non la saggistica.
Un'attenzione particolare è riservata alla letteratura per l'infanzia, scegliendo libri che possano introdurre i bambini ai temi della diversità/disabilità. Da oggi è attiva una libreria accanto alla già esistente mediateca, presso gli uffici LEDHA di Milano. L'elenco dei libri disponibili accompagnato da una breve recensione sarà consultabile sia presso la biblioteca stessa, sia comodamente da casa, collegandosi al sito www.ledha.it/mediateca.
La consultazione e il prestito dei volumi sarà gratuita per tutti previa registrazione alla mediateca.
Dal sito sarà inoltre possibile consultare l'elenco dei volumi, che dovranno essere ritirati personalmente presso la sede LEDHA in via Livigno 2 a Milano.
Invitiamo inoltre voi lettori a segnalarci libri di narrativa non presenti nel nostro catalogo che trattano il tema della disabilità. L'obiettivo, ambizioso, della mediateca libri è infatti quello di raccogliere nel tempo il maggior numero di testi che raccontano la disabilità attraverso lo strumento della narrazione, cercando di diffondere anche le opere di autori che difficilmente riescono a trovare spazio negli scaffali delle grandi librerie. Anche organizzando momenti di incontro, letture pubbliche e presentazioni, nei nostri spazi di via livigno 2 o presso biblioteche e librerie sensibili alle tematiche a noi care.
LEDHA offre, inoltre, la possibilità agli aspiranti scrittori e agli accaniti lettori di scrivere una recensione ad un libro a loro particolarmente gradito che sarà poi pubblicato sulla nostra testata on-line Personecondisabilita.it.

Potete inviare le vostre segnalazioni a:
Francesco Villabruna - mediateca@ledha.it

mercoledì 2 novembre 2011

Promuovere la lettura: metafora di un paese più civile


Potrebbe sembrare un paradosso, ma non lo è: una legge di iniziativa popolare per un' attività e un oggetto tra i meno popolari in Italia. Il libro e la lettura. A rilevare l' apparente incongruenza è Gian Arturo Ferrari, presidente di quel Centro per il libro chiamato a svolgere un ruolo centrale nella nuova geografia disegnata dalla legge. Un progetto ambizioso, che sarà discusso oggi pomeriggio al Forum per il libro ospitato a Matera. Poi l' approdo in Parlamento, ma solo dopo aver raccolto cinquantamila firme. 
La legge di iniziativa popolare - promossa da Giuseppe Laterza, Giovanni Solimine e dalle innumerevoli associazioni che fanno capo al Forum - si propone di attenuare il grave ritardo culturale che affligge il nostro paese. I dati sono sempre gli stessi - metà degli italiani non legge un solo libro e il 70 per cento non riesce a comprendere fino in fondo il significato di un testo - ma come per altre cose abbiamo finito per farci l' abitudine. Senza capire che, anche in conseguenza di questo analfabetismo diffuso, il declino italiano rischia di virare in catastrofe. Potrà una leggere risolvere il problema? Certamente no. Però può rimettere in moto un meccanismo arrugginito, motivando l' eroica comunità che opera intorno ai libri. Innanzitutto sarebbe necessario trovare un raccordo tra i vari livelli istituzionali e le diverse amministrazioni che hanno competenza nel settore. 
«Una delle maggiori difficoltà», spiega Solimine, «è la frammentazione delle competenze, oggi distribuite tra presidenza del Consiglio, ministeri, organismi centrali come la Siae, Regioni ed Enti locali». Da qui l' idea di potenziare il Centro per il Libro, trasformandolo in agenzia indipendente che possa funzionare da catalizzatore di iniziative pubbliche e private. Il Centro per il Libro, tuttavia, oggi dipende dai Beni Culturali. E dunque andrebbe sganciato da quel ministero. A questo sta già lavorando Gian Arturo Ferrari, il quale vorrebbe trasferirlo alla vicepresidenza del Consiglio, così come inizialmente era stato progettato. «Essendo il suo compito la promozione alla lettura», dice Ferrari, «il Centro starebbe meglio presso la vicepresidenza, che ha già competenze in questo campo, mentre il ministero dei Beni Culturali è un ente preposto alla tutela e alla conservazione». Una struttura agile è quella che ha in mente Ferrari, in grado di mettere insieme pubblico e privato. Trasferito nella nuova sede, il Centro dovrebbe definire un programma nazionale e pluriennale di promozione della lettura, con il concorso dell' amministrazione centrale e degli enti locali, ma anche del mondo della scuola e degli editori. Con quali fondi? «Intanto», risponde Solimine, «occorrerebbe utilizzare bene i fondi che già ora lo Stato, le Regioni e gli Enti locali destinano alla promozione, evitando sovrapposizione e sprechi». 
Ma è ipotizzabile che tutti questi soggetti accettino di essere coordinati da una struttura centrale? «Non è certo immaginabile una struttura centralizzata e piramidale», interviene Ferrari, «semmai bisognerebbe costruire un centro propulsore che spinga in avanti e funzioni da modello nazionale, intervenendo là dove gli Enti locali non arrivano». Tutti d' accordo? Marco Polillo, presidente degli editori, mostra scetticismo. «Unificare le competenze di cinque ministeri in un unico centro? Mi sembra dura. Nel migliore dei mondi, può accadere che ci si metta d' accordo. Per come sono organizzate le cose in Italia, vedo molte difficoltà». Dal laboratorio di Matera arrivano tante idee che potrebbero avere una traduzione concreta. «Tra le nostre richieste», spiega Solimine, «è che venga esteso al Centro per il libro, alle biblioteche, agli istituti scolastici il regime già previsto per le ONLUS, in modo che possano essere destinatari del cinque per mille dell' Irpef». 
Altra proposta è quella di consentire alle donazioni realizzate a favore della lettura gli sgravi fiscali contemplati per altro genere di mecenatismo. «Se un privato contribuisce al restauro di un monumento», esemplifica Ferrari, «ha dei vantaggi fiscali. Non li otterrebbe se destinasse i soldi per la promozione della lettura». Idee utili, applaude Polillo, che possono essere messe in pratica. Da Matera parte dunque la nuova sfida.E nona caso la sede scelta è la regione con gli indici di lettura più bassi. Ancora un paradosso, o forse un auspicio: rendere popolare ciò che non lo è.

La notte delle biblioteche
















In queste ore di  angoscia e di preoccupazione per la crisi dell' Italia e dell' Europa, mi sembra indispensabile  rilanciare l' appello sul rischio di scomparsa delle biblioteche, lanciato qualche settimana fa dagli operatori e da un gruppo di intellettuali. La cultura e la memoria sono due risorse indispensabili per rilanciare l' attività economica e la qualità della vita di un paese. E' bene ricordarsene  quando bisognerà  decidere che cosa tagliare  nei vari settori della produzione.

A fronte dei pesanti tagli alle biblioteche e dopo gli avvenimenti dell'11 ottobre, quando un'assemblea convocata nella Biblioteca centrale nazionale di Roma è stata impedita da agenti di polizia in tenuta antisommossa, l'Associazione Italiana Biblioteche, insieme ad altre realtà, ha deciso di promuovere l'appello che viene riportato di seguito. Nazione Indiana sostiene questo appello e invita tutti a firmarlo.  
Ci vuole sottoscrivere l' appello, può andare sul sito:
http://www.aib.it/

L’Associazione Italiana Biblioteche, il Forum del Libro, l’Associazione Bianchi Bandinelli, Generazione TQ e i Presìdi del libro, con il sostegno di IFLA – International Federation of Library Associations and Institutions, ed EBLIDA – European Bureau of Library, Information and Documentation Associations, promuovono un appello a tutta la società italiana, per chiedere un’inversione di rotta che porti maggiore attenzione e maggiori risorse per le biblioteche italiane, prima che sia troppo tardi.
Le biblioteche sono un servizio essenziale per la vita culturale, sociale e civile del Paese e rappresentano un presidio di democrazia fondato sulla libertà di espressione e sul confronto delle idee.
Le biblioteche costituiscono un’infrastruttura della conoscenza che raccoglie, organizza e rende disponibili i prodotti della creatività e dell’ingegno, fornisce accesso a una pluralità di saperi e di informazioni, agevola l’attività dei ricercatori e degli studiosi, tutela la memoria culturale della nazione, offre a tutti i cittadini occasioni di crescita personale e culturale, favorisce l’acquisizione di competenze che possono essere spese nella vita sociale e lavorativa.
In Germania i frequentatori delle biblioteche superano gli spettatori delle partite del campionato di calcio; negli Stati Uniti l’investimento sulle biblioteche è parte integrante degli interventi governativi per contrastare la crisi economica; in Francia, Gran Bretagna e Spagna le biblioteche nazionali ottengono finanziamenti e dispongono di personale, attrezzature, risorse adeguate a un paese ad economia avanzata.
Mentre in queste nazioni le biblioteche sono considerate servizi indispensabili, da tutelare in quanto bene comune, da promuovere perché grazie ed esse è possibile costruire una coscienza civica fondata sulla centralità della cultura e dell’istruzione, in Italia, per colpa della crisi economica e di una politica culturale miope, le biblioteche sono allo stremo e hanno bisogno del supporto di tutti coloro che hanno a cuore le sorti della cultura.
Moltissime biblioteche (statali, di ente locale, universitarie, scolastiche, di istituti culturali) hanno subito pesanti tagli ai bilanci e al personale, blocchi all’aggiornamento delle raccolte e riduzioni all’orario di apertura, e ciò rende spesso impossibile l’esercizio delle funzioni più elementari, pregiudicando il diritto dei cittadini alla cultura, all’istruzione, alla conoscenza, alla condivisione dei valori su cui si è costruita la nostra storia.
Un paese senza biblioteche efficienti è un paese senza memoria e senza futuro. Per ogni biblioteca che chiude, si restringono gli spazi di democrazia e di libertà. Uno Stato che ha paura di discutere i problemi delle biblioteche e della cultura, riducendo la richiesta di dare vita a un dibattito pubblico sul loro ruolo e sulla loro crisi a un problema di ordine pubblico – come è avvenuto martedì 11 ottobre davanti alla Biblioteca nazionale centrale di Roma, dove cittadini che volevano difendere le biblioteche e valorizzarne la funzione hanno trovato i cancelli sbarrati e sono stati accolti da poliziotti in tenuta antisommossa – è uno Stato che tradisce l’interesse pubblico, che nega a chi ha a cuore le sorti delle biblioteche persino la possibilità di parlarne.

Roma, 22 ottobre 2011