" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

lunedì 21 dicembre 2009

Ho un amico con tanti difetti...

Ho un amico, con cui non parlo molto.
Su di lui vorrei raccontare una storia e suggerirvi di visitare il suo blog.
Si chiama Vittorio Orsini e non ama molto le lodi. Quindi vi parlerò dei suoi difetti.
E' giovane innanzi tutto e questo - per un vecchio come me - è un colpa grave che mi desta melanconie furiose.
Ha altre due pessime caratteristiche. Innanzi tutto è' spiritoso con una precisione e una perfidia che gli invidio con tutto il cuore: alla mia età sto diventando crepuscolare da far quasi schifo. Ma è la sua terza peculiarità a suscitarmi gerlosie notturne.
Ama il cinema nell' identica maniera viscerale con cui lo amo io. Vive a Roma in una bella casa e nella sua stanza mi ha permesso di guardare una collezione di dvd tra le più complete che mi sia capitato di vedere.
Ma non basta: sul cinema americano ( in particolare sul noir), sulla commedia italiana (da Totò ad oggi) ha una conoscenza così puntuale e precisa che già cominciano a chiamarlo per iniziative culturali. Può ricordare con precisione titoli, nomi di attori e registi, formulando opinioni critiche sempre originali. E tutto questo a poco più di vent'anni.
Ma vi pare possibile ? io ci sono riuscito solo dopo i cinquanta!!
In questi giorni mi ha suscitato l' ultima invidia: ha aperto un blog sul cinema, ed è bellissimo, accidenti! Colorato, pieno di immagini originali e scritto benissimo.
Provate a visitarlo e vedrete: ne vale la pena.
Ma non fategli delle lodi, come vi ho detto : si arrabbierebbe...

Ciao, Vittorio: e continua così!!

Link

http://viaggiatoredifilm.blogspot.com/

martedì 15 dicembre 2009

Una rivista dentro l' apocalisse

Qualche settimana fa, in un pomeriggio di questo inverno grigio e aggrondato, mi è capitato di sfogliare uno degli ultimi numeri di Loop, la rivista di riflessione critica sui nuovi movimenti, nati dentro la crisi globale, che trovate in libreria e in edicola da quasi anno.
Ero a Firenze per una riunione del Coordinamento delle riviste italiane di cultura (Cric) , che si svolgeva in un posto per me singolare e importante: la sala del Consiglio della Regione Toscana.

Le riviste dentro l' apocalisse

Seduto tra i banchi dove si riuniscono i gruppi politici consiliari mi veniva fatto di pensare che le riviste di cultura in Italia hanno avuto uno strano destino. Si sono mosse dal secondo dopoguerra ( ma anche prima probabilmente) tra due poli contigui: quello della radicalità dei gruppi intellettuali, che si aggregavano per leggere il mondo con un proprio punto di vista autonomo, e quello istituzionale, politico, di chi produceva o razionalizzava le ideologie dominanti. Tra queste due polarità vi erano mille sfumature, compromissioni e scissioni che sono state il filo sotterraneo della tormentata storia nazionale.
Loop rispecchia abbastanza bene questo schema. Attraverso il reticolo di una grafica sorprendente e ricca di sfumature, dalla lettura dei primi numeri ricavo l’ idea di due sorgenti intellettuali che mi sembrano aver nutrito la ricerca della rivista. Il primo è sicuramente quel grumo di questioni irrisolte che riassumiamo in genere con un termine ovvio: il 1977. In quell’ anno vennero alla luce molte mutazioni che -come accade sempre in Italia . ci misero un decennio a diffondersi nel corpo sociale: quella del Pci, come forma partito uscita dal secondo dopoguerra, quella del lavoro operaio della grande fabbrica centrale, su cui l’ operaismo italiano nelle sue diverse diramazioni aveva lavorato, fuori e dentro il Pci ( due nomi per tutti, e ci si perdoni la banalità: Mario Tronti e Antonio Negri).
Il 1977 rappresento però in positivo l’ emersione di un altro tema, che il marcire della crisi italiana ( terrorismo, ecc.) avrebbe soffocato per molto tempo: la creatività delle nuove forme di lavoro autonomo. Naturalmente il pensiero va alle radio libere e all’ arte, ma oltre questi esempi scontati c’è il nodo bruciante delle nuove tendenze produttive, la fabbrica diffusa e il precariato, che stavano inglobando e frantumando i lavori tradizionali. Non è un caso che questi riferimenti circolano nelle pagine della rivista attraverso i nomi di Franco Berardi (Bifo), Mario Tronti, Andrea Colombo, Erri de Luca. Riflessione politica, letteratura e percorsi esistenziali si alternano qui in una fertile mescolanza.

Leggere il mondo globale

Ma il collettivo della rivista è interessato a orientarsi dentro una fase delle culture politiche della sinistra, che possiamo definire con un termine usurato post- ideologica. L’ occhio viene portato anche ad altri aspetti di una globalizzazione che include tutte le zone del pianeta. Troviamo quindi interventi sulle esperienze del nuovo socialismo dell’ America Latina , osservate da altri con troppa spocchia, e sulla politica del presidente Usa Obama a un anno dall’ insediamento.
Non a caso quindi l ‘ultimo numero è dedicato ad una questione cruciale per chi oggi si muove tra le membra lacerate e i frammenti dispersi della sinistra italiana,cercando nuove rotte: cosa si immagina vent’anni dopo la fine del comunismo? Ritroviamo, tra l' altro, riflessioni critiche di Franco Berardi (Bifo) su Communisme et barbarie accanto a resoconti sociali dal Giappone e dalla Bolivia. Da segnalare un brano narrativo di Eduardo Galeano, il grande autore di Memoria del fuoco e Le vene aperte dell’ America: una lettura struggente impatto emotivo.
Non tutto mi convince dell’ elaborazione in progress della rivista. Capisco l’ irruenza con cui molti articoli della rivista rivendicano l’autonomia e la radicalità dei movimenti sociali dentro una apocalisse evidente delle idee. Mi condanna al dubbio un’ ormai lontana gioventù passata a decifrare due opere di Mario Tronti: non solo la summa di Operai e capitale , ma anche quel suo libretto Sull’ autonomia del politico, che tanto discussione laceranti suscitò negli anni ottanta.

Insorgenze sociali e pratica della politica

Basti dire che dentro questa oscura stagione mi sembra ancora necessario tenere insieme il doppio movimento dell’ insorgenza sociale e di una pratica democratica delle istituzioni. Ce lo richiede, se non altro, la gravità della crisi ambientale su cui molti articoli insistono giustamente. Ma i dubbi per una bella rivista come Loop sono fecondi e quindi invitano a una nuova lettura dei prossimi numeri non solo nelle sale addobbate di uno storico Consiglio regionale, ma nella più prosaica e dolente realtà delle nostre metropoli. Buona lettura: non rimarrete delusi.

http://www.looponline.info/index.php/home

La famiglia e i suoi segreti

C’ è una regola non scritta nella storia del cinema: il film non riuscito di un grande autore ha spesso più motivi di interesse di un’ opera apparentemente perfetta, con i tempi narrativi giusti e la recitazione ben curata. Questa regola vale anche per Segreti di famiglia, l’ ultimo film di Francis Ford Coppola.
Malgrado abbia raggiunto un ‘età ragguardevole, il regista de Il padrino e di Apocalypse Now non ha perso il gusto della ricerca e della sperimentazione rischiosa. La vicenda è ambientata a Buenos Aires dove arriva improvvisamente Bennie, un ragazzo ancora minorenne alla ricerca del fratello maggiore Angel, rifugiatosi in Argentina per sfuggire ad un padre grande musicista e uomo autoritario.

La famiglia: l' eterno spazio dell' ansia


Angel ha ereditato da lui la passione per l’ arte e la creatività, cercando di realizzarla nella scrittura. Per una ragione misteriosa, che il fratello più giovane ha il bisogno ovvio di svelare, Angel ad un certo momento ha abbandonato la letteratura e si è rifugiato in un altro paese, cambiando vita ed identità. Bennie è innamorato anche lui dell’arte come strumento per raccontare i conflitti dell’ anima. Il suo arrivo sconvolge in pochi giorni i fragili equilibri del fratello, che nascondono angosce e nodi emotivi irrisolti.
L’ evoluzione del racconto e la conclusione sono disposti dal regista secondo i canoni classici del melodramma cinematografico ds Douglas Sirk a Scorsese: gelosie tra fratelli, conflitti familiari a sfondo edipico, interrogativi sulle questioni fondamentali della vita, “ la vita, la morte, l’ amore “ ( gli unici che vale la pena di porsi come amava dire proprio Martin Scorsese).
Il filo conduttore è quello caro al regista: la famiglia patriarcale è un universo protettivo e opprimente, da cui forse solo l’ arte permette di sfuggire. Ma la domanda che viene subito alla mente a Coppola è quasi banale: quale arte ? la ricerca personale dell’ artista ribelle agli schemi dominanti ? o quella commerciale di chi sia adegua al conformismo e al mercato?
Il racconto viene condotto con una tensione governata quasi sino all’estremo e un’agnizione finale, del tutto inaspettata. Certo, nella seconda parte si vedono alcuni difetti del film: l’ ambizione di riflettere su questioni universali lo spinge ad un finale affrettato e a brani di retorica pasticciata ( ad esempio, tutta la sequenza del premio letterario). Però per due terzi del film potrete vedere all’ opera un narratore vero, capace di usare le regole narrative e di sconvolgerle allo stesso tempo. Coppola ha scelto per raccontare l’ incontro – scontro tra due fratelli un bianco e nero struggente, a cui alterna frammenti di ricordi girati con colori sfavillanti.

Che cosa vediamo realmente di noi?


Il bianco e nero esprime benissimo l’ imbarazzata melanconia dei rapporti tra i due fratelli, il silenzio che colpisce chi si ama e non riesce quasi mai a dirselo. I colori oppressivi e luminosi del ricordo sono girati in digitale ed evidenziano invece la violenza di un passato permeato di cupezza. Qui le intenzioni del regista non prevaricano la narrazione, ma si mettono al servizio della storia e degli attori.
Uno degli interrogativi sotterranei del film è quello della luce, della visione che può illuminare meglio gli oggetti o renderci per sempre ciechi. In due sequenze molto belle, che si svolgono a teatro, il talento barocco di Coppola esplicita questo argomento con efficacia autentica. In fondo, tutto il film si muove intorno al tema dello sguardo e dei limiti che lo segnano, logorando la nostra esistenza. Il cinema può aiutarci ad aggiustare un po’ meglio la visione su un mondo che rimane oscuro, almeno in questo vita.
Coppola continua ancora a guardarsi intorno cercando immagini e riuscendo a sbagliare magnificamente.
( Di prossima uscita sul n. di gennaio del mensile Confronti)

martedì 8 dicembre 2009

Un film sulla Sindrome di Asperger

Esce in questi giorni a Roma e in altre città italiane il film Ben X, dedicato al tema della Sindrome di Asperger. Le associazioni delle famiglie ne discutono e già se ne parla molto anche in rete.
E' un film complesso e ricco di tante sollecitazioni, non solo narrative, ma psicologiche e sociali. Vale la pena vederlo e farlo conoscere. Questa è la mia solita recensione mensile per Confronti.



Il film di produzione belga-olandese Ben X è l'adattamento di un libro commissionato a Nic Balthazar per promuovere la lettura tra i giovani. Liberamente ispirato a un fatto di cronaca drammatico (il suicidio di un adolescente autistico tormentato dai suoi compagni di classe), il romanzo ebbe un successo inaspettato. La fortuna di una ulteriore traduzione teatrale ha convinto i produttori ad affidare allo stesso Balthazar la versione cinematografica.

Vivere al computer

Ben, il protagonista, sembra possedere le caratteristiche di buona parte dei giovani d' oggi: ama il computer, frequenta un istituto professionale e vive con la madre, dopo l’ abbandono della famiglia da parte del padre legatosi ad un ‘altra donna. Si tratta invece un ragazzo “speciale” ( come si usa dire con un vocabolo abbastanza orrendo): non riesce a guardare con naturalezza il viso degli altri, suoni e rumori lo gettano nell’ ansia e passa la maggiora parte del suo tempo al computer.
Ben è' affetto da una patologia di cui fino a una diecina di anni si sapeva poco o nulla. Da qualche anno invece se parla molto, sia da noi che in tutto il mondo anglosassone: la sindrome di Asperger ( dal nome del pedagogista austriaco che l' ha diagnosticata e studiata a lungo). Viene spesso definita una variante dell'autismo ad alto funzionamento. Nella maggior parte dei casi, chi ne è affetto non vede colpita la sfera dell’ intelligenza cognitiva, ma piuttosto quella delle emozioni e delle relazioni sociali.
Ben vive in un mondo a parte in cui agli estranei è vietato l' accesso. Accede al suo universo parallelo attraverso il computer, che molti di questi giovani usano con ossessiva assiduità. Si immerge così nelle storie e nei personaggi dei videogiochi, identificandosi nelle imprese di un cavaliere medievale che diviene un alter ego immaginario: in quell’ universo affronta avventure guerresche e rapporti emozionanti.

Tra bullismo e fughe nell' immaginario


Ma la durezza della vita quotidiana lo costringerà a fare i conti con le prepotenze di due bulli della scuola e l' incapacità degli altri compagni di comprendere i tormenti della sua vita interiore.
Nic Balthazar ha giocato la trama del film su due piani riuscendo a integrarli con sensibilità ed equilibrio espressivo. Il primo è quello realistico dell' ambiente in cui il protagonista vive. La cattiveria dei suoi compagni di scuola è rappresentata con la giusta indignazione ed evidenza drammatica. E' il tema del bullismo che nella nostra società condanna spesso alla solitudine e all' oppressione chiunque abbia una qualche diversità.
L' altro livello è quello del mondo virtuale in cui Ben si rifugia: il cyberspazio, ricco di guerrieri, duelli e gentildonne, è descritto con un estro fantastico che incanta e commuove. I mostri e le avventure guerresche di un mondo immaginario aiutano il ragazzo a sopportare l' indifferenza e la violenza della realtà.
Complessivamente la vicenda è narrata con cura estrema per i dettagli psicologici e una forte partecipazione emotiva: non a caso il film è stato candidato all' Oscar per il Belgio nel 2007. Stimolati dalla storia di Ben X, uscirete dal cinema desiderosi di saperne di più su una sindrome difficile e dolorosa.
Vi suggeriamo di visitare almeno il sito Internet dell' associazione che in molte città italiane lavora su questo tema ormai da anni: http://asperger.it Vi troverete concetti, storie e iniziative sul tema, ma sopratutto un’ esperienza umana fondata sulla partecipazione personale, i valori etici e la speranza. L' unico modo per fronteggiare una malattia: o almeno per limitarne l' offesa.

( Pubblicata sul numero di Dicembre 2009 di Confronti)