" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

lunedì 24 agosto 2009

I dilemmi della politica americana

Dopo l’ elezione di Barack Obama, si sono moltiplicati le pubblicazioni dedicate alla situazione americana e alla biografia del nuovo presidente. Si tratta di testi spesso occasionali, e di taglio giornalistico. Le componenti sociali, politiche e culturali della politica americana sono estremamente complesse e difficili da governare tutte insieme, e vi riescono in pochi - anche tra gli studiosi oggi più in voga.
Uno di questi è certamente Stefano Rizzo, docente di relazioni internazionali e funzionario parlamentare, che prosegue in questo volume, La svolta americana. Cronache dalla fine del bushismo (2006-2008) - Ediesse, 2009, € 16,00 - la disanima attenta del mondo politico americano, già condotta con il libro precedente Ascesa e caduta del bushismo (Ediesse, 2006).
Rizzo non è soltanto un generico osservatore politico degli avvenimenti politici, ma conosce molto bene la cultura americana di cui è stato anche traduttore attento. Basti ricordare, tra i suoi interessi: Hemingway, McLuhan, Bob Dylan.
La tesi centrale del libro è assai acuta e molto utile per capire gli avvenimenti di questi mesi, in cui Obama registra le prime serie difficoltà. Le forze radunate intorno a Bush non hanno rappresentato secondo Rizzo un’ organica ideologia o solo un singolo partito, ma piuttosto una coalizione magmatica di interessi, che avevano origini diverse: le grandi corporazioni petrolifere, i gruppi religiosi del fondamentalismo, i ceti popolari della cosidetta America profonda.
Questi diversi elementi si sono trovati uniti già alla fine degli anni settanta da una reazione culturale di segno conservatore ai grandi cambiamenti della stagione dei diritti civili e del pacifismo.
In quella reazione maturarono le idee, i progetti del neoconservatorismo nei suoi aspetti politici, culturali e religiosi. Il libro di Rizzo ripercorre tutte le vicende che hanno portato alla crisi del bushismo, con una finezza esemplare di dati e elementi analitici: l’ Afghanistan, la guerra irachena, una crisi economica fronteggiata con un' imperizia tragica.
La ricostruzione aiuta a comprendere che la caduta di Bush è stata non solo la fine di un presidente, ma la sconfitta di un’ insieme di forze sociali, che intorno quel progetto si erano coalizzate. Un libro importante sul presente dell’ America, per guardare dentro un futuro che appare ancora incerto. Ultimo dato, mai secondario in un saggio di storia politica: è scritto benissimo!

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mercoledì 12 agosto 2009

Disabili: il lavoro non è sempre un diritto

La casa editrice Ediesse è una sigla gloriosa e importante nella storia del movimento operaio italiano.Espressione della elaborazione culturale di un sindacato come la CGIL è stata costituita nel 1982: in un mutato contesto politico e culturale, ha ereditato la denominazione sociale della Editrice sindacale italiana (Esi), nata nel dicembre 1952. La Esi aveva accompagnato con le sue pubblicazioni e le sue riviste tutte le vicende sindacali italiane , dagli anni cinquanta sino all' autunno caldo e dopo.
Questo volume su Disabilità e lavoro ( Ediesse, 2009,€ 35.00), è di grande mole ed impegno, ma vale sul serio la fatica: è stato curato da Carmen la Macchia, con la collaborazione di Nina Daita e Stefano Oriano ed è dedicato ad un tema significativo : la tutela della persona disabile in tutte le fasi della sua vita lavorativa, dall'accesso al mondo del lavoro alla conclusione del rapporto, passando attraverso i difficili percorsi di integrazione.
Oltre mille pagine per raccontare attraverso la normativa vigente la situazione delle persone con disabilità nel nostro paese, con uno sguardo orientato anche alle tutele previste negli ordinamenti stranieri, alle leggi internazionali e a quelle comunitarie. Il rigore e la completezza della ricerca rendono questo testo uno strumento imprescindibile per tutti coloro che lavorano su un tema impegnativo come quello del diritto dei disabili ad un lavoro stabile e dignitoso.
"..Il nostro obiettivo è stato creare una sorta di testo unico sulla disabilità per aiutare gli operatori del settore a districarsi all'interno delle norme. Solo attraverso delle linee guida sui diritti del lavoro si possono coordinare le azioni a favore delle persone con disabilità e favorire il passaggio dalla tutela alla cittadinanza", ha sottolineato durante una presentazione Nina Daita, responsabile dell'ufficio politiche della disabilità per la Cgil e curatrice del volume. " ..La nostra volontà è approfondire ancora la materia. Nel corso del lavoro ci siamo infatti accorti che sono ancora tanti i punti di sofferenza su queste tematiche: rispetto, per esempio, alle quote di collocamento obbligatorio, ai controlli, ai criteri di risarcimento e alle modalità del rapporto di lavoro, che riguardano anche la pubblica amministrazione. In un periodo di crisi come questo, ci rendiamo conto che anche le minoranze soffrono per la riduzione dei diritti".
Il libro - un bellissimo esempio di editoria sociale- rappresenta anche un invito a riportare al centro dell'azione dei cittadini associati e delle istituzioni il tema dell' integrazione sociale e lavorativa dei disabili. Un dato va sottolineato: il volume può essere utilizzato con profitto da associazioni, gruppi di volontariato e da singoli genitori, per l' obiettivo dell' inserimento dei disabili nel mondo del lavoro. Gli autori ci aiutano felicemente a lavorare per questo.

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martedì 11 agosto 2009

L' editoria, tra impegno critico e consumismo

Segnalo da "La Repubblica" — 11 agosto 2009- questa intervista a Giuseppe Laterza, che interviene con grande incisività critica sulla attuale crisi dell'editoria, un tema che cerco di seguire con continuità. Laterza lavora da anni alla diffusione e promozione del libro non soltanto con la sua produzione editoriale, ma anche con una serie di manifestazioni di animazione culturale come i Presidi del libro : si tratta di una vasta serie di progetti finalizzati a diffondere la lettura tra nuove fasce di cittadini, che hanno avuto un notevole successo in alcune regioni italiane (tra cui la Puglia, il Piemonte e altre).
Le diverse manifestazioni, affidate alla fantasia innovativa dei partecipanti (operatori professionali , librerie, intellettuali), vogliono coniugare insieme impegno civile e amore per il libro.


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http://www.presidi.org/


LA CULTURA SNOB FA MALE ALL' ITALIA - LATERZA: I PECCATI DEGLI EDITORI
di Simonetta Fiori


Come si attrezzano gli editori di cultura in «un' editoria senza editori», per riprendere la fortunata formula di André Schiffrin? Quella che qualche anno fa sembrava una profezia cupa e apocalittica, liquidata come rancoroso frutto di un tardo francofortismo ( copyright Ferrari), rischia di proiettare le sue ombre anche sullo scenario italiano, sempre più monopolistico e sempre più governato dai "manager puri", «meglio se formati in mestieri diversi», nelle fabbriche di automobili o nella finanza, come ha teorizzato di recente Gian Arturo Ferrari, direttore uscente di Mondadori. «La minaccia di un' alterazione del mercato librario esiste», interviene Giuseppe Laterza, 52 anni, laurea in Economia con Federico Caffè, tra i pochissimi editori italiani di terza generazione, erede insieme al cugino Alessandro dello storico marchio. «Ma se oggi pensassimo di lasciare la cura dei libri esclusivamente ai manager sarebbe un disastro. L' analisi di Ferrari - che opera una distinzione netta tra la generazione dei fondatorie l' attuale dei manager puri, i soli capaci di misurarsi con le regole del mercato - mi sembra semplicistica e sbagliata.

Il libro non è una saponetta

L' editoria italiana è sempre stata fatta da persone capaci di coniugare sensibilità culturale e vocazione imprenditoriale: da Valentino Bompiani ad Arnoldo Mondadori, da Giangiacomo Feltrinelli a Luciano Mauri.
Non credo al manager che arriva da un altro settore e mette a posto la casa editrice: o, meglio, può farlo soltanto se è capace di riconvertirsi completamente alla logica economica e finanziaria del libro, che è molto diversa da quella dei motori o delle saponette». Di tanto in tanto circola voce che anche la Laterza sia in vendita. «Non mi stupisce, ma non abbiamo mai pensato di vendere. Nella nostra casa editrice l' identificazione degli azionisti e dei lavoratori nell' impresa è molto forte: finché c' è questa passione è difficile trovare un compenso adeguato». La tendenza alla standardizzazione, propria dei moloch dell' editoria, può essere contrastata con una battaglia di tipo culturale. «Gli editori dovrebbero puntare sulle biblioteche civiche, e sulla qualità dei librai. Spero che il nuovo presidente dell' Aie, a differenza del predecessore, ne faccia un punto di forza della nostra associazione».

Una tradizione di editoria civile

Quella dell' editoria civile è una tradizione di famiglia, coltivata dal fondatore Giovanni, che chiamò a collaborare Benedetto Croce,e rilanciata nel dopoguerra dal padre Vito, profondo innovatore della nostra asfittica geografia culturale. «Dell' arretratezza italiana siamo responsabili anche noi editori. L' Istat documenta come dal 1957 al 1973 il numero delle famiglie che possiedono in casa libri sia cresciuto dal 17 per cento al 49 per cento, per poi raggiungere nel 1995 la punta del 62 per cento. Da allora la cifra è rimasta immobile, ed è inferiore di dieci punti rispetto alla media europea. A questo s' accompagnano i bassi indici negli altri consumi culturali: musei, concerti, anche Internet».
Ma in che misura gli editori sono protagonisti non innocenti del declino? «La responsabilità principale, intendiamoci, è di una classe dirigente che non ha investito nelle biblioteche civiche. Ma anche noi editori di cultura abbiamo privilegiato un pubblico limitato, un circuito di lettori forti tra i tre e i cinque milioni di persone, quelle che viene definita "la classe dirigente in potenza". La produzione editoriale s' è rivolta essenzialmente a questa classe: con un linguaggio alto, con citazioni letterarie difficili, con l' abuso di quella detestabile formula: "Non c' è bisogno di presentazione", un atto di maleducazione democratica». Sta dicendo che gli editori hanno peccato di elitarismo? «Sostanzialmente sì. Da noi è stata prevalente un' idea alta, snobistica, esclusiva della cultura, di cui molti editori ancora si compiacciono. Siamo pochi, siamo i migliori, meglio così. Un tratto aristocratico intravedo in alcune dichiarazioni di Roberto Calasso, così diverse rispetto all' intento pedagogico che ad esempio animava un editore come Giulio Einaudi. Soffermiamoci sulla divulgazione: per coniugare la qualità scientifica e insieme di scrittura propria dei libri anglosassoni (penso ad esempio a Penguin), gli editori italiani devono fare ancora molta strada. Con la conseguenza che i lettori sono rimasti sempre gli stessi».


L'importanza della scuola e delle librerie L' alternativa allo "snobismo" culturale non sono certo i "libri inutili" dell' editoria commerciale. «Quello che gli americani chiamano il celebrity book - cioè il libro firmato dal personaggio famoso, spesso televisivo, che pure vende molto - non procura un lettore in più. Sono in disaccordo con Ferrari quando dice che l' unico buon libro per un editore è quello che vende. L' editore è responsabile della qualità dei libri che pubblica. Prendiamo il libro di Oriana Fallaci sull' Islam: ha venduto moltissimo, eppure rimane un cattivo libro per il lievito di intolleranza che ha messo in circolo».
Per accrescere la fascia di lettori, Laterza ha investito molto nel rinnovamento dei libri scolastici e nelle collane economiche e tascabili. E ha inventato diversi festival di successo, oltre che i «Presidi del libro», gruppi di lettori molto attivi in Puglia e altrove. Ma come si difende oggi un medio editore di cultura dal nuovo corso delle grandi ammiraglie? «La logica monopolista non è un destino ineludibile. Chi l' ha detto che dobbiamo andare verso il gigantismo, con conseguente omologazione dell' offerta? Ci si può salvare con la sperimentazione e la provocazione intellettuale, andando là dove i grandi gruppi non possono arrivare, o arrivano più lentamente: lo dimostra l' esperienza di alcuni ex piccoli editori come Elvira e Antonio Sellerio, Carmine Donzelli, i coniugi Ferri di E/O, Marco Cassini di Minimum Fax, e altri. Senza dimenticare che nei grandi gruppi lavorano molti bravi editori». Il catalogo è risorsa fondamentale, ma non ci si può fermare ad esso. «Ogni anno dobbiamo inventare collane nuove - come "Contromano", in cui gli scrittori raccontano luoghi e realtà - o anche modi diversi di fare questo lavoro. Ad esempio rinnovando la grafica. Tempo fa fu molto criticata una copertina a specchio usata per un libro di Giovanni Sartori. Ma come, un orpello solare per un illustre politologo? Il libro ebbe grande successo». Alla politica degli "anticipi" si risponde con il rapporto "diretto" e ancora "artigianale" con l' autore. «Oggi in Italia un esordiente può arrivare a percepire anche sessantamila euro d' anticipo. Una follia. Noi giochiamo su un altro piano. Può anche capitare di chiedere a Bauman o Le Goff di scrivere un testo originale per noi, come in passato capitava con Duby. Questo fa la differenza». A un' "editoria senza editori" ci si oppone anche proponendo uno scandaglio critico della società italiana, una potente iniezione di "anticorpi", dal titolo dell' ultima fortunata collana sulla politica e le regole firmata tra gli altri da Remo Bodei, Luciano Canfora, Massimo Salvadori, Aldo Schiavone. «Il nome della collana è un suggerimento postumo di Paolo Sylos Labini. Consegnandomi i suoi ultimi saggi politici, mi disse che voleva titolarli "Berlusconi e gli anticorpi": i "berlusconi", mi spiegò, esistono in tutto il mondo. Ma altrove ci sono gli anticorpi, da noi no. Aveva ragione lui. È spaventoso il degrado del dibattito pubblico in Italia. Ma la cultura reagisce poco, come se tutto questo fosse parte inevitabile della modernità».

lunedì 10 agosto 2009

Una storia esemplare



Nel mondo dell' editoria sociale e della scrittura dedicata ai disabili e alla solidarietà, Claudio Imprudente è sicuramente uno degli esempi più significativi per la qualità dell'impegno, la fecondità dei risultati raggiunti e il valore morale della sua vicenda di scrittore.
Imprudente riflette sulla sua esperienza di disabile e sopratutto analizza criticamente le false certezze della cosiddetta "società normale". Presidente del Centro Documentazione Handicap di Bologna, e autore di molti libri, racconta in questo video la sua visione dell' inclusione: è la voce di un autore divenuto anche un organizzatore di cultura, un esperto di comunicazione sociale e un animatore di iniziative. Guardatelo e diffondetelo: è straordinario!
Senza questo impegno diretto e questa assunzione di responsabilità, l' inclusione non farà certamente molti passi in avanti. In rete troverete molti siti dedicati a lui e ai suoi libri.

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http://www.accaparlante.it/cdh-bo/index.htm

domenica 9 agosto 2009

Salone dell' editoria sociale a Roma

Dal 2 al 4 ottobre 2009, nell’ambito della manifestazione “Ottobre Piovono Libri”, un coordinamento di sei organizzazioni (Comunità di Capodarco, Redattore Sociale, Lunaria, Le Edizioni dell’Asino, Gli Asini e Lo Straniero) promuoverà a Roma un Salone dell’Editoria Sociale con spazi espositivi, incontri e letture sui temi sociali.
Obiettivo dell’iniziativa, patrocinata da istituzioni nazionali e locali, è offrire ai lettori (con particolare attenzione alle scuole) la possibilità di conoscere i libri e le produzioni editoriali che affrontano i temi sociali con un’ottica narrativa, scientifica, specialistica, d’inchiesta giornalistica; dare ai rappresentanti delle organizzazioni di volontariato e di terzo settore l’occasione di entrare in contatto con case editrici che si occupano dei temi sociali per costruire specifiche collaborazioni (centri di documentazione, corsi formativi, eccetera), offrire la possibilità ai rappresentanti delle case editrici che si occupano di queste tematiche di sviluppare collaborazioni e iniziative comuni.

http://www.editoriasociale.info/

Le chiavi di casa di Gianni Amelio



Gianni Amelio ha alcune qualità di narratore che lo hanno fatto amare nel tempo da quel pubblico, che ormai viene sedotto a mani basse dal cinema di consumo. Legge la realtà psicologica dei suoi personaggi con un tono discreto, mai urlato, e con un' acuta sensibilità morale per i contesti sociali. Si vedano i suoi temi più noti: l' emigrazione, il meridione. Lo sguardo critico, il giudizio etico del regista non si sovrappone mai alla storia raccontata, ma emerge dai volti e dalle emozioni delle storie raccontate. I suoi modelli sono evidenti: Rossellini, quello del " Viaggio in Italia", il cinema francese degli anni sessanta.
"Le chiavi di casa" (2004) ha affrontato un tema rischioso e difficile che accompagna la crescita del cinema come fenomeno di massa : la disabilità.
Al centro della narrazione filmica ci sono da sempre i corpi con la loro presenza e la loro fragilità e i registi se ne sono accorti subito sin da un film come "Freaks" (1932) di Tod Browning.
Il film di Amelio non ha ruffianerie emotive, che in questo argomento sono frequentissime, e racconta la vita di un padre e di un figlio disabile con estrema attenzione umana. Il rigore dello stile e della costruzione fa il resto. Ma ne riparleremo.

Editoria sociale: una discussione da aprire

Si continua a parlare di editoria e di promozione del libro per molti motivi. In Italia si legge poco e molte ricerche- raffinate e un po' esangui- cercano di spiegarne le motivazioni. Il pubblico dei " lettori forti" è affascinato dal destino del libro nell' epoca di Internet e delle nuove forme di comunicazione mediatica: penso ovviamente al fenomeno delle riviste on line e dei blog, alla diffusione di una informazione partecipata.
Mi interessa un segmento particolare di questa discussione: quello dell'editoria sociale, di quell'insieme di pubblicazioni legate al problema della solidarietà verso gli ultimi e le persone più fragili ( come i disabili).
Non ne fanno parte solo scrittori importanti e notissimi come Clara Sereni o Giuseppe Pontiggia, l'autore di un libro importante come " Nati due volte ". Vi appartengono anche case editrici piccole e di grande rigore, associazioni che autoproducono i propri testi, addirittura singole famiglie che raccontano la propria storia con testi diffusi per via amicale. Un altro aspetto di questo fenomeno è il cinema come forma specifica della comunicazione sociale, che crea senso comune e cambia l' immaginario delle persone.
Qualche anno ho provato a studiare questa intricara rete di iniziative in un paio di saggi pubblicati qualche anno fa, sul bimestrale " Libri e riviste d'Italia", che sono ancora in rete. Sono testi invecchiati ormai, ma pubblico qui il link a quei due contributi per un motivo preciso. In autunno vi sarà a Roma un' iniziativa importante: il Salone dell' editoria sociale, dal 2 al 4 Ottobre a Roma. Dopo anni di crisi e difficoltà, nel terzo settore sembra riaprirsi una riflessione sulla solidarietà e le forme di intervento sociale.
Si veda il sito già on line http://www.editoriasociale.info . Bisognerà riparlarne a settembre e molto a lungo, cercando di fare nuove analisi.
Trovate questi due pezzi sul sito del Consorzio per la Documentazione sociale di Ferrara
L' editoria sociale in Italia: un arcipelago in evoluzione
Comunicare l'handicap: una ricognizione tra editoria, cinema e Internet

Che fine ha fatto la questione morale?

I dati della crisi politica italiana continuano a riprodursi secondo uno schema sconfortante: intrecci clientelari tra partiti ed imprenditoria, che toccano tutti e due gli schieramenti politici; inchieste della magistratura su giunte comunali e regionali di centro-sinistra; conflitti feroci tra giudici di diverse città, che si disputano i fascicoli sulla corruzione. È evidente che le origini di questa crisi sono lontane e non riguardano solo i livelli istituzionali, ma i rapporti tra l’economia e la società. È in gioco tutto il sistema di norme condivise, che regola la coesione sociale. Occorre un’analisi complessa, capace di andare al di là del profondo pessimismo diffuso nel dibattito pubblico.
In queste settimane, si ripropone un termine antico per caratterizzare questa fase della crisi italiana: all’origine dei mali del nostro paese vi sarebbe la «questione morale», di cui parlò per esempio Enrico Berlinguer all’inizio degli anni Ottanta. Quell’analisi individuava con lucidità alcuni elementi veritieri ed ancora attuali: l’occupazione da parte dei partiti delle istituzioni pubbliche (dai Ministeri al più piccolo comune), la confusione tra indirizzo politico e gestione amministrativa, che già in quegli anni si manifestavano con tutta evidenza. A quella commistione l’analisi di Berlinguer contrapponeva due rimedi essenziali: la diversità comunista (etica prima che ideologica) e la necessità di un ricambio dentro un sistema politico bloccato.

La questione morale dagli anni 70 ad oggi


A quasi trent’anni di distanza, le condizioni politiche sono radicalmente cambiate rispetto a quei rimedi indicati. Alla funzione centrale dei partiti ideologici, come organismi di massa fortemente radicati, si sono sostituiti – a destra come a sinistra – partiti cosiddetti «leggeri», macchine elettorali, a conduzione fortemente personalistica.Un altro dato ha fatto giustizia da tempo di molte illusioni razionalizzatrici degli anni Novanta: il sistema elettorale maggioritario (o la sua versione nostrana) non ha ridotto il numero dei partiti, anzi li ha moltiplicati, in un gioco esasperato di ricatti e scavalcamenti tra corporazioni.
Ma un altro fenomeno ha avvelenato la vita italiana. Con le trasformazioni dell’economia, già dagli anni ottanta era evidente che il rapporto tra impresa economica e istituzioni pubbliche si stava rovesciando. Per gli imprenditori è divenuto mano a mano essenziale controllare i flussi della spesa pubblica per avere certezze nei propri obiettivi a breve termine: basti pensare a settori come l’urbanistica, le opere pubbliche o la nuova sanità convenzionata, oggi nell’occhio del ciclone dei provvedimenti giudiziari.

Economia ed etica


La globalizzazione e la competizione dei mercati hanno esteso a tutti i rami della vita economica il bisogno di condizionare la politica, di vincolarne le scadenze: si sono accentuate le caratteristiche di un «capitalismo delle baronie» (l’espressione è di Guido Rossi), fragile e privo di regole trasparenti. La funzione della politica professionale è divenuta sempre più quella della mediazione tra grandi potentati economici. Questo intreccio è stato aggravato, come è ormai evidente a tutti, dalle ideologie neoliberiste diffuse a piene mani sino a poco tempo fa: competizione sfrenata tra gruppi economici in crisi e corruzione diffusa ne sono state le conseguenze tragiche.
Molti di questi fenomeni sono analoghi a quelli manifestatisi nella crisi finanziaria americana, ma in Italia si sviluppano con virulenza ancora maggiore per la debolezza della nostra struttura produttiva: abbiamo una percentuale altissima di piccole e medie imprese, spesso fragili; un’amministrazione pubblica inefficiente e almeno quattro regioni del paese in mano alla criminalità organizzata.
In questo contesto, che sembra assicurare al governo attuale una lunga vita, il centro-sinistra paga il prezzo più alto, diviso com’è tra gli umori antipolitici di Antonio Di Pietro e l’incertezza di un Partito democratico, privo di una strategia credibile nel medio periodo.
Di fronte ad un futuro assai oscuro, un’esigenza va sottolineata. La moralità riguarda la coscienza dei singoli, il loro sistema di convinzioni. Per definire un ethos pubblico condiviso, che riporti alla normalità i rapporti tra politica ed economia, occorre che i partiti tornino a discutere su progetti di società, capaci di favorire la partecipazione disinteressata alla vita pubblica. Dobbiamo insomma ritrovare quella weberiana «etica della responsabilità» che oggi sembra scarseggiare in politica. Se non sarà così, molto presto ci sarà da temere per la nostra democrazia.
(Pubblicato in versione modificata nel numero di febbraio '09 di "Confronti")