" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

venerdì 20 aprile 2012

Il futuro degli e-book: le tesi di Gino Roncaglia

 
Gino Roncaglia lavora da anni sui complessi aspetti  del rapporti tra editoria, nuovi media e promozione della lettura. Con il suo volume La quarta rivoluzione ( Laterza, 2010), ha sviluppato un' analisi rigorosa  delle tendenze  dell'editoria italiana, tra permanenza del cartaceo e innovazione digitale. Sul sito , dedicato al volume, si possono trovare una serie di contributi (interventi, video - lezioni), che approfondiscono gli argomenti del libro.
Quest' intervento è stato pronunciato all'Ebook Lab Italia il 3/03/2011. Roncaglia parte da un interrogativo sul futuro degli e-book del futuro, per affrontare poi tutti  gli aspetti legati al futuro del libro: il mercato editoriale, il futuro del libro a stampa, la lettura. Ragionando sulle tendenze e i dati disponibili oggi, il relatore cerca di  prefigurare gli scenari futuri.  
Un elemento della sua analisi interessa in particolare il mondo della solidarietà, impegnato nella riflessione culturale. Al contrario di quanto comunemente si crede,  gli e-book  non sono solo supporti neutri, semplici raccolte di contenuti, ma  un vero e proprio ambiente per la lettura sociale. In questo nuovo contesto i lettori possono comunicare fra loro, e scambiarsi informazioni e commenti attraverso protocolli condivisi. Muta un modello psicologico della lettura e se ne afferma un altro, dai contorni ancora incerti, ma già prevedibili.
Nel futuro,  le case editrici e gli operatori del settore dovranno confrontarsi non solo sulla capacità di selezionare contenuti, ma anche sulla possibilità di offrire servizi a valore aggiunto, arricchendo sempre più la "lettura sociale". I libri elettronici diventeranno   parte di un nuovo universo di connessioni, tra lettori che si scambiano informazioni. ( u.b)

giovedì 19 aprile 2012

Produrre cultura e non solo servizi. Biblioteche e welfare

Recentemente si è svolto a Genova un interessante convegno sul destino delle biblioteche pubbliche nel nostro paese. Tra gli interventi anche quello di Antonella Agnoli dell’ Istituzione biblioteche del Comune di Bologna sul tema: La biblioteca come welfare: socialità, integrazione; ne riportiamo un passo significativo rimandando alla lettura integrale con il link che trovate qui sotto.
“.. Ciò che dobbiamo capire oggi è che l’ impoverimento economico porta con sé anche impoverimento sociale ( ci si vergogna di non poter più fare molte delle cose che si facevano prima, se si perde il lavoro si perdono anche gli amici) e impoverimento culturale  ( non si va alcinema, non si comprano libri, non si leggono giornali). Tutto questo provoca un chiudersi in se stessi, un rifiuto progressivo dei diritti/doveri della cittadinanza: la vulnerabilità porta con sé risentimento e rabbia verso ciò che esiste di più visibile nel mondo esterno, le istituzioni. Poiché non sapremmo come prendercela con i “mercati” coltiviamo il rancore verso il governo, i politici, gli amministratori locali, i sindacalisti. Tutti i diversi da noi diventano dei “ privilegiati”. Chi ha a cuore non solo le sorti delle biblioteche, ma della democrazia deve capire che occorre contrastare questa deriva pericolosa e c’è un unico modo per farlo: far partecipare i cittadini, Dobbiamo rassicurare senza illudere, coinvolgere per costruire insieme. La frontiera del nuovo welfare sta qui. Il problema è come fare e quale ruolo possono giocare le biblioteche”.
Leggi qui il testo integrale dell’ intervento.

Disabilità: ambiguità del ri-sarcire del com-pensare

La vicenda riportata da Repubblica alcuni giorni fa di una persona disabile che a Napoli, a margine di un vertice che vedeva la presenza del Presidente del consiglio Monti, ha cercato di darsi fuoco per un debito di mille euro di cui la locale ASL chiedeva il pagamento, mi ha riportato alla mente un aspetto di cui poco si tiene conto. Ovvero il tema del risarcimento che le pensioni di invalidità incarnano e l'ambiguità che a questo aspetto è irrimediabilmente connessa. Non so se per il signore napoletano, scampato fortunatamente al tentativo di suicidio per la prontezza di un poliziotto, si trattasse di un debito connesso alla invalidità o altro, ma l'episodio mi permette di far arrivare pensieri alla mente e di mettere insieme tante impressioni raccolte nei 37 anni in cui, tra luci ed ombre, convivo, non sulla mia personale pelle, con il tema della disabilità.......
"C'era una volta" si potrebbe dire come in ogni favola; la storia di cui stiamo parlando comincia ventuno anni fa sulle pagine di Rassegna stampa handicap, una rivista che ora non esiste più. Anche allora, se ben ricordiamo, era appena terminata una delle tante cacce ai falsi invalidi che si sono susseguite da trent'anni a questa parte e tutte risoltesi, sostanzialmente, in un bluff.
In realtà nella storia di allora non si parlava di pensioni tolte, ma di un banale errore nelle modalità di emissione dei mandati a cui, assicurava il Ministero, si sarebbe ovviato in pochi giorni. Eppure, come allora, tra l'invalido e la "sua" pensione (il virgolettato non è casuale, serve a sottolineare) esiste un rapporto complesso, che va al di là della sola valenza economica, e mette in campo molti degli aspetti che la cultura della nostra società incarna nei confronti della disabilità; aspetti spesso attraversati da elementi di ambiguità, sia nella percezione sociale sia in quella della persona disabile verso se stessa.
Alcune pensioni sono erogate, recita la legge, "a titolo della minorazione", ovvero indipendentemente dal reddito, dall'età o da altri parametri legati alla singola persona. Costituiscono il riconoscimento che le difficoltà dovute ad una disabilità necessitano (e necessitavano ancor più all'epoca dei primi interventi legislativi in materia) di una sorta di risarcimento da parte della società.
La MIA persona. La MIA disabilità. La MIA pensione. Un risarcimento, ma anche "uno sguardo su" che lo Stato assicura a fronte di pensieri che spesso, nel profondo, si chiedono se Dio sia stato giusto o se i genitori siano del tutto esenti da qualche colpa.
"La colpa di qualcuno dovrà pur essere" disse un giorno Michele, ed aveva ragione a pensare così. Si, aveva ragione dentro al suo personale, unico, irripetibile percorso per comprendere quello che gli era capitato e conviverci, nonostante tutto, con rispetto e dignità.
Ecco perchè le ennesime cacce ai falsi invalidi del Governo appena passato, le proposte di riforma dell'invalidità, pur con aspetti di ragionevolezza nel volerla legare eventualmente al reddito, o all'ISEE, o di trasformarla in una "dote assistenziale" gestita della Regioni, ripropongono l'ambiguo tema del risarcimento. Che è un tema reale, impresso a fuoco nella carne di molti, forse più sentito per chi disabile lo è dalla nascita. Tema con il quale sarebbe sciocco pensare di non fare i conti o liquidare sommariamente nel capitolo delle cattive abitudini o dei retaggi che non debbono più esistere o che non possiamo più permetterci per via della crisi.
Insomma penso che questo vecchio racconto intitolato Blu e cromature (con i bei disegni dell'amico Massimo Semerano) abbia ancora qualcosa da suggerire anche dopo 22 anni e, insieme, tenendo conto che 22 anni sono passati.
                                                                                Andrea Pancaldi

( pubblicato su Bandiera Gialla)

mercoledì 18 aprile 2012

“Il Governo dimentica il sociale nel suo anno più cupo”; l'analisi della rivista Welfare Oggi

Lo sforzo del Governo Monti in materia di welfare si concentra su pensioni e lavoro, temi sui quali c’è una richiesta esplicita di impegno da parte della Banca Centrale Europea. L’esecutivo, però, dimentica così le politiche sociali, proprio nel loro anno più difficile. Nel 2012, infatti, le politiche sociali vivranno un momento storico. E’ questa in estrema sintesi l’analisi contenuta nel nuovo numero (il quinto) di Welfare Oggi, la rivista di sociale bimestrale edita da Maggioli e diretta da Cristiano Gori.
Quali prospettive per i servizi sociali? Cerca di capirlo un focus contenuto nella rivista. Per la prima volta – quest’anno - diminuirà la spesa dei Comuni destinata ai servizi sociali e socio-educativi, novità eclatante in un settore già sottofinanziato. Un focus della rivista mostra come nello scorso decennio la spesa sociale comunale è cresciuta in modo lento ma costante sino al 2009, toccando lo 0,42% del Pil. Lo scenario è mutato nel recente biennio (2010-2011), un periodo di stabilizzazione, durante il quale i Comuni hanno mantenuto - con difficoltà - i livelli di offerta raggiunti.
“Nella fase appena cominciata (2012-2013), invece, la spesa sociale diminuirà – si evidenzia -: secondo le previsionidell’Ifel, nel solo 2012 si ridurrà del 13%. Il cambiamento si deve, principalmente, all’azzeramento dei fondi nazionali dedicati (Fondo Nazionale Politiche Sociali, Fondo Non Autosufficienze, Piano Nidi e altri) e alle robuste riduzioni nei trasferimenti indistinti dallo Stato ai Comuni”.
Secondo l’analisi pubblicata da Welfare oggi il pesante impatto dei tagli sui principali utenti dei servizi comunali - bambini piccoli (nidi), famiglie in povertà, anziani non autosufficienti e persone con disabilità – si coglie solo valutando i precedenti incrementi. Questi ultimi, infatti, sono risultati ben inferiori a quanto - secondo tutte le ricerche - sarebbe stato necessario, basti pensare che a metà anni ’90 la spesa comunale ammontava allo 0,3% del Pil e la più autorevole commissione sul welfare in epoca recente (Commissione Onofri, 1997) ne suggerì l’aumento sino all’1,4%: non siamo andati oltre lo 0,42%. Il sociale, dunque, era quantitativamente inadeguato anche prima dell’attuale contrazione, lo confermano pure i confronti internazionali. “Durante la Seconda Repubblica (1996-2011), nondimeno, l’incremento di risorse pubbliche destinate agli altri settori del welfare - come sanità, previdenza e contributi monetari assistenziali - è stato ben superiore di quello rivolto ai servizi sociali e socio-educativi”, si scrive. Secondo Welfare Oggi, dunque, la crescita degli stanziamenti rappresenta una tra le sfide per il Ministro del Welfare, Fornero, e il Sottosegretario con delega al sociale, Guerra. “È senza scappatoie: se non s’incrementano le risorse aumenteranno disagio e diseguaglianza, tendenza della quale sono già visibili numerosi segni”.
Welfare Oggi ospita anche uno speciale “2012 – L’anno della verità”, che presenta - sulla base dei più aggiornati dati disponibili – le prospettive per  l’anno in corso dei servizi sociali, di quelli sociosanitari e del terzo settore.  Contiene, inoltre, un’ampia sezione dedicata alle esperienze – i servizi raccontati da chi li fa – con approfondimenti su anziani, disabilità, profughi, prima infanzia e tossicodipendenza.
(fonte redattoresociale.it)

lunedì 16 aprile 2012

Impiegati pubblici: oltre i luoghi comuni

Impiegati.Oltre i luoghi comuni, a cura di: Paola Lo Mele Presentazione di: Lorenzo Mazzoli Prefaz. di: Susanna Camusso, Ediesse, p. 184, € 12.00, 2012

L’ uso delle biografie come strumento di inchiesta e di radiografia di alcuni aspetti del mondo del lavoro ha una lunga e gloriosa tradizione nella storia delle scienze sociali e del dibattito politico degli ultimi trent’ anni almeno. Documentare  la vita dei ceti popolari, del mondo dell’ emarginazione è stato non solo un settore della ricerca accademica, ma anche l’ impegno di intellettuali militanti. Per rimanere ad anni recenti, basti qui citare  studiosi  come Alessandro Portelli o Pino Ferraris, scomparso di recente.
Con quest' ottica, il volume si inserisce in modo originale nella cornice di una discussione pubblica  che  riguarda  il punto centrale della crisi italiana: le disfunzioni e le prospettive  dello stato sociale, analizzato dal punto di vista  di coloro che ogni giorno vi lavorano.  Nella prima parte del volume sono raccolte le voci di trenta lavoratori pubblici  collocati in ambiti diversi della pubblica amministrazione: vigili del fuoco, assistenti sociali, operatori dei beni culturali, funzionari della protezione civile e della polizia di stato, ecc.
La curatrice ha raccontato  in questo suo viaggio inconsueto tutti gli aspetti della condizione dell’ impiego pubblico, in specie quelli meno conosciuti o ignorati dall’ opinione dominante ( più sensibile agli eventi scandalistici). Tra gli aspetti più intensi è doveroso citare alcuni  capitoli dedicati  all’ inserimento lavorativo delle persone con disabilità psichica, alle politiche per la salute e alla lotta all’emarginazione nei quartieri a rischio.
Nella seconda parte una serie di interventi di studiosi fanno il punto sullo stato del dibattito. Economisti come  Paolo Leon, Ugo Ascoli e Laura Pennacchi analizzano la  condizione alienata degli impiegati pubblici, divisi tra la tentazione di  omettere attività dovute e un impegno volontaristico e non organizzato. Sindacalisti come Paolo Nerozzi e Rosanna Dettori, insieme ai leader dei partiti dell’area di centro-sinistra,  rispondono  nell' ultima parte sui  punti critici che toccano il sistema politico : liberalizzazioni, spoil system, assunzioni, efficienza, contrattazione.   
In conclusione, uno strumento di lavoro importante per chi si occupa del mondo del sociale e una significativa testimonianza umana.

Per comprendere meglio il sociale

Gaia Peruzzi, Fondamenti di comunicazione sociale, Carocci,  € 18,00, p. 165,   2012
 
La comunicazione sociale esiste davvero? Il dubbio scaturisce dalla constatazione della marginalità della disciplina, in letteratura e nell’accademia. Il libro cerca una risposta percorrendo due strade, teorica ed empirica. La prima parte si apre con una disamina critica delle definizioni classiche di comunicazione sociale, per approdare a una nuova prospettiva che ne rivaluta, accanto a quelli sociali, gli effetti culturali. Nella concezione proposta, la comunicazione sociale è il motore che alimenta la storia dei diritti umani e la diffusione della solidarietà civile. La seconda parte racconta un’indagine sul campo. Per individuare gli ingredienti che rendono sociale la comunicazione, si analizzano in chiave comparata cinque casi esemplari di giornalismo sociale 

Le novità a volte cadono dal cielo

Continuano  ad arrivare  sullo schermo  molte commedie sulla  tema della difficoltà dell’ incontro tra  individui con  differenti  culture, identità e condizioni di vita.  Si va dal nodo del rapporto tra religioni cristiane e  altri mondi in opere come  E ora dove andiamo? di Nadine Labaki  o  La sorgente dell’ amore di  Radu Mihailehanu. Qui vengono  analizzati con ironia ben calibrata i dilemmi dell’ integralismo,  la pulsione alla guerra e alla distruzione del nemico. Sul versante della diversità fisica, del  modo distorto  di guardare all’ handicap, sta invece registrando un grande successo un buon film come   Quasi amici di Eric Toledano e Olivier Nakache.
Ci si potrebbe interrogare sulle ragioni profonde della scelta del genere comico per parlare di problemi così drammatici, legati  ai conflitti sulla diversità. Direi che la ragione è una. L’ ironia, se usata con  equilibrio e distacco, permette di guardare con maggiore profondità  a questioni  che hanno aspetti assai complessi da dipanare. Non a caso si tratta in gran parte di film che vengono dalle culture extra-europee, che cercano la strada della comicità per esorcizzare un poco le tragedie di molti paesi.L’ argentino Sebastián Borensztein  tenta la stessa strada in Cosa piove dal cielo?  ( 2011),  con  risultati che definire felici è poco. Roberto, proprietario di un modesto negozio di ferramenta a Buenos Aires,  vive una vita grama e piena di rancore verso il suo ambiente, e addirittura verso il mondo. Odia i suoi clienti, i vicini di casa e il governo: in preda ad una nostalgia edipica della madre morta, non capisce nemmeno una splendida ragazza che lo ama di un sentimento disinteressato.
Come tutti i nevrotici, ha alcune manie singolari e innocue. Tra l’altro, gli piace andare all’ aeroporto ad osservare il traffico degli aerei: un’ evidente desiderio di evasione, di cui non riesce ad avere vera consapevolezza. Il destino viene a sconvolgere la sua vita inquieta.  Un taxi gli vomita letteralmente accanto un povero passeggero cinese, che parla soltanto un incomprensibile dialetto. Dopo qualche resistenza  lo porta a casa, nella speranza di poterlo  aiutare a trovare in breve tempo un zio  emigrato  anni prima in Argentina.Tra mille equivoci esilaranti e una serie di situazioni paradossali, ma non troppo,  la ricerca ovviamente durerà tutto il  film. Il proprietario del negozio vede sconvolta la sua quotidianità, fatta di regole stereotipate,  e il povero cinese si rivela invece un’ uomo sensibile e colto, segnato da una tragedia atroce e incomprensibile. Il regista adopera con eleganza e umanità una modalità  che funziona spesso, se si riesce ad usarla bene: sottrae effetti, facendo scaturire la comicità dai silenzi e dalle pause. Il film riesce così a raccontarci  non solo una bella storia di amicizia tra due individui di mondi lontani, ma  fa anche emergere con discrezione alcuni motivi universali:  il maschilismo e il familismo  di Roberto ( che si scioglie alla fine del film);  la guerra e la violenza, che hanno segnato la storia dell’ Argentina. Da non dimenticare poi la valorizzazione del ruolo della donna: l’ innamorata del protagonista  è  dotata di un sano spirito anticonformista, che apre la storia ad un filo di speranza.
 Sebastián Borensztein ha una lunga esperienza come produttore e autore di serie televisive. Con questa seconda opera ha ottenuto molti riconoscimenti, per la sensibilità che dimostra nel raccontare storie solo apparentemente marginali. Non è poco, mentre il cinema europeo e americano sembrano ancora procedere alla giornata.

( in uscita sul mensile  Confronti)

domenica 8 aprile 2012

Che follia liberare i matti!



Non si può comprendere oggi l' emozione e il mutamento di prospettiva culturale, suscitato nel dibattito pubblico  dall' uscita al cinema di "Matti da slegare" di Marco Bellocchio, Silvano Agosti, Sandro Petraglia, Stefano Rulli (1975). Si rompeva un' immagine conformista e oscura della follia, che aveva colonizzato per secoli l' immaginario.
Girato nel manicomio di Colorno e finanziato dalla provincia di Parma, grazie all' impegno di una figura straordinaria come Mario Tomassini, era  la riduzione di "Nessuno o tutti", film documento in due parti ("Tre storie", "Matti da slegare"), distribuito nel circuito alternativo di ospedali psichiatrici, scuole, circoli politici e culturali, ecc. Il film nasceva  dentro il clima culturale  degli anni sessanta, non solo italiano, ma europeo e mondiale.
Nella storia del cinema, quest' opera rimane come una delle tappe più importanti di quella riflessione sempre attuale  sulla minaccia del pregiudizio verso le diversità. Scrive Morando Morandini: "... La tesi è racchiusa nel titolo: i malati mentali sono persone "legate" in molti modi e per diverse cause. Se si vuole curarli (non guarirli, ma almeno impedire che vengano guastati dai metodi tradizionali) occorre slegarli, liberarli, reinserirli nella comunità. Il film dice che: a) spesso la malattia mentale ha origini sociali, di classe; b) l'irrazionalità degli asociali è una risposta all'irrazionalità della società; c) l'assistenza psichiatrica non è soltanto uno strumento di segregazione e di repressione, ma anche di sottogoverno e di potere economico; d) lo psichiatra è formalmente un uomo di scienza, ma in sostanza un tutore dell'ordine come il poliziotto e il carceriere. Il film conta e vale come atto di amore e di rispetto per l'uomo che, anche quando è "diverso" e malato in modo sconvolgente (catatonici, mongoloidi, paranoici, schizofrenici), è sempre preso sul serio... "  
(il Morandini - Dizionario dei film, Zanichelli 2012)

Per approfondire 

http://www.edscuola.it/archivio/handicap/basaglia.html
http://www.mariotommasini.it/
http://lnx.psichiatriademocratica.com/index.php?lang=it

sabato 7 aprile 2012

Sarajevo 1992 -2012: iniziative per ricordare

Il 5 aprile del 1992, vent'anni fa, iniziava l'assedio di Sarajevo. La guerra in Jugoslavia rappresentò per il mondo del volontariato e del pacifismo un’ esperienza dolorosa ed essenziale su cui misurare le visioni dell’ aiuto umanitario e della non violenza. Due iniziative editoriali per ricordare quell' avvenimento. 
- Esce per le edizioni dell’ Asino, Fare Pace. Jugoslavia, Iraq, Medio Oriente: culture politiche e pratiche del pacifismo dopo il 1989, di Giulio Marcon .Un viaggio “dal di dentro” nella cultura e nelle pratiche del pacifismo italiano, attraverso  i maggiori conflitti degli ultimi venti anni. In formato eBook
- La newsletter DOMANDE n. 70 - 5 aprile 2012  della rivista Una città ripropone  alcune delle interviste pubblicate in questi anni. Queste e altre sono consultabili anche alla pagina del sito dedicata ai Balcani. Un materiale prezioso per un bilancio politico e morale di questa vicenda ancora in corso

1993 - L'INFERNO ALLE PORTE DI CASA - Il racconto di un ritorno da Sarajevo con un bimbo di undici mesi. Una città  stupenda in cui era un piacere vedere la convivenza di tante culture. Un assedio tremendo che è  vergogna per una Europa inerte e anche segnale sinistro per tutti noi. La necessità , anche se è tardi, di un massiccio contingente di pace. Intervista a Toni Capuozzo.
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=4

1993 - PER LORO E PER NOI - Perché, a differenza del Golfo, della Jugoslavia non si discute? Il paragone con la Spagna del 1936. Oltre alla solidarietà  concreta, perché non si interviene per fermare il massacro? Perché sono mussulmani? A Sarajevo si gioca anche il nostro futuro? Parlano Daniel Cohn-Bendit, Alex Langer, Adriano Sofri.
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=3

1993 - INVECE DI UN MILOSEVIC - Le difficoltà  economiche e sociali, le illusioni illuministiche, il ritorno di nazionalismi, xenofobia, antisemitismo. Ma anche una vitalità  sotterranea, anticipazioni culturali, esperimenti economici nuovi. Sulla situazione dei paesi dell' est intervista a Lisa Foa.
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=13

1994 - TERZO INVERNO Lo scoramento degli abitanti di Sarajevo che ora si aspettano di nuovo la guerra. Le offensive di cui si parla. La resistenza straordinaria della multiculturalità, a dispetto delle previsioni e dei desideri di mezzo mondo. Il drammatico dilemma fra la permanenza dei caschi blu e la fine dell' embargo sulle armi. La delusione per la mancata visita del papa. L' avevano preparata sgomberando macerie. Intervista a Gigi Riva.
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=31

1994 - LE MILLE NOTTI DI SARAJEVO. Una città  allo stremo, al gelo, senza luce, senza pane, dove ogni giorno si infittisce la pioggia di granate. L' unica possibilità  per salvare i bosniaci resta quella di un intervento internazionale per disarmare i banditi. Una persecuzione razzista, sostenuta dalla disgustosa incapacità  e complicità  dei paesi occidentali, trasmessa in diretta nel pianeta, che ha distrutto tutto il senso che i bosniaci avevano della loro storia, del loro passato, dei presunti valori dell' Europa in cui loro avevano creduto. Intervista a Adriano Sofri.
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=38

1995 - SARAJEVO, MAGGIO 95. Intervista a Jovan Diviak, generale dell' Armja, l' esercito bosniaco.
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=47

1995 - L' APPARTAMENTO. Il 30 settembre del 1992, quando il quartiere di Grbavitza fu diviso da Sarajevo e risuonarono le grida che dicevano "balja fuori". L' incredulità di tanti nel grande condominio interetnico dove già  erano attivi turni di guardia contro i cosiddetti banditi. La vecchia signora che non volle lasciare i ricordi e forse i marchi nascosti nell' appartamento. Il "nostro" e "i loro" cetnici. Il cammino verso un ponte che porta dove bombardano. Intervista a Lejla Music.
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=50

1995 - IL TUNNEL - Quel primo giorno, in giro col cane. Poi quei tre spari, la città  che comincia a morire, la fatica quotidiana degli anziani, gli amici scomparsi e quelli che sono cambiati, e un tunnel tristissimo. La gran festa la sera del rombo degli aerei Nato. Intervista a Senka Trolic.
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=61

1998 - L'OROLOGIO GUASTO DELLA BOSNIA. Intervista a Marko Vesovic.
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=256

1999 - All'IMPROVVISO FU CROATA...Il segnale peggiore fu quando le rinfacciarono per la prima volta le sue origini croate. Da allora per lei divenne molto difficile portare avanti la sua lotta democratica in Serbia. L' amore della figlia per la città  di Sarajevo. Intervista a Liliana Radmanovic.
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=397

2007 - PER VOI E' TUTTO BALCANI. L' ipocrisia di un certo pacifismo, che non vede che chi è aggredito deve potersi difendere, che un intervento aereo durato pochi giorni ha fatto finire un assedio durato quasi quattro anni... Chi è rimasto è spesso rimasto per caso, non è un eroe. Il modo di vivere segnato dall' assedio e dal giorno per giorno. Il fallimento della politica per cui, ancora oggi, i bosniaci non esistono. Intervista a Andrej Djerkovic.
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=1637

2010 - CI VORREBBE ALMENO UN HOTEL. L' infanzia a Srebrenica e poi l' arrivo della guerra e la decisione di andarsene con la famiglia, e poi il ritorno, la casa da ricostruire, gli amici che se ne vanno, il peso di un passato ancora tabù... e però la voglia di ricominciare, di ricostruire una comunità , di far tornare i turisti... intervista a Valentina, Dijana, Muhamed, Almir.
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=2061

2010 - I NOSTRI FIGLI VANNO A BELGRADO. A 15 anni dalla fine della guerra, la Bosnia versa ancora in una situazione, non solo economica, difficile, che spinge tanti giovani a lasciare il paese; le critiche alla costituzione e a Dayton; un passato doloroso che impedisce di tornare alla normalità ; le speranze nell' Europa e nella nuova generazione; intervista a Igor Rajner.
http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=2053

Brevi dal mondo dell' informazione

Due notizie in breve su problemi del giornalismo, segnalate da Francesca Gallini.

     - Il giornalismo è ormai da tempo in una fase di tumultuosa  trasformazione : concentazioni editoriali, ristrutturazioni tecnologiche, web, giornalismo civico, ecc.  Molti si questi temi verranno discussi,  dal 25 al 29 aprile 2012durante la VI Edizione del Festival Internazionale del Giornalismo. Un evento a ingresso libero e aperto a tutti, con  un programma ricco di ospiti provenienti da tutto il mondo. Nelle edizioni passate è' stata molto significativa  la grande partecipazione di giovani interessati ad entrare nella professione: l' attivismo civico e solidale sarà un nodo decisivo dei prossimi anni. Il programma completo qui. http://www.festivaldelgiornalismo.com/
      
                  - I nuovi media hanno introdotto, tra molti,  un tema di grande importanza nel mondo della comunicazione: quale è  il valore dei contenuti informativi messi in rete da utenti che non sono giornalisti di professione. Qui trovate un’ opinione  all’ interno di una  discussione plurale destinata a durare assai a lungo  http://www.lettera22.info/articoli/comunicati/1064-giornalismo-e-new-media-conoscere-e-imparare-solo-cosi-la-professione-e-salva.html


giovedì 5 aprile 2012

Quando i matti divennero persone

Peppe dell' Acqua è stato per quarant'anni uno dei collaboratori più stretti di Franco Basaglia nella complessa esperienza di riforma dell' assistenza psichiatrica in Italia. E’ tra i promotori del Forum Salute Mentale, avamposto per la tutela dei diritti delle persone con disturbo mentale.
Nel corso dell’attività lavorativa ha svolto e organizzato molteplici attività di consulenza scientifica ed organizzativa in varie sedi in Italia, in Europa e nelle Americhe tenendo cicli di conferenze, seminari, verifiche tecniche. 
Ha pubblicato, tra l' altro: “Il folle gesto” (Edizioni Sapere 2000), insieme a Roberto Mezzina, che raccoglie l’esperienza sulla questione della perizia psichiatrica e del lavoro presso il carcere e nell’ospedale psichiatrico giudiziario. Il  manuale, “Fuori come va? Famiglie e persone con schizofrenia”, rieditato nella terza edizione da Feltrinelli (2010), completa e riassume il percorso di ricerca nel campo del sostegno alle famiglie con persone con disturbo mentale.
Nel 2007 ha pubblicato il libro-testimonianza “Non ho l’arma che uccide il leone. Trent’anni dopo torna la vera storia dei protagonisti del cambiamento nella Trieste di Basaglia e nel manicomio di San Giovanni”, con una inedita prefazione di Basaglia (Stampa Alternativa, Viterbo). In questa commossa intervista a Video.Corriere.it, segnalata da Francesca Gallini, racconta la sua esperienza, prima di lasciare il lavoro.

Gli anziani e la lettura. Un' esperienza preziosa

Ad anno di distanza dall’avvio del progetto Ascoltalibri si stanno raccogliendo i primi risultati attraverso alcuni riscontri con le 40 strutture residenziali per anziani non autosufficienti, alle quali è stato proposto di avviare attività di ascolto di libri in formato digitale, precedentemente registrati da volontari.
L’iniziativa realizzata grazie alla collaborazione tra Regione Emilia Romagna, Fondazione ASPHI onlus e CILP (Centro internazionale del Libro Parlato “A.Sernagiotto"), ha già interessato almeno 200 anziani e un’ottantina di operatori/animatori (che hanno seguito una specifica preparazione) in modalità di ascolto diverse,  individuale,  assistita, e di gruppo (maggiori dettagli sono descritti nel recente articolo di ASPHINFORMA.
Un video curato e realizzato da ASPHI documenta questa esperienza, che mette in evidenza l’importanza che può avere la cultura come promozione di momenti di benessere e partecipazione sociale. Guarda il video
Per informazioni: Cristina Manfredini, cmanfredini@asphi.it
 
(fonte ASPHI Bologna)

Le politiche di coesione e la lotta alla povertà: una visione nazionale ed europea


I fondi strutturali europei, che rappresentano uno degli strumenti per intervenire nella crisi, sono volti  a ridurre il divario di sviluppo e a promuovere la coesione economica e sociale all'interno dell' Unione europea (UE). L' articolo ne chiarisce alcuni aspetti riguardanti le politiche sociali

EAPN ( Rete europeada oltre 20 anni è convinta che i Fondi Strutturali siano un essenziale strumento per l’uscita delle persone da una condizione di esclusione sociale e povertà. Le sue posizioni sono note, a livello europeo, attraverso le consultazioni con le istituzioni europee e in particolare con la Commissione, il Comitato economico e sociale e con il Parlamento europeo e, a livello nazionale, attraverso il lavoro svolto dalle reti nazionali e dalle organizzazioni europee ad essa aderenti.
L'impegno principale è quello di premere verso le istituzioni affinché assumano decisioni nei confronti di chi è a rischio o vive già in una condizione di povertà,  che è escluso e che non può entrare nel mercato del lavoro.
Le pubblicazioni di questi anni, le conferenze periodiche, le realizzazioni di progetti dove si è trattato di inclusione sociale, sono stati e sono tutt’ora strumenti attraverso cui EAPN ha definito meglio il suo contributo verso quelle politiche che sostengano e non deprimano il modello sociale europeo, proprio a partire dalle possibilità e opportunità offerte dalla UE nel suo insieme.
Quanto EAPN afferma trova riscontro negli strumenti normativi europei non ultimo l’iniziativa faro sulla Piattaforma della Povertà di dicembre 2010, dove la Commissione europea sollecita l’uso dei fondi strutturali come strumento importante nella lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. In particolare, la Commissione europea afferma che il Fondo Sociale Europeo (FSE) deve essere reso più accessibile alle organizzazioni non profit, che bisogna specificare meglio i destinatari intesi sia come persone (categorie di), sia come aree deprivate; vanno assicurati gli investimenti in infrastrutture sociali.
Le organizzazioni non profit che si occupano di sociale sono quelle più vicine ai più poveri e ai maggiormente esclusi e sarebbero in grado di gestire progetti a valere sui fondi strutturali se non vi fossero così tanti limiti nell’accesso.
È giunto il momento, dopo oltre 30 anni, di rivedere le modalità di accesso al FSE che può offrire molto di più di quanto non abbia dato sinora. In particolare attraverso questo fondo europeo si possono prevedere programmi, progetti e servizi e non solo attività formative di avvio al lavoro o per chi ha bisogno di riqualificarsi.  Attraverso specifiche misure, diverse dalla formazione, si può raggiungere un pubblico più vasto che vive ai margini e oltre il mercato del lavoro.
Anche il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR) offre altrettante possibilità. Le proposte di EAPN per assicurare una maggiore inclusione sociale e quindi garantire una ricaduta effettiva dall’uso dei fondi strutturali e raggiungere gli obiettivi della Strategia Europa 2020 includono:
-  - una visione più allargata di cosa significa inclusione sociale. Per la rete europea, infatti,  non si tratta solo di mercato del lavoro, ma di costruire percorsi personalizzati di inclusione che abbiano una visione multi dimensionale: accesso ai servizi pubblici più agevole (servizi che vanno dai trasporti alla sanità, ai servizi di protezione sociale) ivi inclusi strumenti quali un reddito adeguato (si veda il sito www.adequateincome.eu)
- assicurare che le organizzazioni non profit che lavorano a diretto contatto con le persone maggiormente escluse possano accedere ai fondi strutturali
 - che la gestione, il monitoraggio e la valutazione siano effettivi al fine di verificare l’efficacia e l’efficienza delle azioni messe in pratica
- poter contare sull’assistenza tecnica per rafforzare le capacità delle organizzazioni non profit ad accedere ai fondi
  
Nicoletta Teodosi

Europa 2020 : cinque obiettivi per un'Europa sociale

L' Europa è uno dei nodi centrali degli avvenimenti politici e sociali che coinvolgono milioni di persone, toccate dalla crisi economica. Tra queste, i soggetti più fragili ( giovani e anziani) subiscono l' attacco più pesante e doloroso. I due interventi che pubbblichiamo sono usciti sul n. di Marzo del mensile Confronti. L' intervista  è stata curata da Letizia Cesarini Sforza

Con la strategia  “Europa 2020”[1],  l'Unione europea si è posta cinque obiettivi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale e clima/energia  da raggiungere entro il 2020. Abbiamo chiesto a Fintan Farrell, direttore della Rete europea di lotta contro la povertà (EAPN), di fare il punto su Europa 2020 e, più in particolare, quanto essa possa effettivamente  incidere nella lotta contro la povertà e l’esclusione sociale.

Europa 2020  Sarà capace, così come promette, di far uscire dalla povertà 20 milioni di persone da qui al 2020?

Nel  2000 i leader europei decisero di lavorare insieme per lottare contro la povertà. Però, alle parole non seguirono i fatti e questo è uno dei motivi per cui, oggi, siamo alle prese con una crisi devastante.  Non hanno preso sul serio quanto invece andava preso sul serio, non hanno voluto affrontare la povertà, non hanno cercato soluzioni alle tante e sempre crescenti disuguaglianze che opprimono le nostre società e non hanno capito che nelle società con  disuguaglianze così macroscopiche al loro interno non si vive in sicurezza. Questo è un problema enorme. Per esempio, come si pensa sia possibile creare società sane e giuste, con un buon livello di protezione e di inclusione sociale se la corruzione è così alta? Durante  le varie revisioni che si sono seguite dal 2000 al 2010  i leader europei e la Commissione  si sono dati una serie di  risposte per lo più corrette, decidendo che bisognava sviluppare un modello integrato e sostenibile che tenesse insieme l’aspetto economico con quello sociale. Dissero anche che bisognava porre l’accento sulla lotta contro la povertà, anche se non hanno mai affrontato il fattore “disuguaglianze” di cui cominciano a parlare solo ora. Quindi, parlano bene ma razzolano male. E ora, in piena crisi ,  rispondono concentrandosi sulla stabilità finanziaria, dimenticando le tante lezioni apprese in precedenza. Sono consapevoli che per risolvere il problema devono cambiare il modello però contino a utilizzare gli stessi identici schemi che hanno generato la crisi. Stanno in un buco che si sono  scavati – e continuano a scavarsi – con le proprie mani: dovrebbero smetterla di scavare e cominciare a prendere sul serio quello che hanno dichiarato di voler fare con la strategia Europa 2020. Il problema è questo: i leader europei non credono a quello che dicono.

Quale credi che oggi debba essere  il ruolo delle reti sociali europee  e, quindi, di EAPN?

Credo che oggi il nostro ruolo, quello delle altre organizzazioni europee e di tutti coloro che lavorano per un’Europa sociale sia di avere la forza di dire la verità, di avere il coraggio di dire a chiare lettere che le scelte che si stanno facendo  aumentano la povertà: sono sempre più coloro a rischio di povertà mentre chi era a rischio prima della crisi oggi soffre sempre di più. Dobbiamo avere il coraggio di parlare chiaro e sperare che i nostri leader si sveglino, ci ascoltino e,  finalmente, rispondano nella maniera giusta. 

In Italia si sta finalmente aprendo un dibattito sulla necessità di istituire anche da noi uno schema di reddito minimo. Quale la posizione di EAPN?

Il reddito minimo è una delle tante risposte giuste che ci aspettiamo, uno dei pilastri della strategia per l’ “Inclusione Attiva”. Tutti devono avere un reddito minimo decente che li faccia sentire parte della società, che dia a tutti e tutte la possibilità di spendere, di avere una qualche base economica che li metta in grado di contribuire alla ripresa e non essere parte del problema. Al reddito minimo va comunque unito il lavoro di qualità. Oggi, in Europa, siamo caduti nella trappola dei lavori senza qualità e sono tanti coloro che, pur lavorando, sono comunque poveri. Dobbiamo tornare a occuparci della qualità del lavoro, rifiutandoci di pensare che c’è chi non ne troverà mai uno. In tutto questo i servizi pubblici hanno un ruolo fondamentale: sia quelli a carattere  economico, come i trasporti pubblici, l’acqua, l’energia ai quali tutti devono poter accedere, sia i servizi sociali che devono essere ben organizzati e a carattere universale, sia il sostegno a chi vive in povertà o è socialmente escluso.

Si è discusso ultimamente della possibilità che la Commissione europea proponga una direttiva quadro sul reddito minimo. Quali le possibilità che questa discussione si traduca in realtà e quale la posizione di EAPN?

La Commissione europea ha fatto chiaramente intendere che non ha alcuna intenzione di procedure su questa strada, almeno per il momento e  propone, invece, di valutare se e come gli stati membri abbiano messo mano alla Raccomandazione sull’Inclusione Attiva. Però, il Parlamento europeo sta lavorando molto su questo fronte e la settimana scorsa (inizi di gennaio, per chi legge) un parlamentare europeo ha esplicitamente chiesto alla Commissione di rendere pubblica la sua posizione in materia. Possiamo dire che il Parlamento europeo sta lavorando ai fianchi della Commissione, anche se quest’ultima continua a resistere. EAPN ha una posizione molto chiara.  L'istituzione di schemi di reddito minimo adeguato  in tutti gli stati membri sarebbe una misura molto utile che, da una parte, aiuterebbe molte persone ad uscire dalla povertà e, dall’altra, ricreerebbe fiducia nell’Europa perché, finalmente,  lancerebbe un segnale positivo, occupandosi dei bisogni reali dei suoi cittadini.