" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

venerdì 10 dicembre 2010

Ugo Lanzalone:un poeta alla Casa del popolo

Mercoledì 15 dicembre, dalle ore 20.00 sino alle 23.30, in via Castelforte 4 - a Roma, presso la Casa del popolo "Giuseppe Di Vittorio", verrà ricordato la figura e l' opera di Ugo Lanzalone da coloro che ne hanno amato le opere e il carattere. A me è capitato di conoscerlo: ripubblico un breve ricordo scritto al momento della sua morte.


Ho conosciuto Ugo Lanzalone quasi cinque anni fa, nel circolo del Partito della Rifondazione Comunista di Via Castelforte n. 4 e nella Casa del Popolo “Giuseppe Di Vittorio”.L' incontro avvenne durante le nostre serate di lavoro politico: quelle importanti delle assemblee pubbliche e quelle più ripetitive e vuote dei giorni normali. Conoscevo bene la crisi più che decennale degli spazi sociali e della vita politica dei partiti storici: la discussione intorno a questa crisi si arrovellava ogni volta i rapporti umani, tra passioni e furori consueti nella storia recente della sinistra.
Ancora prima della sua formazione intellettuale, mi colpirono subito alcuni tratti del carattere di Ugo Lanzalone. Non amava i toni urlati: ironico e discreto, riusciva ad ascoltare con pazienza anche i ragionamenti per lui meno convincenti. Pur non rinunciando mai ad una battuta fulminante, Ugo sapeva rimanere in silenzio ad osservare e ne capii presto il motivo profondo.
La sua non era borghese tolleranza. Voleva capire, riflettere insieme e solo alla fine convincere. Il suo approccio pedagogico, che coincideva in parte con il mio, lo spingeva a porre domande più che a dare risposte. Tentava il dialogo con tutti sapendo bene che la condizione della sinistra era tragica.


Le ustioni della realtà


Non si creda che fosse incline all'eclettismo, alle analisi facili. Aveva invece –lo capii più tardi- un quadro rigoroso di riferimento: quello del marxismo critico della nuova sinistra degli anni settanta: quel pensiero aveva dato i suoi frutti migliori tra il 1968 e la fine degli anni settanta. Parole come “ partito”, “ classe”, “socialismo e comunismo” assumevano per lui i contorni generali di concetti interpretativi del mondo, sintesi complessive senza le quali la realtà non si comprende.
Credo che diffidasse del mio approccio più empirico alle questioni politiche quotidiane: con gli anni il mio orizzonte culturale è divenuto sempre più quello dell'umanesimo della tradizione socialista, del solidarismo cattolico o della sociologia americana sui poveri. Tutte idee abbastanza lontane dai concetti che affascinavano Ugo. Lui sapeva esprimere il suo dissenso con l' argomentazione razionale, con uno sguardo perplesso e un' aggettivo sarcastico: mai con l' aggressione.
Quando presi tra le mani Ustioni (Manni,2005), uno dei libri di poesie di Ugo, capii meglio gli aspetti più profondi della sua personalità schiva, percorsa da umori dolorosi e segreti. Nei suo versi ritrovavo alcuni temi decisivi della tradizione poetica italiana degli anni sessanta. La polemica spietata contro i valori dominante della borghesia (il consumo, il potere,la guerra) si alternava con versi disincantati sull'amore e la solitudine privata. Nella sua visione radicale, l' ipocrisia collettiva contamina i rapporti dei singoli, lasciando gli uomini in una condizione di miseria e di infelicità, che solo la poesia può riscattare descrivendola in immagini.
Esemplari questi pochi versi: “ Nessuno più interroga gli oracoli di Delfi: / Socrate tace / e non beve più la cicuta./ Gli uomini nelle poltrone /cercano con un telecomando /chi gli dica la loro menzogna". Nel mondo poetico di Ugo, questo rigore etico non era mai un presupposto predicatorio, ma nasceva da un lungo lavoro di scavo sulla parola. Esprimeva un' animo tormentato dai fallimenti delle lotte politiche, vissuti con una passione estrema, e ferito nell' intimo dai dolori quotidiani dell'esistenza.

La memoria che aiuta



Ugo Lanzalone sapeva che i movimenti poetici e culturali degli anni '70 si erano impegnati in una grande scommessa: che si potesse insieme “ cambiare la propria vita e cambiare il mondo”. Questa simmetria generosa non aveva trovato una verifica concreta e la poesia si piegava sullo scacco di una generazione, senza compiacimenti, per capire, per trovare nuove fessure in una realtà opaca. Occorreva gettare nuovi ponti e aprire nuove strade verso un' altra realtà possibile.
Ripercorrendo la sua figura, due riferimenti importanti vengono alla mente: quelli di Franco Fortini e di Pier Paolo Pasolini. In quella stagione della poesia italiana si è cercato di coniugare insieme il bisogno politico di riscatto degli umili con la capacità formale della poesia di produrre immagini allusive ad un “altro da noi”.
Potrete ritrovare sempre nei versi di Ugo Lanzalone questa varietà di temi e suggestioni qui appena accennata. A me e a tanti noi, che l' hanno conosciuto, mancheranno il disincanto gentile e il valore della sua umanità, perduta troppo presto.
I poeti amati da Ugo ci fanno capire un' altro dato importante: la memoria e la riflessione critica aiutano a sopportare meglio la condizione di solitudine orrenda che oggi sembra sommergerci tutti.

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