" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

martedì 21 settembre 2010

" Ma quanti sono i ritardati in giro ! "

Scena: una fila alle casse di un supermercato della prima periferia romana. Persone impazienti in mezzo ai carrelli, vecchie signore che faticano a contare il resto, voci e rumori di un giornata qualsiasi. Davanti a me, tre persone: un padre, ben vestito e con i capelli un po' ingrigiti, passa gli oggetti comprati verso la cassiera; dietro a lui, una donna di mezz' età dallo sguardo triste e una giovane ventenne, vestita in modo sportivo, che scalpita e sbuffa.
Ad un certo punto, la ragazza sbotta:“.. Pà, e sbrigati, ma sei proprio ritardato, guarda che in giro ce ne sono già troppi di ritardati”. Incuriosito prima che indignato, mi guardo intorno cercando di capire il senso di un aggettivo che trovo stupido, prima ancora che indegno. Aggiustando lo sguardo intorno, intuisco forse qualcosa. Due file più giù, ad una cassa, vedo una giovane disabile che batte numeri con calma e determinazione. Lungo i banchi, un' altra giovane, forse con la sindrome di Down, sposta oggetti da un carrello ad un bancone.
Evidentemente la direzione del supermercato ha voluto rispettare le leggi dello stato, dando occasioni di integrazione e di lavoro ad alcuni disabili adulti.
Mi chiedo: che cosa ne sa quella giovane scapestrata ed ignorante della fatica di decenni per ottenere queste leggi e dell' impegno speso per farle applicare? Probabilmente nulla, malgrado usi un italiano pulito, frutto almeno di studi oltre la terza media.
Perche allora l' uso di quel termine spocchioso che denota una idea autoritaria della gerarchia sociale? Per due ragioni, credo. La prima è che nelle giovani generazioni, figlie dell' individualismo competitivo dell' ultimo venetennio, domina un deserto culturale piuttosto spaventoso. L' altro dato che colpiva era l' atteggiamento rassegnato degli adulti: genitori di mezz' età, che hanno conosciuto certo un' eco degli umori democratici degli anni settanta, e che contemplano un mondo in trasformazione, sconsolati e senza idee.
Chi si occupa di sociale e dell' integrazione degli ultimi, deve combattere non solo con la crisi del welfare state e il crollo delle risorse pubbliche, ma con un nemico ancora peggiore: l' anoressia morale di una fetta crescente della nostra società.

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