" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

domenica 27 novembre 2011

Tra paura e speranza: una serata per la rivista "Confronti"



Quando ieri sera sono entrato  alle 20,30 nel salone della Chiesa metodista di via Firenze 38 (angolo via XX Settembre) per la cena di sostegno alla rivista “ Confronti”, ero molto timoroso, pieno di ansie. Confronti ( e prima il suo precedente storico, il settimanale COM - Nuovi tempi) sono stati il mio spazio elettivo di impegno pubblico, per quasi trent’ anni ( insieme a qualche altro luogo, che oggi langue o è scomparso per sempre ). Non è stato un impegno continuativo, come è tipico di un’ attività volontaria, ma ha  assorbito comunque una parte notevole della mia vita. Come accade per ogni esperienza concreta, a questo lungo periodo sono legati emozioni (e conflitti)  profondi, mai banali.
Mentre entravo, mi sono riapparse per un momento alla mente immagini della lunga vicenda di questo mondo di “cristiani critici”, in cui abbiamo discusso e ci siamo arrovellati intorno ai principali avvenimenti della vita pubblica, italiana e addirittura mondiale. In quel palazzo grigio e austero della Roma umbertina, ho visto  riunioni di redazione affollatissime e momenti di triste difficoltà, segnati sempre da una passione genuina per l’ analisi politica e sociale, per i buoni libri e le idee. Lì ho imparato a scrivere decentemente un articolo o la recensione di un libro. E ancora oggi non sono sicuro di averlo imparato bene, se non mi confronto con gli articoli degli altri: anche questa è una peculiarità delle riviste.
Aperta la porta del salone, ci hanno investito i rumori e le voci di un centinaio di persone, che cominciavano a bere e a mangiare. Ho tirato un sospiro di sollievo, come era accaduto in tanti altri casi: era andata bene, era andata bene! La redazione e i membri della cooperativa, impegnati in questa iniziativa di sostegno alla sopravvivenza  del giornale, avevano lavorato  per varie settimane  affinché la serata riuscisse.
Le riviste indipendenti di cultura vivono proprio così questa fase molto difficile del mondo editoriale: tra paura e speranza. La fattura della rivista si intreccia a fatica con le iniziative di solidarietà, le relazioni culturali e tanto lavoro volontario. Sono una ricchezza del nostro tessuto culturale profondo, che tiene aggregati mondi  diffusi, segmenti di realtà sociale ignorati  dal circuito ufficiale dei media.
Per due ore, ho stretto la mano a tanti amici recenti e a volti che non vedevo magari da vent’ anni. Non c’ era nell’ aria nessun atteggiamento da reduci, se non forse una sotterranea malinconia per il tempo trascorso e per le ulcerazioni di  un panorama politico ed economico molto simile alle rovine di un terremoto. 
Si discuteva su come salvare la rivista e si pensava a nuovi progetti. Un’ altro dato mi ha consolato, andando via: ho visto molti giovani che non conoscevo e che erano lì  per aiutare – e non solo per mangiare! Le riviste sono anche questo: una palestra, uno spazio per quei ventenni che hanno voglia di guardare il mondo con sguardo critico. Non dovremmo dimenticarlo mai.
La crisi della nostra rivista non è ancora superata, ma sabato sera è stata una tappa importante.

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