" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

lunedì 18 ottobre 2010

Pietro, l' ultimo film di Daniele Ganaglione

Il cinema, come è noto, si misura sin dalle origini con il tema della disabilità. La fuoriuscita dei limiti della normalità, l'eccezionalità del personaggio è un meccanismo intrinseco alla natura del racconto, destinato comunque a sorprendere. Ma in questa regola abbastanza ovvia c' è un rischio mortale. Chi si avvicina con una falsa coscienza alla disabilità, cade subito nella trappola del sentimentalismo: le storie sull'handicap si prestano facilmente a catturare gli istinti più bassi del pubblico. 
Uno sguardo sulla realtà sociale
Un giovane autore è riuscito a sfuggire a questa trappola e a realizzare un opera di rara bellezza. Si tratta di Daniele Gaglianone e del suo film Pietro. Nato nel 1966 e attivo dopo gli anni novanta, questa regista italiano si è segnalato subito per uno sguardo rigoroso verso la realtà sociale, di cui descrive le situazioni più marginali ed estreme.
Nel 2000 con la sua opera prima I nostri anni raccontò una vicenda singolare e coinvolgente sul tema della memoria: la storia di due anziani ex partigiani che ritrovano, semi paralizzato in un ospizio, l’ ex- fascista che durante gli anni della guerra aveva massacrato il loro gruppo di resistenti. Nel 2003, con Nemmeno il destino, tratto dal romanzo omonimo di G. Bettin e presentato alle «Giornate degli autori» della Mostra di Venezia 2004, descrisse un' ambiente di questi ultimi anni, segnati dalla scomparsa della grande fabbrica e dalla caduta dei legami sociali tradizionali. Si trattava di tre storie di adolescenti, vittime predestinate ad un futuro di infelicità, sullo sfondo di una metropoli disperata e autentica.
Gaglianone ritorna ora su temi analoghi con questo film, in programmazione da qualche tempo.
Il protagonista vive in un periferia anonima e violenta, eguale a quella di tutte le grandi metropoli: vi abita con il fratello Francesco, che è tutta la sua famiglia. Il giovane parla pochissimo, ha reazioni spesso strambe e sia il fratello Francesco - tossicodipendente – che il suo gruppo di amici spacciatori lo giudicano un ritardato. In una delle scene più atroci del film viene sbeffeggiato da tutti con la complicità del fratello.
La difficoltà di essere fratelli
Pietro sembra non avere altra possibilità nella vita che rimanere fedele il suo ruolo passivo rispetto a Francesco, perduto nella droga e in una disperata abulia.In questo rapporto di simbiosi con il fratello, dovrà arrivare sino alle estreme conseguenze, manifestando però la sua dignità di uomo e una segreta, profonda umanità.Il film intreccia la descrizione delle giornate dei due fratelli con il racconto delle strade della metropoli, disegnate negli aspetti più desolati e canaglieschi. Non c' è salvezza per nessuno in questa storia che non intende suscitare nessuna ipocrita compassione sulla disabilità del protagonista.
Il regista analizza invece con una lucida pietà i meccanismi dell'esclusione sociale. Il suo modo di usare la macchina da presa, pedinando i personaggi e i luoghi richiama la lezione del miglior cinema d' autore del passato : un realismo austero, che nel finale sa arrivare senza retorica ai toni della tragedia.
Se all'uscita proverete un certo senso di disagio verso la nostra tranquilla normalità, sarà il segno che questo è un film da ricordare.
( In uscita sul prossimo numero di Confronti)


Per saperne di più
http://www.movieplayer.it/articoli/07122/pietro-una-conversazione-con-daniele-gaglianone/

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