" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

domenica 15 gennaio 2012

L' ultimo film di Eastwood: tra incubi privati e progetti reazionari

J. Edgar Hoover è stato uno dei protagonisti più oscuri e controversi  della storia americana. Da capo del FBI per più di quarant'anni  ha condotto con metodi   duri sino alla spietatezza la lotta contro la criminalità organizzata e le minoranze dissenzienti, che gli sembravano minacciare il suo modello di società. Ossessionato dalla minaccia comunista verso il modo di vita americano, Hoover la indentificò in chiunque svolgesse anche la critica più flebile ad una visione conservatrice della famiglia e dell' etica americana. Usò metodi di repressione che suscitarono le proteste indignate  e la diffidenza di tanti  democratici: schedature politiche, utilizzo di dossier a scopo di ricatto, interrogatori al limite della legalità. Il successo ottenuto con la caccia ai rapitori del figlio del celebre aviatore Charles Lindbergh fu l' occasione per divenire il beniamino del conservatoriamo più retrivo.
Nel suo ultimo film ( J.Edgar, 2001) Clint Eastwood affronta una  biografia di questo discusso personaggio, attraverso cui rilegge alcuni caposaldi della storia americana: gli anni trenta e quaranta, con  l’ ostilità che oppose Hoover al presidente Roosevelt; gli anni sessanta, che furono caratterizzati da quella con  i fratelli Kennedy. Un ' ostilità che arrivò sino al ricatto aperto,  utilizzando le abitudini sessuali piuttosto disinvolte di molti presidenti americani.
Ad una lettura attenta il film si caratterizza per due elementi narrativi che– con qualche squilibrio - lo compongono . Da una parte, vi  è  l' esposizione amplificata delle vicende pubbliche del capo del FBI. Il regista ne sottolinea le pulsioni autoritarie, l' ossessione dei nemici della  sua concezione dell' ordine sociale: è un ' ossessione che man mano si approfondisce sino alla paranoia. 

Nevrosi private e pubbliche virtù

Senza entrare in dettagli, che avrebbero appesantito una vicenda già abbastanza lunga, il film ci da un ritratto cupo e pessimista della democrazia americana. Avvolta da un colore livido e angoscioso, la trama delinea un ritratto della vita pubblica  statunitense, fondato sul ricatto e la persecuzione delle forme anche più elementari di opposizione.
A questi elementi politici e storici, si affianca il ritratto privato del personaggio Hoover. Afflitto dal rapporto nevrotico con una madre maniaca e possessiva, sviluppò una corazza esteriore di fermezza autoritaria, dietro cui nascose per tutta la vita un’ sentimento patologico di insicurezza e di paura verso  l' altro sesso. 
Eastwood illustra con ferocia descrittiva  il rapporto morboso che ebbe per tutta la vita con il suo segretario, e che ha fatto propendere storici e giornalistici per l' omosessualità nascosta di Hoover. Eastwood  racconta queste pulsioni in modo esplicito, delineando il ritratto tristissimo di un uomo angosciato che non riuscì per tutta la vita ad accettare le proprie tendenze  intime.
Il pessimismo senza redenzione che caratterizza la vecchiaia di questo grande regista ribelle si esplicita qui in tutta la sua durezza. Nessuno si salva in questo film. Non solo Hoover, ma i giornalisti, i politici, gli attori, tutti sono dominati dall'egosimo, dalla menzogna e dall' ipocrisia. In una scena dolorosa e bella, solo il segretario omossessuale – l' unico che accetta sino in fondo le proprie tendenze.- rivela al suo amato l' ipocrisia della sua vita. Ha sempre mentito nella vita pubblica e nei rapporti umani ed è destinato ad una morte solitaria e penosa. Pur con qualche lunghezza di troppo, il film è il ritratto potente di un uomo e di una società in preda ad una drammatica crisi di identità, ancora in corso. 

( In uscita sul prossimo numero di Confronti)

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