" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

mercoledì 7 dicembre 2011

Capitini e la forza della non violenza

Il volume di Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Le radici della nonviolenza, (Il Margine, 2011, pp. 240, € 16,00) costituisce un' occasione preziosa per ripercorrere ed approfondire con attenzione critica il pensiero e la vita di Aldo Capitini, non abbastanza conosciuti in specie dai giovani. Per molti anni, questo filosofo, politico, pedagogista (e molto altro) era rimasto fuori dalla discussione pubblica. Pacifista e teorico della non violenza, Capitini aveva promosso nel 1961 la prima Marcia della Pace Perugina - Assisi, influenzando un' ampia fronte di ambienti e movimenti, laici e cristiani, interessati al dialogo e alla cooperazione tra i popoli. Quella manifestazione era stata l’ ultimo risultato  di un lungo lavoro teorico e pratico iniziato durante gli ultimi anni del fascismo e proseguito poi nel dopoguerra.
Truini ripercorre analiticamente questo percorso, lavorando sia su una lettura dei documenti (libri, opuscoli, lettere) sia sulle vicende biografiche. 
La ricerca di Capitini intrecciò progressivamente componenti diverse: religiose, politiche e pedagogiche. Il volume ci ricorda come già alla fine degli anni venti Capitini sia stato profondamente influenzato  dalla figura di Gandhi. 
Alla luce di questa esperienza, i tre aspetti del suo pensiero presero vita e forma nel suo animo già  da quel periodo. La ricostruzione tocca tutti gli elementi della riflessione di questo intellettuale apparentemente solitario, ma capace  di influenzare invece i giovani di due generazioni. Sul piano politico, Capitini attraverso il Movimento Liberalsocialista, collaborò con uomini della levatura di  Ugo La Malfa, Norberto Bobbio  e Pietro Ingrao, pur rifiutando sempre di prendere una tessera di partito. 


La non violenza, tra politica, pedagogia e spiritualità

Nel dopoguerra, prima con la sua attività a livello di base, nei comuni e nelle associazioni, poi con la sua ricerca intellettuale, dialogò con figure come Don Primo Mazzolari, Don Lorenzo Milani e Danilo Dolci, che divenne uno dei suoi più vicini collaboratori.
Truini sottolinea lungo tutto il testo come asse centrale dell’ impegno di Capitini sia stata la non violenza come criterio spirituale e pratico.  Da un punto di vista religioso e teorico, l’ atteggiamento della non violenza si fondava per lui su alcuni presupposti conoscitivi. L’ io umano può essere fondato solo su una relazione con un tu, un altro da sé di cui dobbiamo riconoscere la presenza ( e in questa presenza ha un ruolo centrale la natura).
In questa sfera Capitini  formulò la tesi della compresenza dei vivi e dei morti. Solo la disponibilità verso i morti, l’ ascolto della loro presenza può connetterci con i viventi: "..il silenzio dei morti non ci dà l'impressione del nulla, ma ci induce a sentire un rapporto universale e corale con tutti, e proprio dal raccoglimento silenzioso del cimitero esce la nostra coscienza più appassionata nella vita dei valori." ( Educazione aperta, La Nuova Italia, 1967).
Questa visione antropologica, elaborata in solitudine, fuori dagli apparati culturali delle  grandi forze culturali del dopoguerra, non fu mai infruttuosa. Fermentò nelle esperienze più vive di un cinquantennio: il liberalsocialismo; la prima generazione pacifista degli anni 60 e poi l’ impegno civile dopo il 1968 di tanti pacifisti e cristiani critici. Basti ricordare il nome del primo obbiettore di coscienza italiano, Pietro Pinna. A Fabrizio Truini va il grande merito di aver rievocato questa vicenda attualissima, con  efficacia di stile e partecipazione intima. Tutte insieme rendono il libro prezioso.

Per saperne di più

Nessun commento:

Posta un commento