" Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità" ( S. Paolo, 1° lettera ai Corinzi 13,1 )

martedì 15 maggio 2012

Stranieri in patria

Foto: Rocco Luigi Mangiavillano
I ragazzi e le ragazze del popolo Rom,  nati in Italia, di seconda, a volte anche di terza generazione scrivono al Presidente della Repubblica per porre fine ad una palese discriminazione riguardo alla privazione della cittadinanza, su cui da tempo si discute.  L’ appello è stato presentato  al Senato della Repubblica e alle forze politiche.


AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Giorgio Napolitano

Caro Presidente,
siamo in tanti, ragazzi e ragazze del popolo Rom nati in Italia, di seconda, a volte anche di terza generazione, da genitori apolidi o residenti irregolarmente nel nostro Paese. Ci rivolgiamo a Lei perché ancora una volta abbiamo apprezzato le parole chiare che ha inteso indirizzare al Sindaco di Nichelino, che ha avuto la sensibilità di concedere la cittadinanza onoraria a 450 ragazzi nati da genitori stranieri in quel territorio.
Siamo italiani, ci sentiamo “parte integrante della nostra società”, ma viviamo quotidianamente il disagio di essere considerati impropriamente stranieri. Disagio doppio e particolarmente pesante per noi ragazze e ragazzi Rom. Non è assolutamente facile, ci creda, per tanti di noi regolarizzare posizioni giuridiche, ottenere un permesso di soggiorno, fare richiesta di cittadinanza, perché veniamo da famiglie che vivono da sempre situazioni precarie, per la difficoltà di reperire la necessaria documentazione, in particolare per quelli di noi i cui genitori e nonni sono nati e provengono da luoghi che hanno vissuto recenti e drammatiche vicende belliche.
Una situazione difficile, quella che viviamo, di “stranieri in patria”. Che rende precaria la nostra vita e non agevola l’integrazione sociale e l’accesso al lavoro, nonostante molti di noi abbiano frequentato le scuole e, soprattutto, vorrebbero inserirsi regolarmente e legalmente nella comunità civile. In tanti abbiamo vissuto la violenza degli sgomberi dei campi e l’umiliazione della reclusione nei CIE, i Centri di identificazione per l’espatrio. Ed in tanti viviamo in case popolari o case proprie o ancora piccole aree autocostruite. Ma espatrio verso dove, se è l’Italia la nostra patria? Ci creda, sono esperienze dure e drammatiche, che spingono, purtroppo, tanti giovani verso la marginalità, l’illegalità ed il rifiuto delle regole civili. Che ricacciano le nostre comunità verso l’esclusione sociale ed una inaccettabile discriminazione.
Dal Governo Monti, signor Presidente, governo che guarda all’Europa ed ai suoi valori fondanti di accoglienza, di solidarietà e di inclusione sociale, ci aspettavamo finalmente un provvedimento che ponesse fine a questa ingiustizia. Abbiamo anche apprezzato le aperture del Ministro Riccardi, espressione della Comunità di Sant’Egidio, i cui volontari frequentano i campi e conoscono bene le nostre difficoltà. Ma ancora una volta dobbiamo prendere atto che nulla è successo.
Non possiamo che appellarci a Lei, affinché con la determinazione e la lungimiranza che tutti le riconoscono intervenga su Governo e Parlamento per porre fine ad una discriminazione che produce solo tensioni e disagi, che è palese ingiustizia, che tradisce i valori della Carta Costituzionale. Siamo, ci sentiamo, vogliamo essere riconosciuti cittadini italiani.
Confidando in Lei, le porgiamo i più distinti e cordiali saluti.

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